PASQUA, IL MESSAGGIO DEL VESCOVO GIUSEPPE PETROCCHI

02/04/2010 di

Pubblichiamo il messaggio del Vescovo Giuseppe Petrocchi in occasione della Pasqua.

“Pasqua: festa dell’Amore crocifisso e risorto. Amore che, accolto e vissuto, ci rende capaci di amare con la Sua stessa misura: quella evangelica. È questo l’Amore che genera l’amicizia cristiana. Infatti, il Signore stesso ci ha chiamato amici, scegliendoci uno ad uno. Come segno di predilezione, ci ha fatto conoscere tutto quello che ha udito dal Padre e ci ha costituiti affinché portassimo un frutto abbondante, frutto che rimane (cfr. Gv 15,13-17).

Proprio perché ci ha chiamati a vivere l’amicizia con Lui, il Signore ci insegna a vivere da amici tra noi. Ci sono tanti tipi di amicizia: l’amicizia fraterna, che salda tra loro persone che si vogliono bene; l’amicizia coniugale, che unisce gli sposi; l’amicizia consacrata, che lega persone totalmente dedicate al Signore. L’amicizia cristiana, tuttavia, pur nella varietà delle sue espressioni, si configura sempre come un “Noi” evangelico che si radica, cresce e fruttifica nella Chiesa-comunione. – L’amicizia cristiana, si sa, è generata dall’Amore che dice e fa la Verità, perché illuminato e sostenuto dal Vangelo. Pertanto, non c’è amicizia cristiana se non nasce e non si sviluppa nella obbedienza alla Parola, custodita e proclamata dalla Chiesa. Su questo punto Gesù è perentorio: siamo Suoi amici e, perciò, amici tra noi, se facciamo ciò che ci comanda (Gv 15,14).

È la Sua Parola che, accolta e vissuta insieme, ci mette nella Luce e ci rende liberi (Gv 8,32). Infatti, Gesù, Verbo-fatto-carne, ci manifesta il Volto del Padre e rivela noi a noi stessi. Per questo, in Lui, ognuno può capire in pienezza “chi” è, “cosa” è chiamato a compiere e “come” può realizzare la missione che gli è affidata. Vivendo così, impara pure a comprendere l’altro, facendosi suo compagno di viaggio, nella comune vocazione alla santità. L’amicizia, dunque, se vissuta secondo il Vangelo, è sempre “svelativa” della identità profonda e della vocazione delle persone che interagiscono: per questo diventa una preziosa “scuola di conoscenza reciproca”. Quando si è sostenuti dalla “buona alleanza” con l’altro, non solo si scruta meglio la propria interiorità, ma si apprende l’arte di cogliere l’altro e di vedersi con i suoi occhi. E lo sguardo che viene “da fuori” è essenziale per intuire, nella nostra personalità, aspetti (positivi o negativi) che altrimenti ci sfuggirebbero. Per questo l’amicizia cristiana è lo spazio vitale in cui, con crescente ampiezza e profondità, ciascuno impara a capirsi, a capire, e a farsi capire. – Vale, purtroppo, anche l’opposto: quando cala l’amore, si spegne pure l’“intelligenza del cuore”, cioè la capacità di ascoltare, di comprendere e di raccontarsi. Si sprofonda così nel circuito vizioso della incomunicabilità nevrotica.

Quante volte, nel mio ministero sacerdotale, ho fatto l’amara esperienza di vedere persone, invischiate in atteggiamenti sbagliati, che sbarravano le porte al dialogo sincero! Avevo l’impressione che la mia voce non raggiungesse il loro “io-profondo”: anzi, mi pareva che l’altro rimanesse avvolto in una “capsula psichica” impenetrabile, che gli impediva di udire e di cogliere il senso giusto delle parole. Di conseguenza, non riusciva più a scrutarsi, a dirsi e a darsi. In questi casi, l’amico vero persevera nell’amore che sa-aspettare, senza cedimenti e restando saldo nella verità, sostenuto dalla ferma speranza che, con l’aiuto di Dio, un varco nel muro del “no”, prima o poi, si aprirà. – Sempre di più, inoltre, mi sono reso conto che quando si litiga tra amici non è mai perché ci sono “grandi” problemi, ma perché l’amore reciproco è diventato “piccolo”. Infatti, se l’amore avesse una “statura” superiore alle difficoltà che deve affrontare, i problemi verrebbero analizzati e superati, senza lacerazioni ed ostilità.

