Elezioni a Latina, dietro ai numeri tante sorprese. Ricambio politico? Coletta 81% – Calandrini 73%

08/06/2016 di
coletta-calandrini-765x510

coletta-calandrini-765x510Si è concluso il primo turno della tornata elettorale delle amministrative e a Latina l’egemonia del nucleo politico che ha governato la città negli ultimi venti anni rischia effettivamente di cadere. Il centro-destra, sommando i voti di FdI e Forza Italia (con le relative liste di appoggio), non va oltre il 40% e non ha più la maggioranza. E questo, fondamentalmente, non grazie al PD – il cui candidato Enrico Forte  era dato intorno al 30% dai sondaggi – che evidentemente è stato percepito dall’elettorato come “organico” ai processi decisionali e alle logiche dello status quo.

Una rivoluzione del civismo che porta Damiano Coletta a contendersi il ballottaggio con Nicola Calandrini, già presidente degli ultimi due Consigli Comunali, prima con Zaccheo e poi con Di Giorgi.  Quasi un unicum nella narrazione di queste ultime amministrative, in cui oltre a Latina, solamente a Crotone e Brindisi, tra i capoluoghi, una coalizione di liste civiche è riuscita ad approdare al secondo turno.

Il grado di ricambio politico  che si prospetta risulta tangibile rispetto alla precedente amministrazione, ma non così netto come sembra, se si vanno ad analizzare le preferenze in Consiglio.  E per avere un quadro più completo  delle dinamiche del voto a Latina, è utile fare un confronto con i numeri delle scorse elezioni e dell’assise caduta un anno fa.

Un voto frammentato. Uno dei fattori che ha favorito l’emergere di LBC  –  oltre ovviamente al forfait del M5S che ha veicolato verso il movimento di Coletta quel bacino elettorale più o meno tangente al concetto di “anti-partitocrazia”– è stata la frammentazione del voto. Un primo indizio (anche se pressoché ininfluente in termini di distribuzione delle preferenze) in riferimento alla cause di tale fenomeno, si può ricercare nel numero dei candidati e delle liste:  910 candidati al consiglio suddivisi in 11 coalizioni contro i 788 della tornata del 2011. L’elemento che, però, sembrerebbe aver influito maggiormente in termini di eterogeneità sulla distribuzione del voto, è rappresentato da una maggior “compattazione” delle candidature relative alle cosiddette forze minori. Nel 2011 la fetta maggiore dei consensi andò alle colazioni di centro-destra (59% dei voti) e di centro-sinistra(28%), che si presentarono con dei carrozzoni da sette liste ognuno; furono dieci, invece, le liste che corsero singolarmente e che si spartirono le briciole.

Una situazione differente da quella attuale che ha visto i vari outsider – LBC, Casapound, Movimento 9 Dicembre, MSI e liste in appoggio a Sovrani, Chiarato, Tripodi e Lemma – contendersi un 40% dell’elettorato. E di queste solo il movimento di Danilo Calvani e di Salvatore De Monaco (al quale va dato atto della sua scelta, che gli è costata percentuali da zero virgola) hanno corso come singola lista (LBC e Casapound, seppur in riferimento al medesima compagine, hanno presentato rispettivamente tre e due liste).  Senza ovviamente dimenticare la spaccatura tra FI e FdI, alleati di maggioranza nelle ultime due consiliature, che rischia di tagliare fuori il centro-destra dalle dinamiche decisionali nella prossima assise.

L’elettore pontino è affezionato alla classe politica che ha guidato la città per vent’anni. Una questione di natura fisiologica; quasi mai il cosiddetto “cambiamento” ha carattere di immediatezza, bensì risulta un processo progressivo. Attenzione, quindi, ad utilizzare tale termine con accezione così netta per descrivere il quadro politico delineatosi. Prendendo in esame le preferenze per singoli candidati e stilando una sorta di classifica, si osserva che tra i primi venti non è presente nessun candidato di LBC.  Di questi, ben dodici erano presenti nell’ultimo Consiglio presidiato da Nicola Calandrini.

Al primo posto di tale classifica c’è Giorgio Ialongo di Forza Italia – ex-pialongoresidente della Commissione Sanità e, prima del rimpasto, della Commissione Viabilità  – che porta a casa 1.012 voti. Sempre nei primi venti, i nomi “illustri” dello scorso Consiglio sono quelli di Vincenzo Malvaso (637), Raimondo Tiero (998), Patrizia Fanti (727), Gianluca Di Cocco (696) e Mauro Anzalone (621) e Ivano Di Matteo (574); per il PD troviamo Alessandro Cozzolino (658), Fabrizio Porcari (673), Nicoletta Zuliani (729), Enzo De Amicis (565) e Marco Fioravante (521).

