Al lido progetti abbandonati, il Comune mette una toppa ma c’è il rischio di restituire i finanziamenti

14/12/2016 di

Era il 4 giugno del 2014 quando Latina bussò alle porte di Bruxelles, stavolta non per rendere conto di procedure di infrazione o deroghe, ma per ritirare il premio Best of the best Life Environment/Information projects. Primo posto assoluto in Europa grazie alla “capacità di distinguersi per la produzione di miglioramenti ambientali, sociali ed economici”. Il progetto che ha reso possibile tale importante riconoscimento per il territorio pontino si chiama “Life Rewetland – Widespread introduction of constructed wetlands for a westwater treatment of Agro Pontino” . La Provincia di Latina l’ente capofila con i suoi cinque partner: Comune di Latina, Parco Nazionale del Circeo, Consorzio di Bonifica e la società di progettazione U-space srl.  Uno slancio verso la sostenibilità ambientale, in particolare della risorsa idrica, con la messa in piedi di un sistema integrato di fitodepurazione delle acque reflue.

Facciamo un balzo temporale fino alla giornata di giovedì 9 dicembre 2016. Certamente non una data casuale. Il giorno prima è arrivato, infatti, il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Ue,  per la violazione della direttiva comunitaria 1991/271 sul raccoglimento e trattamento delle acque di scarico. Sono 63 i milioni di multa chiesti nell’istanza avanzata dalla Commissione Europea, quasi in concomitanza con il diramarsi della notizia, arrivata da fonti interne a Bruxelles, sulla chiusura della procedura di infrazione riguardante il conferimento in discarica di rifiuto non trattato.  Sono circa ottanta gli insediamenti urbani in cui è stata registrata tale inosservanza; nessun comune del Lazio figura nella lista nera. Ma il segnale è forte e l’Europa non sembra intenzionata a fare sconti.  Ed ecco perché la determina a firma del settore Ambiente pubblicata il 9 dicembre nell’albo pretorio del Comune di Latina presenta dei provvidi contorni. Si tratta di un atto di affidamento della gestione del bacino di fitodepurazione a servizio del depuratore di Foce Verde. Il destinatario: Acqualatina.

Uno dei tasselli del maxi-progetto, incagliato nelle storture e nelle pieghe della macchina amministrativa. Già perché da giungo del 2014 ad oggi sono passati due anni e mezzo, un intervallo di tempo in cui il classico canovaccio all’italiano ha fatto da padrone. Zero monitoraggio, zero manutenzione e sperpero di denaro pubblico. Insomma, un film già visto; lo scenario, opere finanziate ma lasciate in stato di abbandono.

Il pregresso:  campanello d’allarme sui corsi d’acqua pontini.  Non è solamente la direttiva europea 1991/271 a porre pesanti paletti all’Italia e a rappresentare l’origine del progetto Life Rewetland.  La direttiva 2000/60 imponeva entro il 2015 di allineare alla media europea gli standard sulla qualità delle acque. A fronte di tale indirizzo attuativo arrivato dall’Unione Europea, la Regione Lazio nel 2006 redige un Pianto di Tutele delle Acque (PTAR) in cui, oltre a mettere nero su bianco un programma di riqualificazione ambientale, va a mappare lo stato dei vari bacini idrografici presenti nel territorio. Un quadro reso possibile dai risultati del “Piano di Monitoraggio acque superficiali interne e costiere” avviato nel 2003 dalla Provincia, operazione che visto l’installazione di 17 stazioni di rilievo e la realizzazione di una banca dati. Il responso  sulle acque pontine fu impietoso: dei 32 sottobacini analizzati (in riferimento ai cinque bacini idrografici presenti nel territorio), nella valutazione dello stato 11 risultano tra lo scarso e il pessimo.  Dati riconfermati dall’introduzione del macrodescrittore LIMeco sullo stato ecologico, riguardante quindi la presenza di nutrienti ed ossigenazioni, elementi essenziali per la vita e per il mantenimento dell’integrità ecologica del contesto ambientale.

