CAMORRA, 11 ARRESTI TRA LATINA E NAPOLI: SEQUESTRI PER 500 MILIONI DI EURO

23/03/2010 di

Al fisco dichiaravano redditi annuali di 2-3 mila euro. Dietro gli inverosimili guadagni ufficiali degli affiliati di un potente clan del Napoletano, c’era, in
realtà, un impero finanziario costruito su un reticolo societario in grado di occultare i proventi illeciti dei Mallardo. Soldi reinvestiti in alberghi e centri
commerciali della costa laziale. Oggi sono state arrestate 11 persone, (8 colpite dal 416 bis per la prima volta), e sono stati sequestrati beni per 500 milioni di euro.  Resta latitante Giuseppe Dell’Aquila, noto come “Peppe ‘o Ciuccio”, fra i destinatari delle ordinanze di custodia.


L’operazione che sgomina la propaggine laziale di un gruppo criminale operativo, tradizionalmente, a Giugliano in Campania, è il frutto di 2 anni di indagini coordinate dalla Dda di Napoli. E l’esito è stato apprezzato dai ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano: ennesimo successo dello Stato e durissimo colpo alla criminalità organizzata.

A illustrarne i particolari, a Napoli, il procuratore capo di Napoli Giovandomenico Lepore, il capo della Dda, Sandro Pennasilico, il questore di Latina, Nicolò D’Angelo, il capo della Squadra mobile Cristiano Tatarelli, il comandante del Nucleo di Polizia tributaria di Roma Vito Augelli, e il comandante del Gico Roberto
Piccirinni. Hanno collaborato anche la Squadra mobile e il Commissariato di polizia di Formia e la compagnia della Gdf di Fondi.

I LEGAMI. È noto che la camorra avesse ramificazioni nel Lazio e in altre regioni, ha spiegato Pennasilico, «non si conosceva, però, la dimensione del fenomeno, sottovalutata in passato. Sbaglia chi coltiva la pia illusione che la camorra resti in Campania», di fronte alla «invasione» del territorio nazionale. Se il capo della Dda auspica poi che si mantenga l’indipendenza di pm e agenti nelle indagini, Lepore punta l’attenzione
sulle intercettazioni: «Sono utilissime e vanno mantenute, servono a controllare il territorio».

IL BLITZ. Cento perquisizioni, l’impegno complessivo di 600 agenti, accertamenti finanziari complessi, intercettazioni, e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: si risale così al patrimonio di un sodalizio criminale ben strutturato nel basso Lazio, e a due ‘holding’ imprenditoriali, ora sgominate. Un reticolo societario – 30 le società sequestrate (oltre a 198 terreni, 456 fabbricati, 49 rapporti bancari e 27 fra moto e autoveicoli) – serviva a far perdere le tracce dei proventi illeciti del clan.

ACCERTAMENTI DIFFICILI. La dichiarazione dei redditi ufficiale di Antonio Pirozzi, uno degli arrestati, era ad esempio di 2.900 euro, da 10 anni. Dietro c’era un patrimonio ancora oggetto di indagini: sono tuttora al vaglio conti con centinaia di migliaia di euro. Le holding erano gestite direttamente, o attraverso dei prestanome (decine e spesso incensurati), da soggetti collegati al clan.

GLI ARRESTATI. Facevano capo a Giuseppe Dell’Aquila, e ai suoi fratelli Domenico, Giovanni e Pietro Paolo; ai due omonimi Antonio Pirozzi e Antonio Pirozzi; a Carmine Maisto e Domenico Petito. Il clan aveva effettuato investimenti fra l’altro lungo la costa laziale (a Terracina, Sabaudia, Fondi, Lariano e Anzio), a S. Nicola Arcella (Cosenza) e Cento (Ferrara).

SEQUESTRI A LATINA. Sotto sequestro sono finite le aree Desco di Terracina e di Madonna delle Grazie a Fondi, insieme all’albergo Orizzonte e al centro commerciale Orizzonte di Giugliano in Campania.

EDILIZIA E ALBERGHI. Il calcestruzzo, il settore immobiliare ma anche le attività più tradizionali come racket, spaccio e traffico di droga: è questo il ventaglio delle attività criminali del clan Mallardo, potente cosca camorristica del Napoletano, al centro delle indagini tra Lazio e Campania. Non a caso, tra le attività finite oggi al centro dell’ operazione coordinata dalla Dda di Napoli c’è anche un hotel ed un centro commerciale, tutte e due dallo stesso nome, ‘Orizzontè, a Giugliano, patria dei Mallardo. L’albergo, in particolare, è indicato come un quattro stelle. È su quattro piani per un totale di 42 camere tra cui una suite. C’è anche una sala meeting da 30 posti.

IL CAPO. Il capo clan indiscusso è Francesco Mallardo, 59 anni, detto Ciccio è Carlantonio, firmatario di un patto con le altre cosche dei Licciardi e dei Contini per dare vita al potentissimo cartello criminale dell’Alleanza di Secondigliano nel quale lo stesso Mallardo ha sempre avuto un ruolo centrale. Il boss è stato arrestato il 29 agosto del 2003, a Nola, nel Napoletano, sull’ autostrada A30 al termine di un inseguimento con le forze dell’ ordine. Era ricercato dopo essere evaso da una clinica in Piemonte e mentre stava tornando dalle vacanze, trascorse, insieme con la famiglia nel Salernitano. Al momento della cattura era considerato uno dei cinque super latitanti della camorra. L’indagine che si è conclusa all’alba di oggi ha consentito di sgominare due holding imprenditoriali, operanti prevalentemente nel settore dell’edilizia, tra le province di Roma, Latina e Napoli, gestite direttamente o attraverso prestanome da persone collegate ai Mallardo. Il sequestro di oggi rappresenta un colpo al cuore del clan, dal valore di 500 milioni di euro.

