MASSACRO DEL CIRCEO, TORNA LIBERO UNO DEI KILLER

30/05/2008 di
ROMAAnche dopo quella notte di fine settembre 1975, la notte del massacro del Circeo,
Angelo Izzo ha continuato a fare il massacratore. Andrea Ghira, invece,
è finito sepolto a Melilla, nel cimitero dei legionari spagnoli. Solo
di Gianni Guido non si era saputo più nulla. Ma ecco la novità: dall’11
aprile è «affidato ai servizi sociali».







 

Gianni Guido arrestato nel 1983 a Buenos Aires

Quindi Gianni Guido non è già più un «detenuto». Dopo il lavoro, cioè, non deve tornare in carcere.
La sera rientra nella casa dei genitori (a due passi dalla Nomentana) e
dorme nel suo letto. Secondo il Dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria (Dap), finirà di pagare del tutto il suo conto con la
giustizia tra poco più di un anno, nell’agosto 2009. Ma intanto è un
uomo libero. E non è poco. Oggi Guido ha 52 anni e gli ultimi 14 li ha
passati in cella, ha studiato, si è laureato in Lingue e Letterature
Straniere e non ha mai voluto farsi intervistare da nessuno. Il papà
Raffaele e la mamma Maria avrebbero preferito ovviamente che la notizia
non trapelasse. In cuor loro, è naturale, vorrebbero tanto che questa
storia venisse dimenticata per sempre. Ora temono, invece, lo
scatenarsi di nuove polemiche, nuovi veleni. «Mio figlio ha pagato. E
comunque non sarà facile rifarsi una vita alla sua età – sospira la
signora Maria, discendente di un’importante famiglia di armatori
napoletani Noi di sicuro in tutti questi anni non l’abbiamo mai
abbandonato ». «Cosa farà Gianni dopo aver espiato fino in fondo la sua
pena? Non importa – aggiunge il padre, altissimo dirigente Bnl ora in
pensione C’è qui la sua famiglia, ci siamo noi. La famiglia, secondo
me, è l’unico posto dove un detenuto possa riuscire a reinserirsi.
L’unica vera comunità di recupero, chiamiamola così, per chi esce dal
carcere».

Angelo Izzo (Ansa)

Nel momento in cui parliamo con gli anziani genitori, seduti nel salotto di casa, la sensazione fortissima,
condivisa da un testimone, è che ci sia anche il figlio, Gianni,
presente in una stanza attigua. Papà Raffaele, gentilissimo ma
inflessibile, non consente però altre domande. Dall’11 aprile, dunque,
Gianni Guido è diventato uno dei 450 «affidati» (ma prima dell’indulto
erano dieci volte di più) in carico all’Ufficio di esecuzione penale
esterna di Roma e Latina. Del feroce terzetto che quella notte
assassinò Rosaria Lopez e pensava di averlo fatto anche con la sua
giovane amica, Donatella Colasanti, soltanto di lui si erano perse in
qualche modo le tracce. Nel maggio ’94, questa l’ultima notizia
disponibile, fu catturato dalla squadra speciale del ministero
dell’Interno (Digos, Ucigos e Interpol) a Panama, dove viveva sotto
falso nome, quello di Claude Daniel Ibrahim Laurian, con tanto di
passaporto libanese. Dopo l’estradizione, infine, fu rinchiuso a
Rebibbia. Il 29 luglio 1976, dopo sette ore di camera di consiglio, i
giudici di primo grado condannarono all’ergastolo Izzo, Guido e Ghira
(l’unico latitante) per il massacro del Circeo. Le femministe presenti
in aula esultarono. Giovani, belli e dannati. Ricchi e spavaldi,
fanatici di destra («Ci sentivamo cavalieri in guerra», disse una volta
Izzo per descrivere la follia che li animava).