La mappa dello stato ecologico delle acque superficiali in provincia di Latina- Piano Regionale di Tutela delle Acque

Una corretto trattamento delle acque di scarico è, dunque, un fattore determinante nel preservare lo stato ambientale dei corpi idrici. A tal proposito nel 2011 la Regione  approva un documento tecnico che detta le nuove regole per l’installazione degli impianti di fitodepurazione. Il solco su cui realizzare interventi in tal senso venne dunque definito e normato.

(Le copertine dei quattro progetti pilota. clicca sulla galleria)

Dalla programmazione alla fase operativa: i progetti pilota. Il Programma di Riqualificazione Ambientale (PRA) varato dalla Provincia entra a regime nel 2010, anno in cui viene dato il via alle operazioni previste dal progetto Life Rewetland sulla fitodepurazione diffusa. L’importo totale ammonta 3.706.632 euro, ammortizzato da un cofinanziamento Ue di 1.450.566, in quanto rientrante nella programmazione europea Life+2008. La restante parte della somma è stata coperta dalle risorse sbloccate dal Plus (Piano Locale e Urbano di Sviluppo) e da soldi arrivati direttamente dalle casse comunali. Quattro i progetti pilota, conclusi – almeno sulla carta – nel 2014: un ecosistema filtro presso il lago di Fogliano, nell’area denominata Pantano Cicerchia; un parco urbano fitodepurativo presso la Marina di Latina con potenziamento del ciclo depurativo; l’installazione di fasce tampone per gli inquinanti lungo i canali di bonifica; buona pratiche per la gestione dell’acqua nell’azienda vitivinicola Casale del Giglio. Un poker di iniziative tutte decollate tranne – neanche a dirlo – quella coordinata direttamente dal Comune di Latina, ovvero il complesso sperimentale presso la Marina, il cosiddetto progetto pilota n.2.

L’ambizioso prospetto sulla Marina di Latina. La tecnica – quella della fitodepurazione – su cui poggiano tali interventi è molto semplice quanto innovativa: posizionare nel commino idraulico dei reflui particolari tipi di piante acquatiche presenti nei laghi e nelle zone umide. Ciò permette di riprodurre i meccanismi biologici e chimico-fisici degli ambienti umidi naturali. In sostanza tali piante rilasciano a livello delle radici una notevole quantità di ossigeno necessario allo sviluppo di specifiche colonie batteriche, le quali innescano dei processi che permettano da un lato il riassorbimento dei nutrienti (come carbonio, azoto, fosforo e potassio) e dall’altro l’abbattimento dei carichi inquinanti di origine urbana ed agricola. Nonché, in secondo luogo, il mantenimento della nicchia ecologica e della biodiversità.

(Un’immagine del Canale Colmata ed analisi dello stato delle acque. clicca sulla galleria)

Se poi – proprio come nel caso di quello che doveva essere il sistema messo in piedi nei pressi di Via Massaro, presso appunto la Marina di Latina – all’aspetto prettamente tecnico-operativo si aggiunge quello ricreativo, il prospetto diventa davvero interessante. Un impegno di spesa di oltre un milione e mezzo di euro per tre corpi d’opera: un ecosistema filtro a valle del depuratore, dei bacini di fitodepurazione con parco annesso e una campagna di monitoraggio post operam.

Visione ante operam dell’area di intervento del bacino fitodepurativo di Foce Verde

Foce Verde, l’accordo fantasma e la toppa del Comune.  Una fetta di tale investimento a sei zeri è stato destinato al potenziamento dell’impianto di depurazione situato a Foce Verde.  Si tratta di un bacino di finissaggio delle acque reflue, sversate nel tratto iniziale del canale Colmata. Un corpo idrico  – inferente nell’idrovora di Capoportiere e che riceve le acque dei fiumi Astura e Rio Martino, nonché del Moscarello e del canale allacciante del lago di Fogliano – che dalle analisi condotte risulta pesantemente inquinato.  Diverse le morie di pesci segnalate negli ultimi anni. La soluzione perseguita è stata quella di deviare lo scarico del depuratore in un ecosistema filtro posto al lato del Canale Mastro Pietro, che decorre parallelamente al Colmata. Creare perciò una zona umida di 9000 mq alle spalle dell’impianto. Complementare a tale bacino è la rete di isolotti flottanti – circa 700 – posizionati lungo il corso del Colmata, aventi anch’essi funzione fitodepurativa.

