Nuovo arresto per Cecchi Gori, tutti i guai dell’imprenditore

26/07/2011 di

Solo pochi giorni fa aveva annunciato il suo ritorno in pista al cinema con Silence, il
nuovo progetto di Martin Scorsese. Ma gli arresti domiciliari per bancarotta
fraudolenta, scattati oggi su disposizione del tribunale di Roma nell’ambito delle
indagini sul fallimento della Finmavi e di altre società del gruppo, sembrano gettare
di nuovo Vittorio Cecchi Gori nel tunnel dei guai che lo hanno visto coinvolto dal
2000 ad oggi, tra celluloide, tv, calcio e politica.

Era il 29 ottobre del 2002 quando, per il fallimento della Fiorentina, a Cecchi Gori
– nato a Firenze il 27 aprile 1942, figlio del produttore Mario – venne notificata
un’ordinanza di custodia cautelare con una accusa analoga, quella di bancarotta
fraudolenta. A novembre del 2006 fu condannato a tre anni, poi condonati per
l’indulto. Annus horribilis il 2006: a ottobre era calato il sipario sul suo impero di
celluloide. Fu il tribunale di Roma a decretare il fallimento della Finmavi, la
‘cassafortè schiacciata da debiti per 600 milioni di euro. Poi Cecchi Gori si presentò
alle elezioni nella circoscrizione Lazio 1 con il Movimento per l’autonomia ma non
viene eletto.

I primi problemi risalgono ad alcuni anni prima, quando uno dei suoi più stretti
collaboratori, Paolo Cardini, e Luigi Barone, amministratore di alcune società del
gruppo, finirono indagati, col mediatore Aldo Ferrari, in un’inchiesta per riciclaggio
di denaro. Allora Cecchi Gori sedeva sui banchi del Senato. Poi vennero le elezioni e
la candidatura in un collegio siciliano con esito negativo. Subito dopo la separazione
dalla moglie Rita Rusic con la richiesta di oltre duemila miliardi di lire da parte di
lei, la complicata vicenda della vendita di Tmc alla Seat, bocciata il 18 gennaio 2001
dall’Autorità per le Tlc, ma soprattutto i guai giudiziari.

Nel luglio del 2001 Cecchi Gori ricevette un avviso di garanzia per concorso in
riciclaggio e nel ciclone, suo malgrado, finì anche la sua compagna di allora Valeria
Marini.

Le disavventure della Fiorentina furono scandite dall’apertura della procedura
fallimentare prima, quindi dall’estenuante tentativo di riequilibrare i conti e i
crediti. Il 27 giugno 2001 il tribunale di Firenze aprì d’ufficio la procedura
fallimentare, successivamente archiviata.

Il 17 gennaio 2002 la procura di Firenze ne chiese il rinvio a giudizio per
appropriazione indebita, falso in bilancio e truffa. Qualche giorno dopo il produttore
disse in tv: «Salvo la Fiorentina e poi la vendo». Il 18 marzo il tribunale civile
dispose l’ispezione giudiziaria che sancì il dissesto finanziario del club e portò
all’amministrazione giudiziaria.
Prima l’ex senatore aveva dovuto sopportare anche il dolore per la morte della madre
e quello per la retrocessione della squadra. Celebre il particolare emerso durante una
perquisizione nel luglio 2001 nella sua casa di Roma, alla presenza della Marini:
venne ritrovata in cassaforte una consistente quantità di cocaina che Cecchi Gori
definì più volte come ‘zafferanò.
Dell’8 luglio 2005 è invece l’incanto della catena di sale cinematografiche. Il
tribunale di Roma mise all’asta le sette sale romane, fra cui la multisala Adriano,
l’Atlantic, il New York, l’Ambassade, il Royal, il Reale e il Volturno, per estinguere
un debito ingente con un istituto di credito.
Il 3 giugno del 2008 fu arrestato per il fallimento della Safin Cinematografica, un
crack da 24 milioni di euro. Il 10 ottobre tornò in libertà: «Sono stato
perseguitato», disse. «Lotterò fino all’ultimo giorno perchè si arrivi alla verità».