FAMIGLIA VIOLENTA: UN MORTO OGNI DUE GIORNI

01/06/2010 di

Un ventenne che uccide il padre e lo fa a pezzi a Verona, una donna di 32 anni che getta la figlia di sei mesi dalla finestra in provincia di Rieti, un’altra a Vicenza che colpisce a forbiciate la figlia di nove anni. Tre casi di cronaca che oggi confermano come la famiglia continui ad essere incubatrice di violenza. Le statistiche in proposito sono chiare: in Italia si conta un omicidio in famiglia ogni due giorni.

Significa che il contesto familiare è quello più a rischio in assoluto ed uccide più delle mafie e della criminalità comune. Appartengono a questa tipologia, infatti, 171 dei 601 casi di omicidio volontario avvenuti in Italia nel 2008 (il 28% del totale), secondo l’ultimo rapporto Eures-Ansa presentato lo scorso dicembre. Quello che sembrerebbe l’ambiente più sicuro si scopre così essere in realtà ricco di insidie: sono infatti i rapporti familiari a causare talvolta tensioni patologiche, odi, abusi, maltrattamenti, violenze psichiche e fisiche che sfociano non di rado in uccisioni. E si tratta di eventi difficili da prevenire e da contrastare. Negli ultimi sette anni sono state complessivamente circa 1.500 le vittime di queste situazioni esasperate.

Il contesto familiare anche nel 2008 è risultato dunque più a rischio rispetto alla criminalità comune (135 omicidi nel 2008) ed alla criminalità organizzata (128), a quanto emerge dal rapporto annuale Eures-Ansa. Dal 2000 (226 omicidi in famiglia, l’anno record del decennio) ad oggi i numeri sono tuttavia in calo. Quasi la metà di questi delitti è avvenuta nel Nord (78 casi), ma in termini relativi i valori più elevati si registrano in Calabria (14 vittime, pari a 7 per milione di abitanti). In circa un terzo di questi omicidi (56 casi) la vittima è il coniuge-convivente; la donna è colpita nella maggior parte dei casi, così come è uomo il killer in prevalenza. Nella relazione genitori-figli – è il caso dei fatti di oggi – si consuma un omicidio familiare su quattro (22 genitori uccisi dai figli e 21 figli uccisi dai genitori). Il movente passionale risulta prevalente (in 45 omicidi), seguono litigi e dissapori (40 vittime). Ma c’è anche la sindrome di Medea, madri che uccidono i propri figli. In passato ha fatto scalpore il delitto di Cogne, l’uccisione del piccolo Samuele da parte della madre Annamaria Franzoni. I due casi di oggi – per fortuna non sfociati in uccisioni – dimostrano la pericolosità di certe forme acute di depressione di donne che vedono la morte come unica via di uscita.