Rifiuti, Latina succursale di Roma: la spallata dalla Regione e l’opposizione di facciata

13/01/2017 di

Sembra quasi un triello, uno stallo alla messicana, ma il Biondo, Tuco e Sentenza non c’entrano – ovviamente – nulla. La partita è quella dei rifiuti, lo scenario la provincia di Latina – ma in particolare Borgo Montello – , gli sfidanti il Comune assieme alla Provincia, la Regione e le società interessate. Una partita condotta fino ad ora a colpi di non-decisioni, appunto in un perenne “stallo” che ha, negli anni, per inerzia  amministrativa lasciato carta bianca ai vari gestori, o per meglio dire al groviglio di holding, passati per via Monfalcone.

E tra gli attori citati, come prevedibile, quello che sembrerebbe a intenzionato a sferrare il prossimo colpo – potenzialmente fatale – è la Regione. Ma lo fa girando al largo, con una mossa trasversale. Tre giorni fa infatti, l’assessore regionale all’Ambiente Mauro Buschini si presentato in Commissione con cinque bozze di delibera riguardanti il ciclo integrato dei rifiuti. Tra le carte arrivate sul tavolo dei commissari al ramo spiccano due importanti proposte, che dopo il dibattito in commissione arriveranno in Aula. Quella sull’aggiornamento del Piano Rifiuti, ma soprattutto quella riguardante l’istituzione di un Ambito Unico Regionale per il trattamento dell’indifferenziato.  Proprio quest’ultima rappresenterebbe la chiave di volta in mano all’amministrazione regionale per veicolare i rifiuti di Roma in terra pontina.

L’ariete per scardinare le resistenze su Borgo Montello. “Posso ben immaginare quale sia lo scopo: avendo difficoltà a smaltire i rifiuti di Roma – perché questo alla fine è il problema, è inutile che ci prendiamo in giro – la Regione sta cercando di istituire un Ato unico”. Ne è convinto – chiamato a commentare la vicenda da Latina24ore.it –  Giorgio Libralato, consulente tecnico del comitato dei residenti di Borgo Montello e Borgo Bainsizza, che da anni si districa tra conferenze unificate, relazioni tecniche e atti riguardanti la discarica di Borgo Montello. Epicentro dell’universo rifiuti pontino, nonché seconda discarica del Lazio: il sito di via Mofalcone è un ecomostro – che solo durante la gestione ventennale Ecoambiente-Ind.Eco ha ricevuto il conferimento di oltre 5 milioni di tonnellate di monnezza – attualmente immerso in una situazione di impasse, con gli invasi di discarica saturi, per i quali sarebbe già dovuta iniziare la gestione post mortem, e istanze per le Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) ferme negli uffici regionali dell’Area Ciclo integrato dei rifiuti.  Carte che prospettano la realizzazione di un impianto Tmb, di compostaggio e di un termovalorizzatore con annesse discariche di servizio in sopraelevazione per la frazione residuale. Di Ecoambiente i primi due, di Ind.Eco il progetto dell’inceneritore. Oltre mezzo milione i metri cubi per i due nuovi siti che accoglieranno anche una fetta di rifiuto indifferenziato, in aggiunta agli scarti degli impianti.  Il tutto su un’area il cui inquinamento sia della falda che del fattore aria è stato certificato da Asl, Arpa e Dep, e sulla quale Consiglio Comunale ha posto il veto circa la riapertura, evocando un intervento di bonifica. Un cimitero di rifiuti che però potrebbe trovare, appunto, nuova vita nel disegno della Regione sull’Ato Unico, tramite il vettore degli impianti di trattamento, attuabile sulla scorta delle pressioni dell’Ue sul conferimento del “tal quale” e delle garanzie fornite alla Commissione Europea circa la toppa da piazzare sull’emergenza laziale.