La divisione è sempre figlia di un “deficit” di amore. Una nave che si arena su un fondale non solo mostra che la sua stazza è grande, ma denuncia pure che il livello dell’acqua è basso: infatti, se avesse trovato un mare più profondo avrebbe navigato speditamente, nonostante la sua mole, giungendo ad un porto sicuro. Per questo, quando mi trovo di fronte a dissidi apparentemente insanabili tra persone “vicine”, che rischiano di diventare “lontane”, consiglio sempre di impegnarsi “prima di tutto” a crescere nella carità reciproca (rimuovendo la zavorra degli egoismi e facendo aumentare il livello della benevolenza), e solo “poi” imboccare la Chi desidera costruire l’amicizia non sulla sabbia del nostro carattere, ma sulla roccia della fedeltà di Dio (cfr. Lc 6,46-49), deve rifornire l’amore con l’Amore crocifisso e risorto. Ecco perché la carità, prima che nell’amare, sta nel credere all’Amore (cfr. 1Gv 4,16): quello che attingiamo nella Pasqua e sgorga nel grembo materno della Chiesa, Casa e Scuola di Amicizia evangelica. Perciò, se vuoi amare sul serio e costruire una comunione che regga all’usura del tempo, ama come Gesù ci ha amato (cfr. Gv 13,34). Questo è certamente impossibile a te, ma non a Dio (cfr. Mt 19,26). Perciò, lasciati amare dal Signore, accogliendo la Sua grazia, e ama con il cuore di Cristo: ama con l’Amore! –

L’amicizia cristiana è sempre un’esperienza di crescita: personale e comunitaria. Dove si vive l’unità d’anima e di intenti (cfr. At 4,32), lì si avanza insieme verso la pienezza evangelica: cristiana ed umana. Il che richiede, anzitutto, la disponibilità ad individuare reciprocamente le zone di povertà o di negatività, per ridurle e scavalcarle. Nel cammino verso il monte della perfezione non ci sono scorciatoie a basso costo: non si sale se non ci si sbarazza del fardello dei propri egoismi. Per questo, non c’è ascesa senza ascesi. Ciò esige, anzitutto, la correzione fraterna, accolta e donata con umiltà, ma anche con fermezza. Tutto può diventare grazia, se filtrato e trasfigurato nella Pasqua di Cristo. Ma l’amicizia è anche preziosa per confermare e aumentare il positivo: è noto che attraverso la partecipazione scambievole il carico è diviso e il vantaggio è moltiplicato. Per questo l’amicizia cristiana (che vive secondo l’“economia” del Regno) costituisce il migliore “investimento” delle risorse personali: attraverso la comunione fraterna, infatti, i “buoni talenti” vengono moltiplicati con tassi di “interesse spirituale” altissimi (cfr. Mt 19,29), che mai una gestione individuale, per quanto saggia, potrebbe assicurare. Inoltre, l’amicizia cristiana, per effetto della grazia, riesce a rendere un “di più” anche ciò che, fuori dalla comunione, sarebbe inesorabilmente destinato a rimanere un “di meno”. In questa prospettiva, sarebbe bene che, dentro l’esperienza di amicizia, ogni tanto si procedesse ad una “verifica comunitaria”. Ci si dovrebbe vicendevolmente chiedere: “quanto sono migliorato attraverso te? quanto tu sei maturato, per l’aiuto che ti ho dato? quanto, l’amicizia tra noi, ci ha aiutato a seguire meglio e di più il Signore?”. In questi momenti di “discernimento dialogato”, se ci si lascia condurre dallo Spirito della Pasqua, si resta stupefatti nel vedere quanta strada si è fatta insieme: allora, si ringrazia Dio per i difetti che sono stati lasciati alle spalle e per le conquiste che, con gradualità e tenacia, sono state conseguite, grazie alla reciproca assistenza! – Un’amicizia, per essere così, deve porsi in piena sintonia con la Pasqua, perché esige l’amore che sa-soffrire: cioè, l’amore che non indietreggia di fronte al male, ma continua a spendersi volendo il Bene, anche a costo di rinunciare a sé. Infatti, in ogni interazione umana, specie se prolungata nel tempo, compaiono sempre motivi per amare di meno o per non amare più. Ma queste “ragioni”, per quanto fondate, non hanno mai “Ragione”, se adottiamo come criterio di giudizio la Sapienza del Signore crocifisso e risorto. L’amore che soffre non è mai sprecato, anzi, è prezioso: per purificare, per maturare, per ottenere da Dio grazie che non sarebbero elargite per altra via. Solo questo amore-credente, carico di speranza, sa riconoscere, come dono di Dio, il segno della croce impresso su ogni dolore ed è pronto a ripetere, con il Signore, l’Amen della Pasqua. Da questo “sì”, che riecheggia quello di Maria, scaturisce l’amore che sa-risorgere, cioè l’amore che, dopo ogni difficoltà superata, torna a donarsi con generosità gioiosa, più convinta e più intensa di prima. È questa la carità che ogni giorno scrive storie di ordinario eroismo: pagine spesso ignote agli uomini, ma splendenti davanti allo sguardo di Dio. Ho letto, tempo fa, una frase che mi ha colpito: l’anima non avrebbe arcobaleno, se gli occhi non avessero lacrime. Proprio così, quando l’amore-crocifisso è attraversato dalla Luce dello Spirito della Pasqua, si compiono meraviglie e accadono “miracoli”: e – ricordiamolo – i miracoli più straordinari (anche se meno appariscenti) sono quelli che si consumano nel cuore degli uomini. – Un’ultima considerazione, che raccoglie quelle precedenti: la forza profonda che muove ogni amicizia cristiana è l’amore-Chiesa, poiché è nella Chiesa e come Chiesa che nasce e si sviluppa ogni esperienza di comunione. E della Chiesa, di cui è figlia, ogni amicizia autentica porta via della discussione e della scelta operativa, per arrivare ad una soluzione forse sofferta, ma più giusta e condivisa.

