LA MAMMA DI UN RAGAZZO: “COSI’ HO RISCHIATO DI PERDERE MIO FIGLIO DI 16 ANNI”
Pubblichiamo una dura lettera aperta scritta dalla mamma di Giammarco M., un ragazzo che il 9 dicembre scorso è rimasto coinvolto in un grave incidente tra uno scooter Doodo 125 e un’auto sul Lungomare Caboto a Gaeta.
“Questa lettera la dedico (…) ai medici dell’ospedale Dono Svizzero di Formia, perché avevano deciso di non farmi vedere più mio figlio di soli 16 anni…
Chi è mio figlio?
Il ragazzo, Giammarco, è arrivato il 9 dicembre 2008 alle 20.35 circa al vostro pronto soccorso. Chiamava la mamma e ripeteva di non respirare. Gli avete fatto un emogas ed una tac: ne risultava gravissimo. Si era lacerato in più parti l’arteria aorta! Quanti inutili fogli firmati, quante bugie dette.
Giammarco si doveva trasportare con l’eliambulanza, ma, dopo un’ora, non si sapeva dove poteva atterrare. Solo per caso un dipendente dell’ospedale, vedendo una mamma disperata, ha fatto di tutto per dirmi che non era mai stata chiamata l’eliambulanza!
Ma io volevo salvare mio figlio. Lo vedevo dormire, lo avevano soccorso con un’anestesia!
Mi sentivo soffocare, fuori c’era gente che aspettava di essere visitata da cira 1 ora e mezza, sapevano tutti (compresi gli amici) che li dentro un ragazzo stava morendo. Un anziano signore mi gridò di chiamare le forze dell’ordine e così mi hanno dettato il numero dei carabinieri.
Da quella stanza della morte sono riuscita a far uscire mio figlio nudo, ventilato a mano, coperto con un foglio di pellicola. Gianmarco veniva caricato dentro l’autoambulanza, non avevo tempo di sfiorarlo, i secondi erano vita per lui, con il mio cuore lo abbracciavo, lo accarezzavo, gli stavo vicino vicino, amore di mamma, vita mia, gli parlavo con tutta me stessa, con la mia anima, intanto dettavo il mio numero di cellulare all’autista che mi metteva al corrente che non sarebbe arrivato a destinazione.
Così l’anestesista, una persona dura di cuore, come uno scoglio, mentre mi passava accanto: mi diceva: “Contenta? facciamo come vuole lei, al semaforo troviamo rosso, giriamo e lo lasciamo in sala mortuaria (il semaforo dista 300 mt circa), per noi non può essere trasportato”.
L’affrontai con la corona del rosario di mio figlio in mano, stringendola forte, risposi che almeno avevo tentato qualcosa per salvarlo.
Cari dottori vergognatevi! Per 130/140 km non avete avuto la bontà di avvisare il pronto soccorso dell’ospedale che stavate raggiungendo con mio figlio: un caso da codice rosso. Solo davanti alla portineria avete avvisato che dovevate lasciare un 16enne in fin di vita con la tac messa sulla pancia. L’avete scaricato come un pacco postale senza avviso. Questo è altro tempo che avete perdut.
Al momento dell’arrivo di Gianmarco i medici colti di sorpresa hanno dovuto chiamare il cardiochirurgo vascolare di turno ed allestire tempestivamente la sala operatoria.Grazie ancora per quello che non avete fatto.
Voglio ringraziare, inoltre, i medici, che alla partenza dell’ambulanza da Formia avevano detto che sarebbe morto di lì a pochi minuti.
Perchè non fate spazio a persone che fanno il loro lavoro con il cuore e con coscienza (cose che non vi appartengono); lasciate che altri medici facciano l’impossibile per salvare vite umane.
Inoltre vi ricordo che avete fatto un giuramento per indossare quel camice: vivamente consiglio di appendere quel camice ad un chiodo.
Sono una mamma che da 49 giorni vive seduta in una sala d’aspetto della rianimazione-cardiovascolare. Sono testarda? Forse sì. Ho chiesto ai giovani di Gaeta di pregare per Giammarco, sono stata contattata dal Vescovo che ha pregato per un giovane di 16 anni.
Il cuore di una mamma che raccomanda alla gente il proprio figlio ha fatto si che in tutte le scuole hanno pregato per mio figlio, credo che la voce di tutti i giovani in preghiera non poteva rimanere muta davanti alla Madonna. A Lei che l’umanità gli ha ucciso suo figlio, proprio a Lei ho fatto rivolgere le preghiere. Non poteva farmi provare il suo stesso dolore.
Ringrazio i medici di questo ospedale e tutto il personale che mi hanno confortata dal primo attimo che sono arrivata.
Il Signore ha ridato la vita a mio figlio con le cure prestate dai dottori della rianimzione: si sono accaniti per salvarlo!
I medici e la fede mi danno ogni giorno la forza di lottare e resistere per andare avanti e abbracciare con tanto amore mio figlio GIAMMARCO e gridare “SEI VIVO FIGLIO MIO CE L’ABBIAMO FATTA”.
Non chiamatemi piu MAMMA CORAGGIO se ho dovuto chiamare i carabinieri per salvare la vita a mio figlio o se ho reso pubblica la mia storia.
Invito a tutti quelli che hanno avuto un episodio triste come il mio di metterlo a conoscenza della gente così forse tante cose nel nostro piccolo le possiamo cambiare”.
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La mamma di Giammarco