Ma, indipendentemente dal risultato del ballottaggio, solamente Ialongo, Tiero,  Cozzolino e Zuliani hanno la sicurezza di una poltrona; il resto fuori dai giochi, con Di Cocco e Fanti pronti a subentrare in caso di vittoria di Calandrini. Al ridosso dei primi venti si posiziona, invece, Cristina leggioLeggio, capolista della sezione Giovani, che con 513 preferenze  risulta la più votata tra le tre liste di LBC, e che troverà un posto nella prossima assise qualora Coletta esca vincitore dal ballottaggio.

I partiti hanno portato a casa delle percentuali maggiori. Una maggiore tendenza del flusso di voto verso i partiti  è testimoniata dalle percentuali relative alle preferenze delle singole coalizioni.  Quella che ha ottenuto più voti è stata quella di Nicola Calandrini, che con 16.972 voti si è aggiudicata una fetta pari al 25,28% del bacino elettorale; 15.259 consensi sono andati invece alla colazione in appoggio ad Enrico Forte, ottenendo il 22,73% delle preferenze. Si ferma al terzo posto al 17,34% il movimento di Coletta, che porta a casa un bottino di 11.641 consensi, oltre 5.000 in meno rispetto a quelli di Calandrini.

Nel procedere con un’analisi del genere, però, bisogna porre come contrappeso il numero di candidati nella coalizione.  Le liste in appoggio a Calandrini erano ben cinque, nelle quali correvano 160 aspiranti consiglieri. Un numero quasi doppio rispetto a quelli presentati dalle tre liste in appoggio a Forte (96 candidati)  e a Coletta (88). Per avere una stima più veritiera del flusso di voto dovremmo considerare una media voti per candidato. Secondo questo criterio le posizioni del podio si ribaltano: prima risulta essere la coalizione di Forte con un indice pari a 158,94, segue quella di Coletta (132,28), con Calandrini (104,92) in ultima posizione. La lista Calandrini Sindaco si piazza in quinta posizione in un’altra classifica, quella relativa ai voti attribuiti alle singole liste; in settima posizione Meloni-FLI al 6%, la metà delle preferenze ottenute dalla lista PD, che con 8333 voti agguanta il primo posto al 12,41%. Da questo punto di vista, un ottimo risultato anche per Forza Italia, al secondo posto con percentuali oltre il 9%. Solo terza LBC – Coletta Sindaco, ferma all’8%.  Buone anche le cifre della lista Città Forte, in quarta posizione, e della lista Cuori Italiani, sesta al 6,64%.

Il centro-destra formerebbe una maggioranza rappresentativa di un maggior numero di consensi. Ipotizzando una vittoria al ballottaggio di Calandrini, la maggioranza che si formerebbe in Giunta andrebbe a rappresentare 9.099 elettori. Un numero significativamente superiore ai consensi rappresentati  da una Giunta targata LBC, che porterebbe in Consiglio 5656 voti.

enrico-forte-nicola-zingaretti-2016-364x245Centro-sinistra: dalla vittoria in tasca al flop. Sembrava veramente l’anno buono, questo, per il PD che invece anche stavolta deve leccarsi le ferite. Ed è così che il centro-sinistra, che già pregustava una solida maggioranza, è costretto a porsi davanti all’amara realtà:  aver portato a casa una quota di preferenze inferiore a quella del 2011 di tre punti percentuale. Anche la lista politica targata PD è andata al ribasso: sei punti in meno rispetto a quel 18% registrato ai tempi. Difficile dire se la situazione nazionale, con le polemiche montate a causa della “personalizzazione” attuata da Matteo Renzi sul prossimo referendum costituzionale, abbiano generato una sorta di reazione a catena, influendo sull’esito delle amministrative, a Latina così come in altri Comuni. Quello che risulta palese, invece, è il fatto che i cittadini non abbiano premiato l’attività di Enrico Forte in Regione, lui che è vice-presidente della Commissione Ambiente, lavori pubblici, mobilità, politiche della casa e urbanistica, e che è stato vice-presidente dell’Ater nel 2006.

Fcalviorza Italia vacilla, ma non crolla. Il partito coordinato da Giuseppe Di Rubbo a livello provinciale e da Claudio Fazzone sul piano regionale, nonostante la doppia sfiducia rifilata alle ultime due amministrazioni, nonostante gli avvisi di garanzia, i rinvii a giudizio, risulta essere la seconda lista più votata, vantando tra le sue fila il primo consigliere per numero di preferenze (Ialongo), con 6 candidati nella topo 20, utilizzata precedentemente come criterio di  analisi. E anche come coalizione in appoggio ad Alessandro Calvi, le percentuali sono tutt’altro che scoraggianti, rispetto alla situazione che si era prospettata ad inizio campagna elettorale con le frizioni con Enrico Tiero e Calandrini. Una mossa lungimirante da parte di Fazzone, che aveva intuito anzitempo che una destra ancora riunita avrebbe significato offendere l’intelligenza dell’elettorato. Tuttavia, in entrambe le ipotesi di Consiglio possibili, i seggi assegnati agli azzurri saranno solamente due.

