L’ultima intervista di Antonio Pennacchi. La sua visione del mondo: collettività e futuro

Antonio Pennacchi aveva sostanzialmente due punti fermi sui quali portava costantemente l’attenzione: la collettività e il futuro. Non era assolutamente un nostalgico, anche se a volte poteva dare questa impressione, ma anzi era costantemente proiettato verso il futuro, l’innovazione e lo sviluppo.
Soprattutto era focalizzato sull’idea di collettività, concetto al quale riportava ogni fase storica. Nella sua ultima intervista, rilasciata circa un mese fa in occasione della festa dell’associazione “Impresa” di Latina, Pennacchi parlava dell’uscita dalla pandemia ragionando sul ruolo di ognuno di noi all’interno di un contesto sociale ben definito.
“La crisi che stiamo vivendo è pesante – spiega Pennacchi – ma è anche vero che non ricordiamo quelle precedenti che abbiamo superato. L’uscita dalla crisi, per come la vedo io, è sempre di ordine collettivo. Non dobbiamo dimenticare mai che non siamo soli, che la storia dell’uomo non comincia e finisce con la nostra. Viviamo un momento di trasformazione generale in cui sarebbe bene uscire sempre più in positivo, sarebbe bene se ritrovassimo la giusta coniugazione fra i concetti di umanesimo, rispetto dell’uomo e mercato. E non fare solo del profitto l’unica ragione”.
L’idea di comunità di Pennacchi era naturalmente radicata nella sua formazione culturale, politica ma anche personale.
Più volte ha ribadito l’insegnamento tratto dall’esperienza in fabbrica come operaio, dove ha capito che l’individualismo non conduce a nulla. Nel 2017 spiegava: “Nessuno può andare avanti da solo, tutti hanno bisogno degli altri. In fabbrica la tua parte la devi fare bene, anche per chi lavora con te e deve fare un altro pezzo collegato al tuo”.
Da soli non si va lontano. Un limite insopportabile per chi, come Pennacchi, guardava al futuro con una prospettiva enorme, immaginando uno sviluppo che andava pianificato adesso per non trovarsi impreparati da 20, 30 o 50 anni.
In tutto ciò la tecnologia ha un ruolo determinante che, se correttamente indirizzata, avrebbe portato benefici enormi all’uomo. “Lo sviluppo tecnologico ci consente di limitare la fatica fisica, ma nessuna macchina potrà sostituire la nostra intelligenza e la nostra creatività. Avremo però la possibilità di lavorare sempre meno, producendo allo stesso modo”.
L’ARTISTA. «Lucilio dice “ex praecordiis ecfero versum”, dalle budella tiro fuori i versi. L’artista deve raccontare tutto quello che c’è nell’animo umano, il bene e il male: perché è tutto mischiato». (Antonio Pennacchi)
(Foto gentilmente concessa da Gioia Battista)