DDA: DECISIVA INDIPENDENZA PM E POLIZIA GIUDIZIARIA. Il rapporto di dipendenza funzionale fra magistratura e polizia e magistratura e l’indipendenza della Procura e della polizia giudiziaria, nel corso delle indagini, sono elementi fondamentali nel contrasto alla criminalità organizzata. Lo ha detto oggi a Napoli, il procuratore capo della Dda di Napoli Alessandro Pennasilico, intervenuto nel corso di una conferenza stampa sull’operazione sulla propaggine laziale del clan camorristico Mallardo. «Non è un mistero che sono allo studio dei provvedimenti legislativi che mirerebbero, se non a interrompere del tutto, a indebolire i rapporti di dipendenza funzionale che ci sono fra magistratura e polizia giudiziaria». «Operazioni di questo genere – ha aggiunto a proposito delle indagini che hanno portato oggi a 11 arresti e al sequestro di beni per 500 milioni di euro fra Campania e basso Lazio – che richiedono un coordinamento di diverse forze di polizia giudiziaria, e anche una totale indipendenza da qualsiasi realtà che non sia la magistratura, non sarebbero più possibili se passassero progetti di questo tipo». «È molto importante – ha aggiunto a margine il pm – sottolineare l’esigenza che venga mantenuto questo tipo di rapporto di dipendenza funzionale delle forze di polizia dalla magistratura, che è in grado, dalla sua posizione, di operare un efficace coordinamento delle forze di polizia, ed è in grado di trasmettere, attraverso la propria, una indipendenza delle forze di polizia, nel momento delicato in cui indagano in tutti i settori, anche quelli non direttamente collegati alla criminalità organizzata».

CLAN MALLARDO, DA GUAPPI A SIGNORI DEL MATTONE. Cinquanta anni fa erano i «guappi» di paese che controllavano gli affari dei mercati agricoli della zona, che venivano chiamati per dirimere qualche controversia. E a Giugliano, un paese della cintura a nord di Napoli cresciuto troppo in fretta in pochi anni fino da passare dai 40mila abitanti degli anni ’70 ai 120mila attuali, c’è il quartiere generale del clan Mallardo, al quale oggi le forze dell’ordine hanno inferto un durissimo colpo con arresti e sequestri. La storia di questa famiglia segna una svolta a metà degli anni ’60, quando il padre di Francesco e Giuseppe Mallardo, Domenico Mallardo, detto Mimi ‘Carlantoniò, fu ucciso in un afoso pomeriggio di estate mentre su una sedia prendeva il fresco dinanzi al portone del suo antico palazzo nel centro antico della città, a pochi passi dal santuario dell’Annunziata. Sono anche gli anni del contrabbando di sigarette. Mimì ‘Carlantoniò Mallardo fu ucciso da un commando composto da quattro persone che erano a bordo di una sgangherata «600» dalla quale i sicari fecero fuoco a ripetizione. Con gli anni ’70 i «Carlantonio» lasciano i vecchi affari e fiutano quello del mattone. A Giugliano e in zona comanda ancora Alfredo Maisto, un vecchio guappo dei mercati agricoli. I «Carlantonio» entrano in contrasto con gli uomini del clan Maisto, che dopo la scomparsa del vecchio padrino, erano entrati nell’orbita della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Alleanze – quelle dei Maisto – che sono sgradite ai casalesi e agli uomini della vecchia camorra di Marano di Lorenzo Nuvoletta, attivi in aree attigue al Giuglianese. I «Carlantonio», invece, puntano ai nuovi affari e così stringono alleanze, consolidate anche da legami familiari, con i capi emergenti dei clan del napoletano. Nasce l’Alleanza di Secondigliano: c’è bisogno di riciclare il fiume di denaro che proviene dalle attività illecite. Dalle tangenti sulle costruzioni si punta al controllo diretto dell’edilizia. E, intanto, il giuglianese inizia ad entrare stretto: si punta al basso Lazio dove già da qualche anno sono giunti i casalesi. La guerra di camorra, intanto, impazza. E nel giuglianese si contano i morti. A comandare sono i figli di Mimi, Francesco e Giuseppe. E in loro assenza decide il cugino, Feliciano, detto «ò sfregiato».

LE FOTO DEGLI ARRESTATI (PDF)

  1. [b]Si faccia in modo che il gran sultano di Fondi , fazzone l’impunito , non venga a sapere tale notizia .[/b]

    [u][b]Altrimenti sarebbe capace , l’ha gia’ dimostrato , di querelare l’intero apparato della Direzione distrettuale antimafia (Dda ) ![/b][/u]

    …Eppoi quante storie ! A Latina e specialmente a sud del territorio le infiltrazioni criminali non esistono , ne’ tantomeno possono esistere intrecci con la politica .

    [u][b]…L’ha detto pure il ministro brunetta ( l’unita’ di misura di berlusconi ) opponendosi allo scioglimento del comune di Fondi !!!![/b][/u]