BIMBO ROMENO DI 6 ANNI SEGREGATO A SONNINO, IL CARCERIERE HA 8 ANNI

12/01/2010 di

Strappato dalle braccia della madre in Romania, affidato prima ad una nonna che non lo accudiva, poi portato in Italia e segregato in un appartamento nei pressi di Latina, dove il custode-carceriere, un bambino di soli due anni più grande di lui, figlio della convivente del padre, donna violenta e assetata di denaro, lo picchiava con le cinghie dei pantaloni o gli sbatteva la testa al muro.

Ha vissuto così i suoi primi sei anni, protagonista involontario di una storia agghiacciante, il figlio di una donna romena di 32 anni, costretta a venire in Italia sulle orme del figlio rapito, e a pagare tra gli 800 e i mille euro per vederlo. Fino al 28 aprile scorso, quando gli agenti della polizia municipale di Roma, una task forse di 16 persone del progetto integrato sicurezza sociale, diretti dal comandante Antonio Di Maggio, hanno suonato alla porta della sua abitazione-prigione, a Sonnino, rintracciata grazie all’attenzione e alla collaborazione della preside della scuola elementare che il bambino frequentava insieme al suo aguzzino.

Una casa dalla quale il bambino – minuto, cresciuto poco, capelli mori, carnagione chiara e occhi azzurri che ha conquistato «per la sua dolcezza» anche gli agenti della polizia municipale che l’hanno liberato – usciva ogni mattina per andare a scuola, sorvegliato dal coetaneo perchè padre e convivente li avevano lasciati per tornare in Romania. Per amico un cagnolino e per pranzo e cena il cibo consegnato da una romena diffidata dall’accudire entrambi. E il piccolo carceriere che lo picchiava dicendogli che lui era «lo chef dei mostri» e che se non faceva come diceva lui gli
avrebbe «inviato dei mostri».

Un incubo finito definitivamente oggi con l’arresto del padre, un romeno di 35 anni, già condannato lo scorso anno e latitante tra l’Italia e la Romania in questi mesi, in un casale nel quartiere Cinecittà di Roma dal quale ancora minacciava la madre di suo figlio pretendendo denaro. Da oggi anche la vita di questa madre può cambiare. «In Romania, che è la mia terra, nessuno mi ha aiutato, nè il tribunale, nè l’avvocato. In Italia ho trovato chi mi ha ascoltato e mi ha sostenuto» spiega senza riuscire a trattenere le lacrime indicando gli agenti che oggi hanno messo le manette
al romeno.

«Ho ancora paura, non voglio perdere ancora mio figlio», racconta preoccupata nonostante le assicurazioni dell’agente che gli ha ridato suo figlio e l’ha tenuta sotto protezione in questi mesi di latitanza del marito. E anche il figlio ha paura. «Se sente nominare il padre ha paura, così come si terrorizza se sente il nome del bambino che lo picchiava con la cinghia, gli sbatteva la testa contro il muro». Ora questo figlio fa progetti insieme alla madre. «Da grande voglio fare l’avvocato o il poliziotto così aiuto le persone».

Poi l’amore per la madre. «Se troviamo un padre buono facciamo una famiglia. Se no tu mi cresci e quando sarò grande e tu sarai vecchia io lavorerò per te». Sua madre è orgogliosa. «È un bambino bravo, a scuola va bene, e ora è sereno». Ma la sua è una vita segnata dal dolore: «la notte scorsa – racconta – ho sognato che la polizia mi rincorreva, mi sono svegliata e la macchina degli agenti che accompagnano a scuola mio figlio non c’era, ho avuto paura ma poi è arrivata la telefonata di Sergio (uno degli agenti che le hanno riportato il figlio, ndr) che mi ha detto: l’abbiamo preso».