Solo Guido, in appello, ottenne la riduzione e se la cavò con 30 anni.
Ma da quel momento, per l’ex studente del San Leone Magno, compagno di
classe di Izzo nell’istituto privato più esclusivo di Roma, iniziò
un’altra vita, altrettanto pericolosa, fatta di fughe e clandestinità.
Nell’81 evase dal carcere di San Gimignano. Due anni dopo fu arrestato
in Argentina. Nell’85, dal penitenziario di Buenos Aires, nuova
evasione. Poi sei anni di buio, più nessuna traccia. Finchè il 23
novembre del ’91 arriva a Panama, con un nome falso e un passaporto
libanese pieno di visti. Ad attenderlo ci sono personaggi influenti. Il
2 dicembre in uno studio notarile costituisce una società finanziaria.
Ma è solo una copertura, la società in realtà non opera sul mercato
però gli serve per ottenere un permesso di residenza e il porto d’armi.
Quindi, Guido si trasferisce a La Chorrera, sulla carretera
interamericana in direzione del Costa Rica. Abita in una casa bassa,
non ancora ultimata che ha a fianco quattro capannoni per l’allevamento
di migliaia di polli. Ormai, però, gli investigatori italiani sono
sulle sue tracce. Hanno captato una telefonata tra il padre e un alto
prelato del Vaticano. Il monsignore usa un linguaggio misterioso: «La
mamma sta bene». Poi salta fuori anche un estratto conto con movimenti
di denaro consistenti. La sua latitanza dorata termina il 28 maggio
1994. Oggi non c’è più, purtroppo, Donatella Colasanti a cui chiedere
un commento su tutta questa storia. Donatella morì a 47 anni, il 30
dicembre 2005, per un tumore al seno. L’ultimo sopruso ricevuto dalla
vita. Quando seppe che Izzo, nell’aprile 2005, aveva ammazzato nelle
campagne di Mirabello Sannitico, vicino Campobasso, anche Maria Carmela
Linciano e sua figlia Valentina, appena una bambina, la superstite del
massacro di 30 anni prima tuonò contro la giustizia: «Perché Izzo non
era in carcere? Perché la semilibertà?». Aveva scritto per anni al Csm,
a tutti i ministri della Giustizia, chiedendo duri interventi per i
responsabili. E invece ecco l’unica risposta che aveva avuto: altre due
donne seppellite in un campo. «Ma Gianni non è come Izzo », è l’ultima
cosa che dicono i genitori di Guido, prima di salutarci. E lo dicono
convinti, quasi protestando, anche se sanno che ormai la partita è
chiusa. E tutti in fondo hanno perso. (Fabrizio Caccia – Corriere della Sera 30-05-2008)
 

IL DELITTO DEL CIRCEO 

30 settembre 1975.
L’estate è già un ricordo
sfumato nel parco del Circeo, un’ottantina
di chilometri a sud di Roma. Le belle ville
si nascondono tra piante secolari, arbusti
e prati. Si raggiungono percorrendo cammini
non asfaltati, e strade che lambiscono il
mare. Andrea Ghira é un rampollo
della borghesia romana. La sua camera é
tappezzata di bandiere naziste, mezzibusti
di Adolf Hitler e Benito Mussolini, libri
del filosofo Julius Evola. Porta sempre
la pistola in tasca. Si dichiara nazional-socialista.
Dietro a lui si muovono altri due giovani,
Angelo Izzo e Gianni Guido. Per la polizia
sono estremisti e delinquenti comuni. già
condannati per rapine, violenza sessuale
e maltrattamenti, sequestri di persona.

Al Circeo. la famiglia Ghira ha costruito
una villa lussosa su due piani con giardino,
box e taverna. Poco lontano dalla costa,
con una vista mozzafiato sull’isola di Ponza.
E’ lì che Ghira, Izzo e Guido portano
due ragazze provenienti dai quartieri popolari
e periferici della Capitale. Sono Donatella
Colasanti e Rosaria Lopez. I tre fascisti
le convincono a salire sulla loro potente
macchina. "Andiamo ad una festa a Lavinio,
ci divertiremo vedrete", dicono alle
due ragazze. Ma a Lavinio Donatella e Rosaria
non arriveranno mai perché saranno
portate a Villa Moresca, nel Circeo, la
villa di Ghira.

Il resto si snoda lungo 36 ore di torture
morali, fisiche e sessuali. Ghira, Izzo
e Guido uccidono Rosaria Lopez e colpiscono
ripetutamente Donatella Colasanti. A quel
punto pensano che le due ragazze siano morte.
Le avvolgono in sacchi di plastica, le caricano
nel bagagliaio della 127 di Guido e fanno
ritorno a Roma. Parcheggiano l’auto proprio
sotto l’abitazione dello stesso Guido e
vanno a mangiare in pizzeria. Ma Donatella
Colasanti è ancora viva. Si accorge
che l’auto è stata abbandonata, la
sua voce richiama l’attenzione di alcune
persone che aprono il bagagliaio dell’auto.Donatella
é salva, per Rosaria non c’é
nulla da fare. Vengono arrestati in poche
ore Gianni Guido e Angelo Izzo. Andrea Ghira
riesce invece a fuggire.