Il dogmatismo ideologico pontino aiuta Calandrini.  Se nella capitale i romani – ai quali viene l’orticaria solamente a sentir parlare di Alemanno&soci – hanno declassato FdI a terzo partito, a Latina la compagine capeggiata da Giorgia Meloni tiene ancora botta, e con 4.000 consensi in tasca, si inserisce in una coalizione forte della percentuale maggiore di preferenze. Latina è stata e rimane una città di destra, il che proietta, quasi per inerzia (come il tifoso che sostiene incondizionatamente la propria squadra del cuore), Nicola Calandrini a giocarsi le sue carte a viso aperto nel ballottaggio. Soprattutto se la destra, comprese anche le forze minori, dovesse ricompattarsi.

Un Consiglio più “rosa”.  Aldilà di quale possa essere l’epilogo della corsa alla poltrona di sindaco, sicuramente la prossima assise avrà una quota rosa maggiore rispetto alla precedente, in cui gli unici esponenti del gentil sesso erano Nicoletta Zuliani, Marilena Sovrani e Patrizia Fanti. Nel caso vincesse Calandrini le donne in Consiglio sarebbero 8: Matilde Celentano, Simona Mulè,Teresa de Luca, Patrizia Fanti, , Ludovica Dionigi – per la maggioranza – e Laura Perazzotti, Nicoletta Zuliani, Giovanna Miele per l’opposizione. Nel caso a spuntarla fosse, invece, Coletta la quota aumenterebbe a 12, con 10 donne – Celina Mattei, Loretta Isotton, Valeria Campagna, Cristina Leggio, Maria Grazia Ciolfi, Antonella Di Muro, Chiara Grenga, Laura Perazzotti, Maria Paola Briganti e Luisa Mobili – a comporre la maggioranza.

Grado di ricambio politico: la differenza tra le due ipotesi di consiglio. Andando oltre facili populismi –  le varie estremizzazioni del dibattito che a volte stigmatizzano il fatto di aver già governato come una sorta di peccato originale indelebile ed irreversibile – il  ricambio di una classe politica è (o dovrebbe essere) uno degli elementi cardine delle democrazie occidentali, funzionale a scongiurare uno “stagnamento” del potere.  Con Calandrini vincitore al ballottaggio, il grado di ricambio politico in Consiglio, rispetto alla scorsa amministrazione, si attesterebbe al 73%. Di proporzioni, ovviamente, maggiore è il numero di homines novi che si avrebbe con Coletta sindaco pari a 23, un ricambio dell’81%.  In entrambi i casi, una percentuale importante. Ma in questo senso, i dati andranno comunque aggiornati dopo l’assegnazione degli assessorati, che potrebbe determinare lo scivolamento di alcuni posti.

I delusi e l’astensionismo: un’arma per vincere la partita decisiva. Il primo turno della tornata elettorale a Latina ha fatto registrare un’affluenza del 70%, circa 7.000 mila persone in meno che si sono recate alle urne rispetto al 2011. Colpa sicuramente di una campagna elettorale spesso ornata da toni da Prima Repubblica, a tratti ai limiti della demogogia. I proselitismi dell’anti-politica hanno fatto il resto. Tra gli astenuti c’è sicuramente una fetta di chi di partecipazione alla vita pubblica non ne vuol proprio sapere, ma forse la porzione più ampia è rappresentata dai delusi della “vecchia politica”.E, aldilà delle alleanze e  delle promesse sugli assessorati, il consenso di questi 30.000 potenziali elettori risulterà un fattore determinante. Calandrini, per portare a casa la vittoria, deve far leva sul senso (politico) di appartenenza, che per anni ha permesso alla destra di prendere in mano le redini della politica del capoluogo.

Tuttavia, in città sembra che si respiri un’aria nuova; Damiano Coletta con la sua Latina Bene Comune sta progressivamente facendo breccia nelle passioni politiche dei latinensi. Convincere i delusi è l’elemento che si sovrappone tra il cardiologo e il bottino massimo. Sul piatto ci sono gli assetti decisionali dei prossimi cinque anni. Affinché la conclamata rivoluzione del civismo, per ora, “a metà” , si manifesti nella sua completezza nello scenario politico del capoluogo pontino.