L’ITALIA PUNTA DI NUOVO SUL NUCLEARE, E LATINA?
L’Italia è pronta, nelle intenzioni del Governo, a ripartire sul fronte nucleare: dopo 21 anni da quel referendum che l’8 ed il 9 novembre del 1987 vide gli italiani dire "no grazie" all’atomo, il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola, annuncia infatti che entro il 2013 sarà posta la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari in Italia.
Latina ha convissuto per anni con la centrale nucleare di Borgo Sabotino prima del referendum. Oggi è ancora alle prese con lo smaltimento delle scorie. Se effettivamente si dovesse tornare all’energia nucleare, Latina potrebbe essere uno dei luoghi dove realizzare i nuovi impianti? Per adesso è difficile ipotizzare una risposta, positiva o negativa, anche se alcuni esperti escludono la possibilità di una riattivazione degli impianti ormai chiusi.
Se le intenzioni del Governo riusciranno a tradursi in realtà, per l’Italia si tratterebbe di un ritorno: per venti anni il paese ha avuto centrali nucleari e prodotto energia dall’atomo.
Ecco le principali tappe della vicenda dall’inizio dell’uso del nucleare, all’addio del 1987 fino alla riapertura arrivata oggi.
VENT’ANNI DI NUCLEARE – Per circa vent’anni l’Italia, dal 1960 al 1980, ha
prodotto e utilizzato energia nucleare grazie a quattro centrali elettronucleari ex Enel (Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina) e di altri impianti nucleari ex Enea del ciclo del combustibile.
prodotto e utilizzato energia nucleare grazie a quattro centrali elettronucleari ex Enel (Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina) e di altri impianti nucleari ex Enea del ciclo del combustibile.
NUCLEARE? NO GRAZIE – Anche sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl, avvenuto nell’aprile del 1986, l’Italia decise di affidare la scelta sul nucleare ad una consultazione popolare. Il referendum abrogativo si tenne l’8 e il 9 novembre e vinse il sì all’addio all’atomo con oltre il 71%.
LE SCORIE, LA SOGIN – In seguito al referendum iniziò un programma di dismissione delle centrali nucleari. Ma per lungo tempo fu sostanzialmente eluso il problema delle scorie. Nel 1999 fu disposto un piano strategico e definito un accordo di programma con le Regioni. Parallelamente, fu affidato a Enel il compito di costituire la Sogin, ‘Società per lo smaltimento delle centrali elettronucleari dimesse, la chiusura del ciclo del combustibile e le attività connesse e conseguenti«.
IL CASO SCANZANO – Nel novembre 2003 il governo approva il cosiddetto decreto Scanzano, in base al quale tutti i rifiuti e i materiali nucleari esistenti in Italia vengono sistemati in un deposito nazionale geologico (e non di superficie) da realizzare nel comune di Scanzano Jonico, in Basilicata. La decisione provocò dure reazioni politiche e da parte delle comunità locali e degli ambientalisti, fino al fallimento dell’operazione.
LE SCORIE VANNO IN FRANCIA – La scorsa legislatura ha deciso trasferire all’estero il combustibile irraggiato, anzichè stoccarlo temporaneo nei siti con un accordo tra Sogin e Areva che, al termine di una gara internazionale, prevede che 235 tonnellate di rifiuti vengano inviate in Francia.
GIÀ 13 ANNI FA RIPRESA DIBATTITO – L’allora ministro dell’industria Alberto Clò dice che l’Italia è pronta a riaprire al nucleare: »Abbiamo intenzione – annunciò nel 1995 – di riprendere il discorso, mai chiuso completamente, «su basi nuove, con nuove capacità di ricerca e nuove tecnologie».
ENEL RIENTRA IN SETTORE ALL’ESTERO: due anni fa il gruppo elettrico italiano decide di tornare nel nucleare, ma all’estero, per riaquisire competenze. La società acquisisce una Sloveske Electrarne, società Slovena. Oggi il 12% dell’elettricità prodotta nel mondo dal gruppo è nucleare.
SCAJOLA ANNUNCIA, ENTRO 5 ANNI PIETRA PER CENTRALI IN ITALIA: enro il 2013, la fine cioè della legislatura, saranno avviati i lavori per la costruzione «di un gruppo di centrali di nuova generazione», annuncia dalla assemblea di Confindustria il ministro per lo sviluppo economico, Claudo Scajola.