Pertanto, più il problema da superare è massiccio, più esige l’Amore: ecco perché in ogni difficoltà c’è sempre un appello (spesso inconsapevole o gridato solo nel cuore) verso un Amore più grande: quello che è pronto a dare la vita per i propri amici (Gv 15,13). Le difficoltà vissute bene, cioè attraverso una concorde (anche se patita) ricerca della “via d’uscita”, maturano la carità e perciò fanno crescere l’amicizia, rendendola più solida e più bella. L’amicizia vera, infatti, sa trarre profitto da tutto, sia dalle convergenze come dagli “attriti” relazionali, perché – senza cedere alla paura e alla impazienza – si sforza di erogare una maggiore “dose” di altruismo e dedizione. Riflette, così, l’atteggiamento pacato dell’agricoltore, il quale è consapevole che pure l’inverno, con il suo clima rigido e le sue precipitazioni nevose, contribuisce alla prosperità del raccolto. – Ciascuno di noi è – per sé e per gli altri – un mistero, solo in parte transitabile nel corso di questa vita. È sbagliato, perciò, aspettarsi da una bella amicizia una replica locale del “paradiso terrestre”; occorre invece attrezzarsi, con realismo evangelico, per apprezzare le doti dell’altro, ma anche per sostenerne le insufficienze, spesso molto pesanti. Infatti, finché siamo quaggiù, nell’amicizia, anche la più solida, fioriscono la gioia e i motivi di soddisfazione, ma sono inevitabili pure le delusioni. Ciò dipende dal fatto che anche sul terreno fertile dell’amicizia cristiana, insieme alla buona messe, cresce la zizzania dei difetti e degli errori (cfr. Mt 13,24-30). Ognuno di noi ha – come la luna – un lato luminoso e uno oscuro. Normalmente mostra a se stesso e agli altri il versante che gli è più visibile e familiare. Però, prima o poi, le circostanze finiscono per mettere allo scoperto anche l’area avvolta dall’ombra: quando questo accade, compaiono aspetti (cioè, modi di pensare, di sentire e di fare) che creano sconcerto e disagio. La situazione, poi, diventa ancora più frustrante quando la delusione è provocata da una persona amata, sulla quale si erano riversate grandi attese. Si avverte, allora, un doloroso smarrimento e si è portati a dire: “quella persona è cambiata, non è più la stessa”. In realtà, il soggetto colpito da questa disconferma è quello di prima; è mutata, invece, la prospettiva relazionale, che ha lasciato emergere ciò che esisteva già, ma restava invisibile, coperto dal “buio cognitivo”. Nell’amicizia cristiana è fondamentale non solo imparare a gestire le conflittualità (che possono essere anche salutari), ma bisogna adottare i “metodi evangelici” per valorizzarle e trasformarle nell’opposto: cioè, in certezze più forti e in legami più stabili. In questi frangenti, occorre mobilitare l’amore che-perdona, che-ricomincia e che-supplisce: come accade nel corpo, in cui le carenze di funzione di un organo vengono compensate da un “sovrappiù” di “impegno” da parte degli altri organi. È noto che nelle relazioni interpersonali la misericordia è come l’aria pura: se viene a mancare, l’amicizia soffoca; se abbonda, tutto si sviluppa meglio. L’amico vero, perciò, non si arrende mai, perché sostenuto dalla convinzione che «ogni amore seminato, presto o tardi, fiorirà» (Raoul Follereau). – Chi vive la carità vuole il Bene dell’amico: il che vuol dire, cerca ciò che gli giova per realizzare la sua “vocazione profonda”, che consiste nella comunione piena con il Padre, per mezzo di Gesù, nello Spirito.