Il processo si svolge nel luglio 1976.
I giudici non concedono alcuna attenuante
ai tre imputati che vengono condannati in
primo grado all’ergastolo per omicidio pluriaggravato.
Gennaio 1977. Gianni Guido e Angelo Izzo
cercano di evadere dal carcere di Latina,
prendono in ostaggio una guardia carceraria
ma il tentativo fallisce. Al processo d’appello,
il 28 ottobre 1980, i familiari di Rosaria
Lopez, accettano il risarcimento offerto
dalla famiglia di Gianni Guido. Il fatto
induce la Corte a ridurgli la pena a 30
anni di reclusione.

Le storie di Gianni Guido e Angelo Izzo
sono costellate da ripetuti tentativi di
evasione dalle carceri. A volte riusciti
grazie a complicità non sempre acceratte
in sede penale.

Gianni Guido viene subito trasferito
nel carcere di San Gimignano. Da quel penitenziario
fugge nel 1981. Due anni dopo, viene arrestato
a Buenos Aires: sotto falso nome, vende
automobili. Ricoverato in ospedale in attesa
di estradizione, il 15 aprile 1985 Guido
riesce a dileguarsi. Sarà nuovamente
intercettato nel giugno 1994 a Panama e
trasferito definitivamente in Italia dove
sta scontando il residuo di pena. Anche
per Angelo Izzo la fuga resta l’unica arma
per sottrarsi alla giustizia. Izzo riesce
ad evadere dal carcere di Alessandria il
25 agosto 1994 per essere poi rintracciato
in Francia il 15 settembre successivo.

Angelo Izzo si trasforma in uno dei più
importanti pentiti della destra eversiva
come spiega davanti ai giudici di Milano
che lo ascoltano nell’ambito del procezzo
di primo grado sulla strage di Piazza Fontana

Poi c’é Andrea Ghira, il capo della
banda del Circeo, lui che si dilegua poco
dopo aver assassinato Rosaria Lopez e ferito
Donatella Colasanti. Angelo Izzo, diventato
ormai un pentito, lo accusa di aver ucciso
la giovane Giorgiana Masi durante scontri
di piazza avvenuti a Roma, il 12 maggio
1977. Ghira avrebbe utilizzato le armi in
dotazione al gruppo "Drago", una
struttura di "uomini scelti" all’interno
di Avanguardia Nazionale. L’allora parlamentare
Mauro Mellini racconta così a Radio
Radicale il pomeriggio in cui qualcuno sparò
a Giorgiana Masi a Roma, sul Ponte Garibaldi

Quel giorno, Andrea Ghira non é ancora
un ricercato. Solo nell’ottobre 1977, la
magistratura spicca contro di lui un mandato
di cattura per il delitto del Circeo. Lo
inchiodano le dichiarazioni di Donatella
Colasanti che si ricorda di quel ragazzo
che si fa chiamare Jacques responsabile
materiale della morte della povera Rosaria
Lopez. Ghira resta a Roma almeno fino al
1978. Vive da clandestino e cambia casa
di giorno in giorno. Poi si dilegua. Il
Giallo e nero é in grado oggi di
ricostruire la sua via di fuga.

Nel 1978, Andrea Ghira raggiunge l’Argentina
grazie a documenti falsi forniti dalla rete
di solidarietà dell’Internazionale
nera, la stessa che in passato ha guidato
la fuga di Stefano Delle Chiaie, Guido Giannettini,
Carlo Digilio ed altri esponenti della destra
eversiva..Ma a Buenos Aires, negli anni
Ottanta, non si sente più sicuro,
sente il fiato sul collo degli investigatori
e fugge a Londra dove nel frattempo si é
insediata una comunità di camerati:
Massimo Morsello, Roberto Fiore, Vittorio
Spadavecchia, Antonio D’Inzillo. La sua
identità cambia di anno in anno.
Diventa Mirko Elise, poi si trasforma in
Sergio Balzanelli. Da Londra si sposta a
Johannesburg, in Sudafrica e alla fine in
Kenia dove oggi risiede. Perché lo
Stato italiano si é dimenticato di
Andrea Ghira? Chi ha protetto per 26 anni
la sua latitanza? Sono domande che a oggi
non hanno trovato alcuna risposta. (a
cura di Daniele Biacchessi, Radio 24).