54 MESI PER NUOVE CENTRALI
DIFFICILE LA RIAPERTURA DELLE VECCHIE STRUTTURE
L’Italia riapre al nucleare: dopo 21 anni dal Referendum che nel 1987 vide l’Italia dire ‘no graziè all’atomo il Governo annuncia infatti che entro il 2013, la fine cioè della legislatura, sarà posta la prima pietra di un gruppo di centrali. Per riprendere la strada nucleare che ha visto l’Italia dal 1960 al 1980 produrre parte della sua elettricità con l’atomo, i tempi non sarebbero lunghi: con un’adeguata pianificazione delle attività preliminari di sito, sono prevedibili tempi dell’ordine di 54 mesi – spiega Giancarlo Aquilanti, responsabile della Task-force nucleare dell’Enel – dal primo getto di calcestruzzo all’esercizio commerciale di ciascun impianto. Per un piano di ripresa nucleare ‘credibilè – fanno notare gli esperti del settore – sarebbe necessario almeno un pacchetto di 6 centrali, su tre siti, da 1.600 MWe . Un parco centrali-nucleari in grado di produrre, complessivamente 72 miliardi di chilowattora l’anno, pari a circa il 20% del fabbisogno elettrico italiano: una quota cioè in grado di garantire una sufficiente diversificazione delle fonti.
Una volta individuati i siti e ricevute le necessarie autorizzazioni il primo passo
sarebbe quello del ‘permesso di costruzionè, un via libera che dovrebbe arrivare da un’Authority per la sicurezza nucleare, come avviene negli altri paesi del mondo. Si tratta di un’Agenzia ad hoc, indipendente, che in molte nazioni opera sotto il diretto controllo del Presidente del Consiglio. Al momento, in Italia, esiste già una struttura che si occupa di attività nucleari di decomissioning, l’Apat sotto le dipendenze del Ministero dell’Ambiente che potrebbe essere rafforzata e, nel caso – spiegano gli esperti – enucleata. Una volta, comunque, ricevuto da questo ente il permesso, possono iniziare i lavori. Lavori che, a seconda delle tecnologie, prevedono tempi diversi: utilizzando le tecnologie adottate dagli altri paesi che stanno costruendo impianti nucleari in Europa i tempi necessari si traducono in 4 anni e mezzo. L’economicità del
sistema prevede due requisiti: realizzare progressivamente e con continuità temporale almeno 6 reattori della stessa tipologia, con due unità (reattori) per ogni sito. Sul fronte del know how non ci sono comunque problemi, spiegano i tecnici: ognuno con il proprio ruolo. Per quanto riguarda, invece, il nodo delle scori e «esistono due tipi di problemi», spiega ancora Aquilanti. Quello relativo cioè ai depositi di prima e seconda categoria (vale a dire per i materiali a bassa e media radioattività) e quello per il combustibile nucleare scaricato dai reattori (depositi di terza categoria). Per il primo gruppo bisognerebbe procedere in tempi brevi ad un «deposito nazionale» (strada che negli anni passati in Italia ha già visto numerosi problemi con la storia di Scanzano ). «Un deposito nazionale di questo tipo lo hanno tutti i Paesi con attività nucleari », aggiungono gli esperti spiegando che, invece, sul fronte dei depositi di terza categoria è ragionevole attendere gli sviluppi tecnologici relativi alle esperienze in campo internazionale per quanto riguarda «i depositi geologici profondi ed, in futuro, alla possibilità di ridurre notevolmente i quantitativi di questi rifiuti grazie alla trasmutazione nucleare nei reattori veloci di quarta generazione». La quantità di questi rifiuti è generalmente molto piccola e si possono utilizzare, come soluzione temporanea, i depositi all’interno delle centrali. Sul fronte sicurezza, infine, i tecnici rassicurano: quelle che si stano realizzando in questi anni nel mondo sono centrali che hanno un fattore di sicurezza 10 volte maggiore degli impianti del passato, sia per quanto riguarda gli incidenti, sia soprattutto per quanto concerne i possibili «rilasci»: «anche in caso di incidente non c’è necessità di evacuazione o perdita permanente di territorio».