Planimetria descrittiva del bacino di finissaggio nei pressi del depuratore di Foce Verde

Il complesso dell’opera mira, dunque, ad ottimizzare il ciclo di trattamento del depuratore e porre un freno a continui processi di contaminazione che interessano  il canale. Costo totale – incluso lo step successivo della campagna di monitoraggio – tra il totale degli importi a corpo d’opera e spese tecniche di progettazione: 1 milione e 170 mila euro. Soldi messi a disposizione dal Plus e ricadenti negli obiettivi del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.  Di questi, 187 mila veicolati per il bacino di finissaggio, 373 mila per  gli interventi lungo il Colmata. E nell’ampliamento dell’impianto di depurazione, era previsto un sistema di abbattimento del carico batterico dell’acqua basato sull’azione germicida (senza appunto alcun effetto sulle piante) di un particolare tipo di raggi ultravioletti , gli UVC.

Sistema, confermato nel progetto esecutivo approvato dalla giunta Di Giorgi, che sarebbe dovuto andare a sostituire il trattamento tramite clorazione attualmente utilizzato, ma che non è mai partito. Così come l’attività depurativa dell’ecosistema filtro, che a partite da settembre 2015, data in cui è arrivato il certificato di regolare esecuzione, non ha mai funzionato come previsto: tratta solamente l’acqua del canale e non quella fuoriuscente dal depuratore.

Il tutto accompagnato dal desolante stato in cui versano le piante ad azione fitodepurativa posizionate sui tappetini galleggianti lungo il Colmata: in buona parte divorate dalla fauna acquatica e sommerse da piante infestanti per via della scarsa manutenzione degli argini. Queste criticità sono state sollevate a seguito di un’ispezione avvenuta lo scorso settembre da parte di un team di tecnici inviati dalla Comunità europea e  sono approdate a Piazza del Popolo in commissione Ambiente ad ottobre. Proprio da quel blitz sarebbe scaturito l’ultimatum – fissato dall’Ue per la fine di novembre –  per dare una sterzata al progetto, pena la restituzione del finanziamento.

Le responsabilità dell’impietoso stato dell’arte debbono essere suddivise tra Acqualatina, il Consorzio di Bonifica (competente per quanto riguarda la manutenzione dei canali) e soprattutto il Commissario Barbato, che nel corso del suo mandato si è completamente (o quasi) dimenticato  del progetto della Marina. La determina pubblicata giovedì scorso è indirizzata a mettere una toppa al quadro di desolazione, mettendo la gestione e la manutenzione del bacino di finissaggio e delle isole flottanti nelle mani di Acqualatina. Un affidamento che presenterebbe una sorta di profilo di “ridondanza”. Repetita iuvant, verrebbe da dire. Già perché nell’atto redatto dall’allora dirigente all’ambiente Grazia De Simone era già messo nero su bianco un accordo di programma su chi si sarebbe dovuto occupare dell’esercizio dell’impianto, appunto la stessa società che gestisce il servizio idrico nell’ato4.

Ma, come denunciato in quella famosa seduta della commissione Ambiente, Acqualatina non avrebbe espletato in alcun modo l’incarico affidatogli. Sta di fatto che l’amministrazione ha fatto ricorso all’articolo 10 dello schema di convenzione ed ha reincaricato Acqualatina di affrontare la questione del bacino, le cui spese di gestione per il primo anno saranno però sobbarcate dallo stesso Comune. Cinquantaduemila euro, i soldi pubblici che usciranno dalla casse di Piazza del Popolo. Lo stesso importo di quel contributo per la manutenzione delle scuole, arrivato con due mesi di ritardo e “vittima” di un’accesa diatriba in aula con le forze di opposizione.

Nessuna traccia invece nella determina a firma del nuovo dirigente del settore Ambiente (il comandante della Municipale Francensco Passeretti, fresco di incarico dopo il turn over dirigenziale optato da Coletta) del progetto sulla debatterizzazione.