L’amico vero, perciò, ama Dio nell’altro e l’altro in Dio, nella certezza che se si avanza insieme nell’accogliere il Bene assoluto anche i beni umani, quelli duraturi, sono assicurati. Questo amore, riversato nei nostri cuori dallo Spirito (cfr. Rm 5,5), porta impresso, nel suo codice genetico il sigillo del “per sempre”. Infatti, non è un sentimento ad intermittenza – che si accende, si attenua o si spegne a seconda delle circostanze -, ma è volontà di bene, perseverante (perché regge a tutte le intemperie) e fedele (perché non viene meno al “patto di comunione”, siglato nel Signore). Inoltre è amore gratuito, perché, pur puntando alla reciprocità, non emette “cambiali egocentriche”, né è condizionato da clausole riduttive: è amore inesauribile, perché continua a riversarsi senza interruzioni, al di là di tutto e nonostante tutto. Si capisce subito che un amore così non sta alla nostra portata, poiché le radici del cuore umano non attingono, da sole, alle falde dell’Amore eterno e infinito. Al contrario, l’amore umano subisce la “stagionalità” delle emozioni ed è a raggio limitato, perché conosce momenti di grande intensità, ma anche di offuscamento; si concentra su pochi ed emargina molti; ricambia l’affetto ricevuto, però rigetta le persone moleste; “sente” ad alta temperatura, ma si “risente” con altrettanta virulenza.le fattezze. Tra questi tratti essenziali vorrei indicare l’universalità, cioè l’apertura a tutto campo verso gli altri. L’amicizia cristiana, infatti, non scava fossati ma lancia ponti: pur essendo limitata nella sua composizione, ha un’anima “cattolica”, cioè spalancata sul mondo. La formula che ne manifesta l’identità è: “amici tra noi, per essere al servizio di tutti”: sì, proprio di tutti, nessuno escluso. Se lo spazio “interno” dell’amicizia fosse segnato da croniche incompatibilità verso gli altri “esterni” (cioè, quelli che non appartengono al “noi” amicale), ciò rivelerebbe che in quell’amicizia si sono insediate mentalità miopi e modalità malate di relazione, che riducono o negano la “logica” accogliente e oblativa della Pasqua. Una diagnosi di “chiusura” ostinata (per quanto, abilmente “giustificata”) richiede sempre una seria revisione di vita e l’adozione di una efficace terapia evangelica.

L’amicizia cristiana, dunque, è genuina nella misura in cui è-Chiesa e fa-Chiesa: cioè, nella misura in cui esprime e costruisce la Comunità credente, abitata dal Signore: famiglia fraterna e, proprio per questo, ospitale e missionaria. A tutti e a ciascuno auguro che questa Pasqua sia un’occasione privilegiata per avviare, riprendere o rinforzare il percorso dell’amicizia cristiana, affinché – nelle famiglie, nelle comunità ecclesiali e nella società civile – a nessuno manchi l’esperienza del sentirsi amato, per potersi amare e per amare gli altri secondo lo stile di Gesù, il Crocifisso-Risorto. Infatti, se è l’Amico che ci rende amici, è pure vero che l’amicizia evangelica ci rivela l’Amico e ci consente di sentirLo vicino. L’incontro con l’Amore che ha vinto ogni morte ci renda testimoni di una vita che, fino al suo compimento, sia serena tensione verso la Comunione, divina e umana: così, quando suonerà l’ora prescritta, avremo in noi la «letizia del viandante, che allaccia il sacco, mentre dietro il vetro appannato spunta il primo chiarore dell’aurora» (G. Marcel). Buona Pasqua!

+ Giuseppe Petrocchi Vescovo

  1. Ad essere sincero anche questa volta ho letto le solite tiritere e le solite ( ma alquanto inutili ) esortazioni all’amicizia e ai buoni propositi .

    L’amicizia cristiana che fa’ riferimento al messaggio del Cristo , …solidarieta’ , tolleranza , onesta’ , disponibilita’ verso il piu’ debole .

    Ci saranno pure tante pecorelle smarrite ma , quando la comunita’ cattolica iniziera’ a martellare sulla necessita’ di essere coerenti con i pricipi della cristianita’ ?

    Anche questa volta il messaggio del vescovo non mi ha convinto nemmeno un po’ , …non essendoci la volonta’ della coerenza sapendosi accontentare del conformismo .

    Andare alla domenica delle palme , andare in chiesa il giorno di pasqua , andare le domeniche alla messa , far battezzare i propri figli ,…tutto ritualizzato ed accettato mentre vengono ignorati i diritti dei poveri , degli immigrati , dei disabili dei piu’ deboli .

    Come mai siamo il paese piu’ cattolico al mondo e allo stesso modo accettiamo tranquillamente i malcostumi , le prepotenze e gli abusi ?

    ….Coerenza o conformismo ?