sarebbe quello del ‘permesso di costruzionè, un via libera che dovrebbe arrivare da un’Authority per la sicurezza nucleare, come avviene negli altri paesi del mondo. Si tratta di un’Agenzia ad hoc, indipendente, che in molte nazioni opera sotto il diretto controllo del Presidente del Consiglio. Al momento, in Italia, esiste già una struttura che si occupa di attività nucleari di decomissioning, l’Apat sotto le dipendenze del Ministero dell’Ambiente che potrebbe essere rafforzata e, nel caso – spiegano gli esperti – enucleata. Una volta, comunque, ricevuto da questo ente il permesso, possono iniziare i lavori. Lavori che, a seconda delle tecnologie, prevedono tempi diversi: utilizzando le tecnologie adottate dagli altri paesi che stanno costruendo impianti nucleari in Europa i tempi necessari si traducono in 4 anni e mezzo. L’economicità del
sistema prevede due requisiti: realizzare progressivamente e con continuità temporale almeno 6 reattori della stessa tipologia, con due unità (reattori) per ogni sito. Sul fronte del know how non ci sono comunque problemi, spiegano i tecnici: ognuno con il proprio ruolo. Per quanto riguarda, invece, il nodo delle scori e «esistono due tipi di problemi», spiega ancora Aquilanti. Quello relativo cioè ai depositi di prima e seconda categoria (vale a dire per i materiali a bassa e media radioattività) e quello per il combustibile nucleare scaricato dai reattori (depositi di terza categoria). Per il primo gruppo bisognerebbe procedere in tempi brevi ad un «deposito nazionale» (strada che negli anni passati in Italia ha già visto numerosi problemi con la storia di Scanzano ). «Un deposito nazionale di questo tipo lo hanno tutti i Paesi con attività nucleari », aggiungono gli esperti spiegando che, invece, sul fronte dei depositi di terza categoria è ragionevole attendere gli sviluppi tecnologici relativi alle esperienze in campo internazionale per quanto riguarda «i depositi geologici profondi ed, in futuro, alla possibilità di ridurre notevolmente i quantitativi di questi rifiuti grazie alla trasmutazione nucleare nei reattori veloci di quarta generazione». La quantità di questi rifiuti è generalmente molto piccola e si possono utilizzare, come soluzione temporanea, i depositi all’interno delle centrali. Sul fronte sicurezza, infine, i tecnici rassicurano: quelle che si stano realizzando in questi anni nel mondo sono centrali che hanno un fattore di sicurezza 10 volte maggiore degli impianti del passato, sia per quanto riguarda gli incidenti, sia soprattutto per quanto concerne i possibili «rilasci»: «anche in caso di incidente non c’è necessità di evacuazione o perdita permanente di territorio».
Secondo gli esperti non sarebbe invece percorribile la strada di "riaprire" i vecchi siti nucleari: le quattro centrali dell’Enel (Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina) che furono fermate all’indomani del referendum dell’8 e 9 novembre 1987. (ANSA)
IN EUROPA SONO ATTIVE 197 CENTRALI NUCLEARI
Il 35% dell’energia elettrica consumata in Europa è di fonte nucleare: nel vecchio continente sono accese quasi 200 centrali nucleari, 59 delle quali nella sola Francia, per una potenza di quasi 170 mila mw. E, a breve,entreranno in funzione altri 13 impianti, per ulteriori 11.800 mw. Un parco centrali nucleari quello europeo fotografato dagli ultimi dati disponibili – relativi all’aprile scorso – dell’European Nucleare Society che vede i ‘vicini’ Francesi al top dela produzione nucleare: oltralpe quasi l’80% delfabbisogno eletrico del paese (il 78,5% per l’esattezza) arriva dall’atomo. Parigi batte anche la Federazione Russa che ha 31 impianti per 21.700 mw installati e sta realizzando altre 7 unità per altri 4.700 mw. Forte è la presenza del nucleare anche in Germania dove sono attivi 17 impianti per una potenza di oltre 20 mila mw così come nel nel Regno Unito dove se ne contano 19 (10.200 mw).
Ecco, secondo gli ultimi dati disponibili, la mappa del nucleare in Europa:
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PAESE CENTRALI ATTIVE CENTRALI IN COSTRUZIONE
NUMERO POTENZA (MW) NUMERO POTENZA (MW)
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Belgio 7 5.824 - -
Bulgaria 2 1.906 2 1.906
Rep. Ceca 6 3.523 - -
Finlandia 4 2.696 1 1.600
Francia 59 63.260 1 1.600
Germania 17 20.470 - -
Ungheria 4 1.829 - -
Lituania 1 1.185 - -
Paesi Bassi 1 482 - -
Romania 1 1.310 - -
Russia 31 21.743 7 4.789
Rep. Slovacca 5 2.034 - -
Slovenia 1 666 - -
Spagna 8 7.450 - -
Svezia 10 8.974 - -
Svizzera 5 3.220 - -
Ucraina 15 13.107 2 1.900
Regno Unito 19 10.222 - -
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TOTALE 197 169.901 13 11.795
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