CUSANI DIFFIDA GRANAROLO PER L’USO DEL TERMINE “AGRO PONTINO”
Il presidente della provincia
Armando Cusani ha dato mandato all’avvocato Francesco Autieri
del foro di Latina di intraprendere un’azione giudiziaria nei
confronti della società bolognese Granarolo per impedire
l’utilizzazione del marchio Pettinicchio con la dizione Agro
Pontino se la produzione venisse spostata al di fuori del
territorio.
Armando Cusani ha dato mandato all’avvocato Francesco Autieri
del foro di Latina di intraprendere un’azione giudiziaria nei
confronti della società bolognese Granarolo per impedire
l’utilizzazione del marchio Pettinicchio con la dizione Agro
Pontino se la produzione venisse spostata al di fuori del
territorio.
L’azione legale è tesa a salvaguardare la
territorialità del marchio Pettinicchio, che nel corso dei
decenni si è commercialmente affermato facendo esplicito
riferimento all’Agro Pontino e ad evitare di incorrere in una
pubblicità ingannevole per i consumatori.
territorialità del marchio Pettinicchio, che nel corso dei
decenni si è commercialmente affermato facendo esplicito
riferimento all’Agro Pontino e ad evitare di incorrere in una
pubblicità ingannevole per i consumatori.
«Si tratta di un
marchio nato in provincia pontina ed affermato sul territorio
nazionale legando la sua ragion d’essere all’agro pontino – dice
Armando Cusani – riferimento che ancora oggi compare nel corpo
dell’etichetta con la dicitura: »Pasquale Pettinicchio –
Caseificio tradizionale Agropontino«. L’auspicio dell’ente è che
l’azione mirata ad inibire l’uso del marchio possa indurre il
gruppo bolognese a rinunciare alla sua delocalizzazione e ad
aprire spiragli per poter mantenere il sito produttivo a
Sermoneta.
marchio nato in provincia pontina ed affermato sul territorio
nazionale legando la sua ragion d’essere all’agro pontino – dice
Armando Cusani – riferimento che ancora oggi compare nel corpo
dell’etichetta con la dicitura: »Pasquale Pettinicchio –
Caseificio tradizionale Agropontino«. L’auspicio dell’ente è che
l’azione mirata ad inibire l’uso del marchio possa indurre il
gruppo bolognese a rinunciare alla sua delocalizzazione e ad
aprire spiragli per poter mantenere il sito produttivo a
Sermoneta.