Un libero mercato regionale dell’indifferenziato. “Tonnellate di rifiuti potranno essere conferite in qualsiasi impianto del territorio laziale. Il Comune di Roma potrà così stipulare contratti di servizio anche con società che gestiscono strutture al di fuori dell’attuale Ato della Capitale”. È questa la sostanza del provvedimento – ci spiega Libralato – che ha in mente la giunta regionale. Riorganizzare il ciclo integrato dei rifiuti eliminando la suddivisione in ambiti territoriali provinciali e subprovinciali, per realizzare un grosso ed unico bacino regionale di scambio del rifiuto indifferenziato, che, a differenza di quello differenziato il cui ciclo si chiude nei confini comunali, presenta dei criteri di smistamento per il trattamento molto più versatili.  Basta riprendere i dati snocciolati dal direttore generale di Arpa Lazio, Marco Lupo, lo scorso ottobre durante l’audizione presso la Ecomafie, la commissione d’inchiesta parlamentare sul traffico illecito dei rifiuti. In quell’occasione è emerso che il 70% dei rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento è spedito fuori regione. La necessità di discariche di servizio è sottoscritta anche nel Piano regionale – la delibera 199/2016 –emanata ad aprile. Ed è così che la provincia di Latina – tradotto Borgo Montello, su cui insistono gli unici progetti per impianti di trattamento oltre alla variazione sostanziale per la struttura della Refecta a Cisterna e la discarica ex nova a firma Paguro per il tmb Rida ad Aprilia – si ritroverebbe ad essere sommersa da tonnellate di indifferenziato nonostante il fabbisogno dei comuni pontini sia, quantomeno a livello teorico, ampiamente soddisfatto dall’impiantistica esistente, carente, d’altra parte, dal punto di vista della manutenzione e quindi dell’efficienza di trattamento. Certo, un passo avanti per quanto concerne l’autosufficienza regionale, ma dieci passi indietro sul piano del principio di prossimità del trattamento e dello smaltimento, che con l’Ambito Unico andrebbe praticamente a farsi friggere.

(Le varie voci di fabbisogno della provincia di Latina e l’impiantistica totale di trattamento suddivisa per province; DGR 199/2016 – clicca sulla galleria)

La spallata a Provincia e Comune. Le prime avvisaglie si erano manifestate con l’approvazione del vigente Piano Rifiuti, documento in cui si chiede che lo stesso non venga sottoposto alla procedura di Valutazione Strategica Ambientale (Vas) in quanto rappresenterebbe un “atto privo di effetti localizzativi puntuali sul territorio”, finalizzato “all’ampliamento della capacità di discarica in esercizio ad un orizzonte temporale breve che garantisca la sufficienza regionale fino all’approvazione dei nuovi siti”, in modo da “evitare l’insorgere di situazioni di emergenza”. La cara vecchia emergenza, dunque. Corsia preferenziale per procedure semplificate ed accentranti che vanno di pari passo con una limitazione della concertazione tra le parti. È questa la direzione che assume il provvedimento messo sul tavolo da Buschini. Assottigliare il peso politico di Comune e Provincia nelle conferenze dei servizi indette per le procedure di Valutazione Ambientale Strategica (Vas) e di Valutazione Integrata Ambientale (Via), pareri propedeutici al rilascio dell’Aia da parte del settore Rifiuti dell’ente regionale. Il mirino è infatti posizionato sulla legge regionale 27/1998 che predispone le linee guida e le competenze in materia di rifiuti, e quindi di autorizzazioni di nuovi impianti di trattamento e di discarica. Testo a cui l’assessore della giunta targata Pd vuole metter mano per ridefinire, appunto, la gerarchie decisionali.  “In questo modo la Regione sarà libera di autorizzare gli impianti che vuole. – tuona Libralato – Toglie di mezzo tutte le opposizioni locali. Comuni e Regioni rischiano di non avere più strumenti di legge per dire no ad un impianti e relative discariche di servizio.” Già perché se fino ad oggi – in base appunto alla legge regionale in questione, ma anche all’art.197 del Testo Unico in Materia Ambientale – la Provincia aveva il compito di indicare nel Piano dei rifiuti provinciale le aree idonee e quelle non idonee per ospitare tonnellate di rifiuti, con la nuova ridefinizione delle competenze l’ente di Via Costa rischia di vedersi esautorata di tale delega, o comunque rimaneggiata nel potere decisionale in fase di consultazione. Così come il Comune che attualmente ha la facoltà di mettere dei paletti due aspetti fondamentali, quali il rispetto della normativa urbanistica e la tutela della salute pubblica.

