Microspia nell’ufficio della Polverini, caccia alla talpa

13/04/2011 di
polverini-renata

Capire lo scenario che avvolge la delicata vicenda «dell’illecita intercettazione», di che tipo di attrezzature si tratta e tentare di individuare una traccia, una pista che possa ricondurre alla persona, alla talpa, che ha messo negli uffici di Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, microspie e una microcamera.

Una talpa che mirava a carpire i segreti dell’azione politica della governatrice del Lazio e che potrebbe annidarsi anche all’interno del palazzo di via Cristoforo Colombo. Con questo obiettivo i pubblici ministeri della Procura di Roma e uomini della Digos si sono messi al lavoro per cercare di risolvere il giallo delle cimici trovate in una intercapedine a pochi metri dall’ufficio di gabinetto della governatrice. Attrezzature che comunque, secondo quanto si è appreso, non risulterebbero di altissimo livello tecnologico.

Il procuratore aggiunto, Nello Rossi e il sostituto Nicola Maiorano hanno disposto una consulenza tecnica sulle attrezzature sequestrate. Tipologia, casa produttrice, raggio d’azione e qualità delle batterie: questi gli aspetti che gli inquirenti intendono comprendere per cercare di ‘datarè il periodo in cui le apparecchiature sono state installate. Ma non solo. All’attenzione degli inquirenti potrebbe finire anche un esposto inviato nelle scorse settimane a prefettura, questura e carabinieri dai sindacati confederali in relazione ad alcuni «ingressi sospetti» avvenuti nella notte del 3 e del 18 marzo scorso cos come segnalato da alcuni dipendenti della società di vigilantes che garantisce il controllo 24 ore su 24 della sede della Regione. La Regione ha intanto comunicato oggi che è stata completata l’opera di bonifica nelle varie strutture ma non è stato rinvenuto altro materiale sospetto. Gli uomini della Scientifica hanno, inoltre, provveduto a disattivare le microspie sequestrando tutto l’apparato tecnologico trovato. Il lavoro degli inquirenti punterà anche a verificare eventuali collegamenti tra il ritrovamento delle microspie e i due misteriosi tentativi di furto avvenuti nell’appartamento della Polverini nelle scorse settimane. Per questi episodi la Procura ha disposto l’apertura di due fascicoli che sono stati affidati al gruppo di magistrati che si occupa di reati commessi contro personalità dello Stato. Una volta terminati gli accertamenti tecnici sulle microspie, non si esclude che i magistrati possano sentire lo stesso presidente della Regione Renata Polverini. La Digos ha inoltre avviato una serie di audizioni del personale della Regione Lazio e di addetti alla sicurezza. Si tratta di una iniziativa necessaria, in questa prima fase, ad individuare chi avesse libero accesso agli uffici della presidenza.

«La Polverini? Decide da sola». A chiunque si domandi come la presidente della Regione Lazio eserciti la sua leadership, la risposta è la stessa. Le riunioni con i partiti, certo. I tavoli di maggioranza, gli appuntamenti a porte chiuse. Ma alla fine il succo dello stile Polverini è quello: «Decido io, e non guardo in faccia nessuno». Difficile che un simile atteggiamento possa non dar fastidio a qualcuno, sia nella selva dei poteri interni, tra partiti, correnti e sottogruppi, rimasti spiazzati, sia in quel mondo imprenditoriale che con la Regione fa affari. Ma sarà perchè non viene dalla politica ma dal sindacato, sarà forse perchè il ricordo del caos della lista Pdl brucia ancora, la governatrice le scelte chiave, quelle sulla sanità o sui rifiuti per esempio, le prende in solitudine. O meglio: si consulta con una cerchia ristretta, un trio di ex dirigenti Ugl di ferrea fiducia. A Stefano Cetica ha affidato l’assessorato al Bilancio, a Salvatore Ronghi la segreteria generale, a Pietro Giovanni Zoroddu il ruolo di capo di gabinetto. Un fortino. Quando i quattro sono chiusi nella stessa stanza, magari quella della presidente, è il momento delle scelte importanti. Pochissimo filtra da queste riunioni tanto riservate quanto decisive. Sbirciare dalla serratura di quella porta al secondo piano, che sembrava fino a ieri chiuder fuori orecchi indiscreti e gelosie, è una tentazione forte. Non è un caso che a un metro da quei divanetti qualcuno abbia deciso di installare una microspia. Oggi pomeriggio, proprio su quei cuscini, Polverini come ogni martedì ha riunito i capigruppo di maggioranza. Chi era presente concorda: era «stanca», «molto tesa», forse «un pò nervosa». Ma non ha affrontato l’argomento spy story: «Solo temi amministrativi – riferisce chi c’era – certo, pensare che a due passi da dove stavo seduto oggi c’era sempre qualcuno che ascoltava…». L’argomento è nell’aria. «Sono amareggiata – diceva ieri la presidente – perchè chi vuole cambiare le cose viene preso di punta». Ho dato fastidio a qualcuno, in altri termini. Il sospetto (per ora è solo tale, le indagini sono in corso) è nei confronti di quel mondo sanitario privato che il Piano di rientro ha messo di fronte a decisioni difficili: degli oltre 2800 posti letto da riconvertire, ben 1500 sono di riabilitazione, che nella stragrande maggioranza è in mano ai privati. I tecnici della sanità parlano di un rimborso giornaliero di circa 250 euro a posto letto in caso di riabilitazione, che scendono a 110 circa se questo viene riconvertito in Rsa. Meno della metà. E poi c’è il mondo dei rifiuti, della gestione delle discariche, del ciclo della termovalorizzazione, suggeriscono altri, lì dove si giocano capitali imponenti. Tutti o quasi, però, escludono recisamente il sospetto più velenoso, quello che a piazzare le cimici possano essere stati pezzi della politica, e non solo di opposizione. Anche sapendo in anticipo cosa fa, ragiona qualcuno del centrodestra nei corridoi della Pisana, a che servirebbe? Tanto «non è condizionabile, non risponde ai partiti». Malcontento ce n’è, nessuno lo nasconde: «Ha alzato una cortina di ferro su cosa fa la giunta, parla solo con i suoi. La famosa intranet? Ci sono meno informazioni di prima e non si trovano le determine dirigenziali» alcuni dei mugugni. Ma da questo allo spionaggio ce ne corre: «Sarà stata piuttosto qualche lobby economica» si taglia corto. Però, che curiosità per ciò che si dice dietro quella porta, la sera tardi, al secondo piano di via Cristoforo Colombo.

  1. Quando questi berluscones non sanno più come giustificare il fallimento delle loro amministrazioni, ricorrono alle armi di distruzione di massa. Le più diffuse sono i finti attentati e le finte microspie, così non solo stornanano l’attenzione dell’opinione pubblica dal loro malgoverno ma, a buon bisogno, passano anche per martiri.

  2. Con tutti i problemi che stanno saltando fuori a Roma e nel Lazio, bisognerà pure distrarre la popolazione.
    Le cimici saranno scappate da qualche ospedale che l’ex sindacalista vuole far chidere o servono per scoprire se ha altri appartamenti abusivi

  3. stanno li dai tempi di marrazzo ancora prima di storace e prima ancora con badaloni, ma perfavore non raccontassero panzane.