TROVATO A TORRE ASTURA UNO SCHELETRO DEL III MILLENNIO A.C.

31/07/2009 di

Anche il Lazio ha il suo «Uomo di Similaun», per citare l’«uomo del ghiaccio» più famoso della preistoria italiana. Lo scheletro quasi del tutto intatto di un guerriero datato al III millennio a.C. rinvenuto in una tomba insieme al suo corredo funebre intatto e a due punte di freccia di selce presumibilmente quelle che lo potrebbero aver colpito a morte sul costato. La scoperta ha dell’incredibile, avvenuta a Nettuno, nell’area di Torre Astura, nel territorio del poligono militare, una macchia mediterranea incontaminata e inedificata a pochi metri dal mare e per questo in balia delle mareggiate.

A presentarla oggi presso il comando dei Carabinieri del Reparto Tutela patrimonio culturale, il comandante Raffaele Mancino, la sopraintendente archeologica del Lazio Marina Sapelli Ragni e il responsabile archeologico dell’area Francesco Di Mario.

«Si tratta di una scoperta scientifica importantissima», commenta Marina Sapelli Ragni. A effettuarla, il 16 maggio scorso, il personale del reparto operativo dei Carabinieri, durante una delle sistematiche attività di controllo delle aree archeologiche. «Stavolta stavamo controllando la zona costiera del Lazio – racconta Raffaele Mancino – l’equipaggio in elicottero dall’alto e la pattuglia a piedi. Nell’area demaniale di Torre Astura l’occhio esperto ha individuato una fenditura nel terreno che ci ha insospettito: poteva essere uno scavo clandestino invece era l’erosione dell’alta marea che aveva scoperto la fossa della tomba. Siamo stati tempestivi, forse un ritardo e la marea dell’estate avrebbe distrutto tutto».

 

Per convenzione, e un per un pizzico di sentimentalismo, l’hanno chiamato «Nello», dal nome del carabiniere che l’ha materialmente scoperto. «Quest’uomo preistorico ha un’altezza di circa 170 centimetri – racconta di Mario – Il bacino appare in posizione innaturale. Le ossa sono tutte, scheletro è completo, mancano i piedi, perché erano verso il mare e la mareggiata l’ha trascinati via». Frecce di selce e vasellame intatto tutto intorno, in una tomba a fossa probabilmente scoperchiata dalle maree. «Quando si é cominciato a scavare – racconta Mancino – si è capito che si trattava di una tomba di un guerriero di età eneolitica. Lo scheletro e il corredo erano totalmente immersi nell’acqua marina. Ora si sta setacciando il terreno per verificare la presenza di una necropoli».

Come avverte Sapelli Ragni: «È la sepoltura di un defunto maschile come indicano le ossa del bacino e i due pugnali con lama in selce e la punta di una freccia di selce. Nel corredo spiccano sei vasetti in ceramica tutti integri». Sulla datazione avverte la sopraintendente: «ad una prima sommaria analisi la sepoltura è riferibile all’eneolitico, fase tra neolitico e bronzo, conosciuta anche come età del rame, inquadrabile nel III millennio a.C., periodo attestato in oriente, ma anche in Italia. Oggi i primi confronti sono con le tombe della necropoli del Gaudo a Paestum. Ma nei prossimi mesi provvederemo a far studiare dai nostri antropologi lo scheletro, che verrà trasferito nel laboratorio del Santuario di Ercole vincitore a Tivoli, insieme al corredo che sarà restaurato. Nettuno è un territorio frequentato fin dal paleolitico ma anche molto abitato nell’età del bronzo. Questo ritrovamento apre un capitolo nuovo che aggiorna le carte archeologica del comune di Nettuno». Il recupero e stato quasi una corsa contro l’alta marea. Di Mario responsabile della tutela dell’area aggiunge: «È stato effettuato uno scavo stratigrafico accurato molto celere perché L’area era soggetta a mareggiate. Molte ossa sono state spostate in modo innaturale proprio dalle onde del mare. Interessante il materiale del corredo, che testimonia una reciproca influenza tra la due culture neolitiche di Nardone e Gaudo. E lo stato di conservazione è eccezionale. È una scoperta unica».

Una scoperta che attesta come nel Lazio e nell’Italia centro meridionale ci fossero flussi migratori dall’Egeo e Natolia. Interessante per questo il confronto con l’Uomo di Oetzi: «Sono contemporanei, Similaun è del neolitico, Nello dell’enelotico, ma gli studi antropologici verificheranno più nel dettaglio la datazione», avverte Sapelli Ragni. Scendendo nel dettaglio, Di Mario: «Le tombe di quel periodo sono a botticella, ma questa è stata trovata a fossa probabilmente tagliata dall’erosione del mare. La forma è ovaloide di circa 180 centimetri di lunghezza e un metro di larghezza. Tra i reperti del corredo, interessante è il vaso a fiasco perché caratterizza molte sepolture neolitiche. Proprio il vaso richiama le somiglianza con la cultura del Gaudo. Conferma che il Lazio fosse un punto d’incontro e di flussi». Per il futuro museale del guerriero «Nello», dice. Sapelli Ragni: «Sarà in uno sito del Lazio. Si pensa di lavorare con la rete dei musei civici e gli anti locali per potenziare insieme l’offerta culturale». E l’assessore alla Cultura del Comune di Nettuno, Giampiero Pedace avanza la proposta di portarlo a Nettuno: «Noi abbiamo il Forte Sangallo, struttura museale che già raccoglie testimonianze antiche del territorio e sarebbe la cornice più idonea e giusta e pertinente per il luogo della scoperta».