I TESTIMONI NON PARLANO, IL PROCURATORE: A LATINA UN MURO DI OMERTA’

29/01/2010 di

di MARCO CUSUMANO *

E’ alla guida della Procura di Latina da poche settimane e ora si trova davanti a una sequenza di episodi di sangue mai visti prima. Nunzia D’Elia, 57 anni, non è un magistrato che proviene da incarichi “leggeri”. Viene dalla Procura di Roma dove si è occupata, per anni, di violenza all’interno di un pool specializzato nei reati contro i minori. Eppure ammette di essere stupita dall’ondata di agguati che ha travolto Latina in questi ultimi giorni.

Nunzia D'Elia«Non ho certo la presunzione di aver già “capito” questo territorio visto che sono qui da poco, ma certo posso dire che Latina è una realtà vivace dal punto di vista delinquenziale».

Riguardo le indagini sui delitti Moro e Buonamano, e sull’agguato a Ciarelli, come si sta muovendo la Procura?
«Abbiamo creato un gruppo nel quale lavorato i sostituti procuratori titolari delle inchieste relative a questi eventi. Il gruppo è coordinato direttamente da me. Naturalmente i magistrati lavorano a stretto contatto tra di loro, visto che con tutta probabilità gli episodi sono collegati».

In questi ultimi due giorni la polizia ha avviato una serie di perquisizioni, interrogatori, esami “stub”. Sono state ascoltate diverse persone, specialmente nel mondo della malavita locale, ma non solo. Quale impressione si è fatta? I cittadini di Latina collaborano alle indagini?
«Devo dire con tutta franchezza – risponde Nunzia D’Elia – che tendenzialmente non c’è una grande collaborazione, anzi in alcuni casi ci siamo trovati di fronte a un vero muro di omertà. I testimoni disposti a parlare sono davvero pochi, in alcuni casi addirittura nulli. La cosa stupisce ancora di più se si considera che alcuni avvenimenti sui quali indaghiamo sono avvenuti davanti agli occhi di molti testimoni».

Come ad esempio l’agguato a Carmine Ciarelli, avvenuto in un bar alla presenza di molte persone. Da lì è iniziato tutto.
«Esatto, dopo quell’agguato si è scatenata la spirale di violenza. Per questo motivo, per noi, è molto importante capire le motivazioni che hanno portato all’agguato ai danni di Ciarelli».

Ci sono delle piste concrete?
«Per adesso stiamo lavorando su alcune ipotesi sulle quali, ovviamente, manteniamo la più stretta riservatezza. Però posso dire che la difficoltà maggiore sta proprio nel comprendere i motivi che hanno scatenato questa preoccupante successione di eventi».

Una serie di agguati che ha scosso la città come non era mai accaduto prima.«In effetti mi dicono che Latina non ha mai vissuto eventi di questa portata in così rapida successione. Forse solo in un periodo degli anni Novanta».

Già, ma allora non si verificarono tre agguati nel giro 36 ore.
«Sì, la rapidità di questi fatti ha notevolmente scosso la città che evidentemente non è abituata, per fortuna, a tanta violenza».

Lei crede che sia in atto una guerra tra gruppi criminali locali?
«Dalle informazioni emerse fino ad ora sembra proprio di sì. Al momento non ci sono ragioni per ritenere che la vicenda possa coinvolgere la criminalità organizzata radicata altrove».

Dunque la Dda non sarà coinvolta nelle indagini?
«Non abbiamo ritenuto opportuno segnalare il caso proprio perché riteniamo che sia uno scontro tra gruppi locali».

Gruppi che forse hanno alzato il tiro. Cosa potrebbe essere successo?
«Tanti anni fa lo scenario era piuttosto sopito. Probabilmente si era creato un equilibrio tra i gruppi che operano nel territorio. Ora evidentemente qualcosa si è rotto e quell’equilibrio non esiste più. Ora bisogna capire se la rottura riguarda due gruppi interi, oppure se riguarda due personaggi appartenenti a gruppi diversi. Al momento però non ci sono molti elementi per capire il motivo della rottura che ha portato a uno scontro così violento».

Qualcuno ha citato fatti che risalgono agli anni Novanta. Pensa ci possano essere legami tra gli episodi di allora e quelli di oggi?
«Al momento non riteniamo che ci siano collegamenti diretti, ma stiamo ancora verificando ogni possibilità».

Lei lavora a Latina da poco tempo. Dal punto di vista della legalità che tipo di idea si è fatta di questo territorio?
«Ho notato subito che qui ci sono moltissime denunce anonime. In proporzione mi sembrano molte di più rispetto a Roma, che è una grande metropoli. La gente, come prima impressione, mi sembra piuttosto litigiosa, ma più che un giudizio è solo un’impressione personale che potrebbe cambiare conoscendo meglio il territorio».

Torniamo alle indagini sugli omicidi. Il muro di omertà di cui ha parlato è dettato dalla paura?
«Non so, forse. Di certo tanto silenzio mi ha stupito. E’ un atteggiamento molto “meridionale”. E lo dico io che sono di Napoli». (* Il Messaggero 29-01-2010)


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