TRUFFA IN TRIBUNALE, CACCIA AGLI AVVOCATI

11/05/2008 di
di GIOVANNI DEL GIACCIO
*

Sapevano
e anziché denunciarli si servivano di loro. Avvocati che una volta
tentate tutte le carte possibili dal punto di vista giudiziario e
procedurale per i loro clienti, alla fine, si affidavano ad Aurola e
compagni.

 
E’ uno degli aspetti relativi all’inchiesta di carabinieri e
guardia di finanza sulla serie di raggiri compiuti al Tribunale di
Gaeta. Dove non arrivava la giustizia, insomma, per le procedure di
pignoramento e la successiva esecuzione c’erano il fidato dirigente
degli ufficiali giudiziari e i suoi più stretti collaboratori a trovare
la soluzione. Fosse per un’asta da evitare o un bene da far
riacquistare a chi ufficialmente non poteva farlo. Un meccanismo quasi
perfetto, oliato a quanto sembra anche da qualche legale che preferiva
questo sistema a quelli della normale procedura. Situazioni che a
quanto sembra sono rare e legate a qualche “azzecagarbugli” di
provincia. Le loro posizioni, comunque, sono al vaglio degli
investigatori, i quali su questo particolare mantengono stretto
riserbo. Si lavora sul materiale sequestrato negli ultimi mesi, si
cerca di ricostruire i rapporti tra avvocati e persone finite
nell’indagine, nonché la presenza o meno di un “tariffario” per
arrivare a ottenere i favori sperati. E se non c’erano avvocati a
muoversi erano direttamente loro ad avvicinare le persone interessate.
 
Ecco, per esempio, i 500 euro da “regalare” ad Aurola per far sì che i
beni pignorati a una società fossero riacquisiti da un prestanome.
Perché una cosa è certa in tutta questa storia: bastava pagare. I soldi
erano, stando a quanto emerge dalla richiesta di provvedimenti
cautelari e dall’ordinanza di custodia, il filo che teneva uniti
Giuseppe Aurola, Antonio Riccardelli e Antonio Andrea Di Fusco insieme
ad altri personaggi che hanno un ruolo “minore” nella storia e per i
quali il magistrato non ha stabilito l’arresto ma che sono comunque
indagati. Non c’era ancora l’euro quando i conti correnti dei tre
viaggiavano al di sopra della loro effettiva possibilità. Il giudice è
chiarissimo: «Dagli accertamenti bancari risultano movimentazioni di
ingenti somme di denaro che mal si giustificano con l’attività
lavorativa di ciascuno».
 
Un ruolo di spicco, comunque, spettava sempre
ad Aurola al punto che «risultano versamenti da parte di Di Fusco e
Riccardelli» a suo favore. E’ sul conto del coordinatore degli
ufficiali giudiziari che tra gennaio 2005 e dicembre 2007 sono stati
movimentati circa 7 milioni di euro. Con i soldi, comunque, i tre
avevano un rapporto singolare, al punto che ogni fine anno provvedevano
ad “azzerare” i loro conti. Altro settore nel quale si svolgeva
l’attività era quella legata ai protesti di cambiali o assegni. Si
evitavano “aprendo” un conto con Aurola piuttosto che con Di Fusco o
Riccardelli i quali in cambio ora di somme di denaro a interessi
consistenti e ora ricevendo favori o beni materiali – nonché
consistenti sconti su lavori – concedevano ampie “dilazioni”.
Funzionava così, peccato che tutti sapessero e nessuno abbia fatto
nulla per anni. (* Il Messaggero, 11-05-2008)