NUCLEARE, GOVERNO INDIVIDUERA’ I NUOVI SITI MA CRESCE IL FRONTE DEL NO
Il via libera al ddl sviluppo riapre di fatto la partita del nucleare in Italia, ma il fronte del no tra le Regioni è ampio e tutto fa presupporre che non sarà partita facile. E se oggi il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha sottolineato che c’è l’ok di molti enti locali ad accogliere centrali sul proprio territorio, diversi governatori sono tornati a dire la loro.
A cominciare da Vasco Errani, che guida l’Emilia Romagna ed è anche presidente della conferenza delle Regioni. «Il governo – dice – ha imboccato una strada sbagliata, procede in modo unilaterale» e il nucleare rischia di essere «un pericoloso passo indietro». Posizione che si inserisce in un confronto al momento piuttosto duro tra esecutivo e conferenza delle Regioni, e il nucleare si avvia a diventare un ulteriore tema da mettere sul tavolo. Dura anche Mercedes Bresso, presidente di una Regione, il Piemonte, che ha ospitato a Trino Vercellese uno degli impianti della prima stagione del nucleare italiano, archiviata dal referendum. «La scelta è sbagliata dal punto di vista strategico, economico e della sicurezza», ha ribadito. Costi e rischi, ha aggiunto, ricadranno sulle generazioni future. Anche Nichi Vendola, governatore pugliese, non ci sta: «Le centrali nucleari sono impianti a rischio. La Puglia vuole continuare a essere la terra delle rinnovabili». Porta chiusa fin d’ora, quindi, a un ipotetico sito.
Resta «contrarissima» anche la Toscana di Claudio Martini, che invita a puntare sulla ricerca sul nucleare di quarta generazione. Tra i contrari si schiera anche Vito De Filippo in Basilicata, che parla di «scelta inopinata e avventurosa dal punto di vista della sicurezza, priva di ogni seria valutazione di fattibilità economica e tecnologica». Nel 2003, a Scanzano Jonico (Matera) fu rivolta popolare contro l’ipotesi, poi ritirata, di realizzare il deposito delle scorie radioattive. Ma il ‘nò non arriva solo da regioni di centrosinistra. La Sardegna di Ugo Cappellacci ha ribadito più volte di non volere impianti («dovrebbero passare suo mio corpo», è arrivato a dire il governatore) e si è candidata a polo delle rinnovabili. Su un altro versante Lombardia e Veneto. Giancarlo Galan aveva già aperto nei mesi scorsi alla possibilità di ospitare in terra veneta un impianto: «Bisogna trovare il posto giusto» aveva detto, indicando come ipotesi Porto Tolle. Possibilista Roberto Formigoni: «Vediamo, valutiamo, verifichiamo» aveva dichiarato. Oggi tra i governatori di centrodestra ha preso la parola Gianni Chiodi: «La scelta di fondo è inevitabile e giusta, ma l’Abruzzo non è idoneo per le sue caratteristiche morfologiche e sismiche a ospitare un sito».
LEGAMBIENTE; DA VENETO A SICILIA, MAPPA CENTRALI. Dal Veneto alla Sicilia, passando per Termoli, Caorso e Montalto di Castro. Legambiente stila una possibile mappa dei luoghi a «rischio» per la costruzione di centrali nucleari dopo che con l’approvazione del Ddl sviluppo si è deciso di rilanciare l’atomo in Italia. Il mensile di Legambiente ‘La nuova ecologià cerca di capire dovrebbero sorgere le nuove centrali attraverso un’inchiesta che indaga nei criteri di localizzazione del governo e pubblica una mappa con i luoghi che potrebbero venire interessati. In Veneto, riferisce il mensile, «la Regione mette a disposizione l’area di Polesine Camerini», e anche «la Sicilia che ha dato la propria disponibilità a ospitare gli impianti nonostante il rischio sismico che interessa l’isola». Tra le località «a rischio centrale» ci sono anche «Termoli, dove si ipotizza da tempo un reattore da 1.000 Mw (Megawatt), e soprattutto le vecchie centrali dismesse, come Caorso o Montalto di Castro, alle quali già pensano Enel ed Edf». In questa occasione, Legambiente rilancia anche la campagna antinucleare: insieme alla rivista, i lettori troveranno in regalo il braccialetto ‘No Nukè. E, un sondaggio in cui emerge che gli italiani favorevoli al nucleare siano «appena il 14% contro un abbondante 80% di quelli che scelgono sole e vento».
FONTANA (SL): «MARRAZZO DICHIARI INDISPONIBILITÀ LAZIO». «Il Ddl sviluppo approvato oggi al Senato che di fatto riapre al nucleare porta indietro il paese al 1987 quando i cittadini italiani scelsero, con un referendum popolare, l’abbandono dell’energia atomica. Si riporta il paese al medioevo nucleare inficiando la volontà popolare». Lo dichiara in una nota Enrico Fontana, Capogruppo di Sinistra e libertà alla Regione Lazio. «Il nucleare è una tecnologia costosa e insicura, che non risolve i problemi energetici del nostro paese, basti pensare che nel mondo la percentuale di energia prodotta dall’uranio è pari al 6,4 per cento – ricorda Fontana – e che ancora oggi ci lascia una pesante eredità irrisolta come quelle scorie delle centrali dismesse». «Il presidente Marrazzo dichiari l’indisponibilità della Regione a qualsiasi procedura che miri all’individuazione nel Lazio di siti per attivazione di centrali nucleari. Questo è il dispositivo della mozione che da tempo ho presentato in Consiglio regionale – dice Fontana – che a questo punto diviene urgente discutere e approvare quanto prima».