Diventare genitori dopo un tumore si può, presentati i dati a Sabaudia

07/10/2016 di
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neonato-foto-genericaDiventare genitori dopo un tumore, non un sogno ma una possibilità sempre più concreta. Sono 32 i centri pubblici di oncofertilità in Italia, di cui 4 privati convenzionati, e 26 quelli privati, secondo il censimento condotto dall’Istituto superiore di sanità sui centri di fecondazione assistita di II e III livello che crioconservano gameti/tessuti per preservare la fertilità in pazienti oncologici o a rischio infertilità iatrogena. I dati sono stati presentati a Sabaudia, in occasione della decima edizione delle Giornate di andrologia e medicina della riproduzione. Per il censimento, iniziato a novembre 2013, sono stati contattati 201 centri di Pma di II e III livello, di cui hanno risposto in 70 (34,8%). Di questi sono 66 che effettuano la crioconservazione di gameti o tessuto ovarico per pazienti colpiti da un tumore.

Dei 28 centri pubblici ben 15 si trovano al Nord, mentre 6 sono al Centro e 7 nel Sud Italia. Qui, di contro, i centri privati sono 15, praticamente il doppio, e non c’è nessun centro privato convenzionato. Al Nord le strutture private sono 9 e 3 i centri privati convenzionati, al Centro rispettivamente 2 e 1.

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Rocco Rago

«A prescindere dal numero – afferma Rocco Rago, direttore del Centro di sterilità dell’ospedale romano Sandro Pertini di Roma, commentando i dati del censimento – il nostro Paese ha bisogno di individuare le specifiche competenze e le eccellenze sul territorio per dar vita a una vera e propria rete di centri di oncofertilità, che rispondano a precisi requisiti organizzativi, tecnologici, di qualità e di sicurezza». «Questi Centri – prosegue l’esperto – devono essere situati all’interno di una struttura pubblica, e per quanto concerne il prelievo ovocitario all’interno delle strutture di procreazione medicalmente assistita, dove già operano staff di medici e biologi di comprovata esperienza e specifica competenza».

Per Rago, «occorre avviare un confronto costruttivo tra operatori e istituzioni sanitarie, ma anche facilitare e migliorare il livello di comunicazione e lo scambio di informazioni tra i centri specialistici dislocati sul territorio per permettere agli oncologi di indirizzare i pazienti al centro di oncofertilità a loro più vicino e più indicato per le specifiche esigenze».

Più nello specifico, il futuro dell’oncofertilità femminile poggia sull’«integrazione dei due sistemi di preservazione della fertilità oggi noti – spiega Enrico Vizza, responsabile della Banca del tessuto ovarico dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ifo) di Roma – ovvero la collaudata tecnica di crioconservazione degli ovociti, che apre necessariamente la porta ad una successiva procreazione medicalmente assistita, e la tecnica ancora sperimentale della conservazione del tessuto ovarico nelle donne eleggibili per questo secondo tipo di trattamento. Attualmente, circa il 10% delle donne a cui viene diagnosticato un tumore è in età fertile e in un vicino futuro, grazie all’integrazione delle due tecniche, una percentuale di queste donne, una volta guarita dalla sua neoplasia, potrà tornare a sperare di diventare madre anche attraverso una gravidanza spontanea».