Fecondazione assistita, fermi tutti gli ospedali compreso il Goretti di Latina

12/06/2014 di
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embrioni-roma-latina-9872711Fermi i pubblici, largo ai privati. Accade per i centri di procreazione assistita. Stop a quelli degli ospedali, avanti tutta per gli altri delle cliniche. Così le coppie che possono, pagano e vengono assistite nella fecondazione; quelle che non hanno soldi sono costrette ad aspettare anni, a rinunciare ad avere figli o a rivolgersi ai centri accreditati in altre regioni.

Tranne il Sant’Anna, che lavora a scartamento ridotto, con un solo biologo e attese di due anni e mezzo, il resto dei centri pubblici è in ristrutturazione.

Tutti fermi, dall’Umberto I al Santa Maria Goretti di Latina, al Pertini, dove nel dicembre scorso si consumò lo scambio degli embrioni. E dopo i lavori? Sono destinati a rimanere off limits. Lo scrive Carlo Picozza su Repubblica.

Vedi il San Filippo Neri che ha il centro di procreazione pronto da otto mesi ma il servizio resta al palo – prosegue l’articolo – ‘Tirato a nuovo con un investimento di 500mila euro per la ristrutturazione e l’acquisto di macchinari innovativì, spiega Francesco Timpano, responsabile del contro, ‘rimane chiuso da quando, era il marzo del 2012, un blackout alla catena del freddo fece scongelare una cinquantina di embrioni e altrettanti ovociti e spermatozoì. Il personale, compresi due biologi assunti con contratto a tempo determinato, è costretto a girarsi i pollici tra le mani, complici tre lettere che fanno tremare i polsi ai dirigenti di Regione, ospedali e Asl: cpi che stanno per “certificato prevenzione incendi”. Un pezzo di carta che i vigili del fuoco non rilasciano né lì né altrove visti i requisiti che gli ospedali dovrebbero avere ma che nessuno o quasi può dire di vantare. Sono più dell’80% i centri fuori legge sull’antincendio. Otto ospedali su dieci a Roma e nel resto del Paese dovrebbero chiudere. È una questione spinosa. Che agita il sonno agli uomini dei governi regionale e nazionale, in particolare alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, e a quello dell’Interno (cui fa capo il corpo dei vigili del fuoco), Angelino Alfano.

All’origine dell’impasse c’è il decreto ministeriale del 18 settembre 2002 (‘Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e privatè): prescriveva a ospedali, ambulatori, laboratori, case di riposo, rsa per anziani, di mettersi in regola in cinque anni. Il 2007 è passato. E per il grosso dei centri le condizioni strutturali (e le carte) non sono a posto. Così, per non interrompere il servizio pubblico, si sta fermi, facendo finta che tutto sia in regola. Ma se un ospedale o una clinica chiede il ‘cpì per questo o quel servizio appena ristrutturato, apriti cielo, c’è il rischio fondatissimo che il diniego investa anche altri reparti e centri fino a interdire l’attività intera del complesso sanitario. ‘I vigili del fuoco, sono ufficiali di polizia giudiziaria per la loro sfera di azionè, spiega Luigi Abate, consulente per la sicurezza, già comandante romano del corpo, ‘non possono rilasciare il cpi di fronte a situazioni fuori legge, anzi, hanno l’obbligo di denunciare all’autorità giudiziaria le violazioni che sono considerate alla stregua di reati veri e proprì. Perché di questo si tratta. E per le inadempienze, la legge prevede anche l’arresto fino a un anno. Gli ospedali denunciati, poi, hanno un anno di tempo per mettersi in regola.

Per non interrompere il servizio pubblico i due ministri stanno cercando una via di fuga alle prescrizioni. Ed è annunciato un decreto interministeriale, una sorta di deroga o di proroga ai vincoli di quello del 2002. Con alcune riserve: entro sei mesi il centro sanitario dovrà nominare un responsabile antincendi, disporre di una squadra per la prevenzione e il contrasto delle fiamme e preparare un piano di interventi per le emergenze. In tre anni, poi, dovrà adempiere ad altri obblighi di messa in sicurezza degli ambienti e degli impianti e in altri sei dovrà adottare ulteriori misure. Dopo nove anni i vigili del fuoco accerteranno se esistono le condizioni per il cpi e, se no, il prefetto potrà disporre la chiusura del centro sanitario.

  1. Forza (Ital) privati: dai che ce la facciamo! Fra poco saremo come in America: se paghi ti curi, se no, crepi. Ai voglia Obama!
    Ma come fanno i privati ad avere tutti i CPI in regola?