Il miraggio dell’oasi eco-sostenibile.  Ma quello del laghetto di fitodepurazione a Foceverde con annesso intervento sul canale Colamata non è l’unico progetto targato Life Rewtland che avrebbe dovuto concretizzarsi presso la Marina. Adiacente a via Massaro, sarebbero dovuti nascere tre bacini fitodepurativi a cui avrebbe dovuto fare da contorno un parco lineare, con panchine, pista ciclabile, parcheggio e soprattutto una nobile ricostruzione della vegetazione autoctona.

Area di intervento Parco lineare

Un’operazione a cui i benefici ambientali si sommano quelli di carattere ricreativo, e che richiede un investimento complessivo di 438.240, incamerato direttamente dai fondi del programma Life e sottoscritto nel progetto esecutivo approvato nel 2012. Alla base dell’opera un sistema di pompaggio – unico intervento realizzato – che devia (o almeno dovrebbe) il flusso del canale Colmata in questi laghetti, dove vengono depurate per poi essere immesse nel canale Mastro Pietro. Tale innesto nel ciclo depurativo delle acque reflue implica, oltre un abbattimento nel carico inquinante  che raggiunge il 32%, di regolare il flusso del Mastro Pietro, il quale ha attualmente la sola funzione di irrigazione delle aree in coltivazione, in condizione di emergenza durante la stagione estiva, tramite una messa in comunicazione idraulica con l’Astura; durante la restante parte dell’anno si osserva uno stato di secca o magra connesso direttamente alle precipitazioni incidenti sull’area del fossato.

Un’immagine dei tre bacini depurativi quando erano ancora in attività

Ma a una manutenzione praticamente inesistente che ha reso possibile il proliferare delle erbacce infestanti (le quali riducono fortemente la capacità fitodepurativa degli invasi), si è aggiunto la scorsa primavera un furto dei cavi elettrici del quadro che regolano il funzionamento delle pompe. E da allora il progetto è andato in malora. E se, nel caso si fosse intervenuto in maniera tempestiva,  la situazione si poteva risolvere con poche centinaia di euro, ora che i bacini sono ridotti ad una landa prosciugata ed abbandonata  le somme da sborsare sarebbero molto più significative.  E ovviamente, in un contesto di lassismo generale, del parco lineare non se ne è saputo più nulla.

(I progetti del parco lineare e dei bacini di fitodepurazione. clicca sulla galleria)

Dario Bellini, presidente della commissione Ambiente, caldeggiò l’ipotesi di veicolare nella causa i soldi che l’amministrazione conta di introitare a fronte dell’istanza presentata per l’ottenimento del ristoro nucleare, benefit persi negli anni per superficialità amministrativa. Ma è ancora tutto in fase di studio. E c’è chi come Matteo Coluzzi, consigliere di minoranza che la scorsa estate ha eseguito un sopralluogo nel sito, propone un ulteriore studio di fattibilità in modo da soppesare il rapporto investimento/benefici.

(Dario Bellini e Matteo Coluzzi)

Un’occasione (ad oggi) persa per la Marina. Nel frattempo i quattro interventi pilota Life Rewetland sono entrati in fase “after life”, che comprende il monitoraggio degli effetti dei processi dei depurazione sullo stato ambientale e la diffusione dei risultati. Capitolo dell’operazione legittimato dal Piano di Comunicazione approvato lo scorso febbraio da Barbato con poteri di Giunta.

Ma intento il team Life che supervisiona l’intera quaterna di progetti, ha già pubblicato nel giugno 2015 un report circa l’incidenza degli interventi sulla qualità delle acque. E proprio nella parte riguardante il Colmata e il Mastropietro si legge che “sono state registrate condizioni di forte variabilità della concentrazione di ossigeno disciolto, rilevanti concentrazioni di nitrati e discreti tenori di ammoniaca.” Inoltre, “nelle diverse misure non si sono verificate significative correlazioni tra le misure realizzate in ante operam e quelle realizzate in post operam, mentre altri variano in modo significativo”. Tradotto e semplificato: quel milione e mezzo messo a disposizione per la riqualificazione ambientale dei corpi idrici in questione non ha per ora dato i suoi frutti.

E resta l’incognita su quando questi risultati possano essere finalmente capitalizzati per ridare nuova vita, anche sul fronte della eco-sostenibilità, ad una Marina minacciata sempre di più dall’azione dell’uomo e dall’immobilismo amministrativo.