Perimetrazione discarica di Borgo Montello – allegato alla delibera 81/2013

Opposizione sì, ma a mezzo stampa. “La posizione assunta dalla Regione Lazio con la delibera di giunta regionale n.199 spoglia di funzioni la Provincia di Latina, rendendola una succursale delle politiche dell’ente regionale nella gestione dei rifiuti”. Così ha esordito Eleonora Della Penna, presidente della Provincia, durante la seduta dell’8 novembre del consiglio provinciale. Parole poi ribadite nella successiva conferenza stampa di fuoco, riferendosi al tentativo dell’amministrazione regionale di sottrarre il Piano alla procedura di Vas. Un’adunanza consiliare tradotta in una delibera che ne richiedeva l’assoggettabilità a Vas e che richiamava il documento varato proprio da Via Costa la scorsa primavera: l’aggiornamento del Piano rifiuti provinciale. Atto, redatto dal dirigente del settore Ecologia e Ambiente Nicoletta Valle, in cui l’ente disegna una mappatura generale delle aree adatte alla realizzazione di strutture di recupero e smaltimento dell’ indifferenziato, alzando inoltre le barricate sugli ampliamenti proposti nel sito di Borgo Montello, senza però dare una concreta indicazione su dove portare questi rifiuti. Proprio su questo punto, Flaminia Tosini, la dirigente regionale di riferimento, è stata chiara sia in sede di istruttoria che in audizione di fronte la Ecomafie: se le Province, in accordo con le amministrazioni comunali, non danno degli indirizzi precisi, spetta in ultima istanza alla Regione intervenire e prendere tale decisione. E così sta avvenendo con il progetto Ato unico. Neanche il Comune di Latina, dal canto suo, sarebbe esente da colpe: ”Il Comune deve produrre un preciso atto di opposizione, – puntualizza Libralato – un regolamento su quello che si può e quello che non si può realizzare nel territorio comunale e soprattutto in quali aree, sicuramente limiterebbe la possibilità della Regione di avere praticamente carta bianca. Ma soprattutto lo deve motivare, per mettersi al riparo da eventuali ricorsi delle aziende interessate.” La delibera di consiglio comunale dello scorso  8 novembre in cui maggioranza e opposizione hanno votato insieme, non pone alcuna giustificazione normativa concreta, ma semplici indirizzi facilmente impugnabili dalle società interessate.  Un provvedimento puntuale sarebbe ad esempio quello di stilare, appunto, un regolamento con specifici riferimenti: alla normativa urbanistica, quella sui vincoli posti dalle norme di salvaguardia sui terreni adiacenti alla discarica di via Monfalcone che fino ad ora, seppur con una retromarcia dell’ente sulla particella interessata dai progetti degli impianti, hanno rappresentato l’ultimo presidio contro le nuovi autorizzazioni; ma anche in riferimento al vetusto ma sempreverde Testo unico del ‘34, che individua nel sindaco l’autorità responsabile della salute pubblica. Il tutto corredato da un’istanza di assoggettabilità a Vas.

Una prassi consolidata sulla pelle dei residenti. Il problema è che il gioco delle parti sembrerebbe avere proprio questi contorni: un ciclico riproporsi di non-decisioni che in molti casi lascia l’ultima parola al Tar. “Perché la decisione ultima alla fine è del Tar, questo lo abbiamo capito. Sappiamo bene qual è la ‘prassi’.” Il commento di Giorgio Libralato nasconde un velo di amarezza e forse coglie il nocciolo della questione: “Fa comodo a tutti, in primis alla Regione e ai Comuni che si salveranno la faccia, annunciando barricate che poi non si tradurranno in nessun atto amministrativo concreto.  Ma il Tar decide sulla correttezza della procedura adottata per la concessione dell’autorizzazione, non entra nel merito della valutazione sulla necessità e sull’impatto ambientale di un impianto di trattamento rispetto al territorio che lo ospita”.  Lo spettro dell’Ambito Unico è oramai imminente e il monito è indirizzato, in ultima battuta, agli esponenti pontini alla Pisana: “Se, dico a caso, personaggi come Enrico Forte e Pino Simeone vogliono dire no ai rifiuti di Roma in Provincia di Latina, devono farlo in questo passaggio, non votando la delibera quando giungerà in Consiglio Regionale. Dire no in seguito sarebbe inutile, il classico gioco delle parti.” Al netto dei fatti, resta l’annosa questione che, sia in caso di immobilismo amministrativo – il già citato stallo messicano – che di fuochi incrociati, ed è proprio il caso di Borgo Montello, coloro che alla fine pagheranno lo scotto saranno gli stessi che si portano dietro decenni di vessazioni: i residenti.