Borgo Montello, il cavallo di Troia per tonnellate di rifiuti e il poker calato sul sito

02/12/2016 di
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La partita sui rifiuti in scena a Latina si appresta ad entrare in una fase decisiva. Da un lato la questione Latina Ambiente, la partecipata del Comune che sta vivendo queste ore nell’ombra del fallimento. Dall’altro l’infinito melodramma della discarica di Borgo Montello, sulla cui riapertura, lo scorso 11 novembre, è stato posto il veto dal Consiglio Comunale tramite una mozione presentata dalle opposizioni – ma sottoscritta dall’intera maggioranza – votata all’unanimità. Un atto di forza, quest’ultimo, indirizzato alla Regione e con un duplice bersaglio. In primis le istanze di Via per il rinnovo dell’Aia presentate dai due gestori della discarica a maggio 2015, alla base di una richiesta di aumento delle volumetrie per quasi 600.000 mc., volte a ridare vita a un sito, quello di Borgo Montello, attualmente chiuso, dal momento l’invaso S8 di Ind.Eco è stato sequestrato a gennaio mentre le volumetrie a disposizione di Ecoambiente sono terminate lo scorso ottobre (ndr. Le Aia delle società sono di conseguenza scadute, e pertanto dovrebbero procedere con la gestione post-mortem). In secondo luogo l’iper-criticata delibera 199, con cui dalla Pisana intenderebbero istituire un ambito territoriale unico regionale che permettere di by-passare le procedure di Vas e Via nella realizzazione di nuovi siti e impianti di trattamento rifiuti;  scelta a fronte della quale si è assistito ad una levata di scudi da parte della Provincia.

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Ma c’è un aspetto – sottolineato anche da Enrico Forte – su cui l’assise non ha preso una posizione netta: quello del famigerato complesso impiantistico integrato proposto da Ecoambiente, autorizzato dalla Regione ben sette anni fa ma non ancora realizzato. Uno “specchietto per le allodole”, lo definì tempo fa Giorgio Libralato, consulente tecnico dei residenti di Borgo Montello e Borgo Bainsizza. Una questione in cui si intrecciano più filoni. Dagli interessi privati che rimandano a una filiera monopolistica – quella dei rifiuti – passando per un accomodantismo amministrativo – di Regione e Comune -, elementi che hanno contribuito a tratteggiare un quadro a tinte fosche.

Il maxi-progetto: Ecoambiente torna alla carica.  L’autorizzazione alla realizzazione del complesso arrivò con la famosa determinazione del 13 agosto 2009, grazie alla quale la Direzione Territorio della regione Lazio, su proposta dell’Area Rifiuti dell’allora Direzione “Energia e Rifiuti”, firmò il rinnovo dell’Aia rilasciata due anni prima per la gestione degli invasi di Borgo Montello.  Il progetto – redatto dall’ingegnere Gian Mario Baruchello, personaggio che troviamo sia nella commissione valutatrice delle offerte per la costituzione di LatinaAmbiente sia nel cda della stessa società – prevede un impianto di TMB e uno di compostaggio. Il primo, con una capacità di 500 tonnellate al giorno – pari a 180.000 tonnellate annue – dovrebbe trattare rifiuti urbani indifferenziati e rifiuti speciali non pericolosi,  e convertirli in CDR (combustibile derivato da rifiuti) e Fos (frazione organica stabilizzata, compost fuori specifica prodotto dalla degradazione dei rifiuti solidi urbani). Un processo in cui gli scarti e perdite di processo rappresentano il 49% della resa. Per quanto riguarda invece l’impianto di compostaggio, la capacità di trattamento è stimata sulle 30.000 tonnellate l’anno, e dovrebbe accogliere scarti della frazione organica da trasformare, mediante ossidazione ed umidificazione, in compost di qualità; anche in questo caso il rapporto resa effettiva/perdite è praticamente uno a uno.  Parte integrante e fondamentale del disegno di Ecoambiente è la discarica di servizio deputata al conferimento dei consistenti scarti di entrambi gli impianti e che dovrà sorgere sopra il “nuovo e distinto invaso” denominato anche lotto B.

L'area su cui dovrebbe sorgere il complesso impiantistico

L’area su cui dovrebbe sorgere il complesso impiantistico

Un progetto – a fronte dell’impasse che blocca l’inizio dei lavori – riproposto nell’istanza di Via presentata a maggio 2015 e che ha visto un parziale dietrofront della società durante l’istruttoria pubblica al fine del rilascio del rinnovo dell’Aia ottenuto dalla Regione poco più di due mesi prima, utile a tirare avanti fino all’esaurimento dei volumi in concessione su cui abbancare rifiuti. Con l’ultima procedura avviata, e su cui si è aperta una nuova Conferenza dei Servizi, Ecoambiente è tornata alla carica. Sono 425.000 i metri cubi in più richiesti e dovrebbero nascere dalla sopraelevazione dell’invaso già saturo. Un nuovo sito, dunque, in cui – come si legge nella relazione allegata all’istanza – dovrà accettare residui di lavorazione degli impianti di trattamento da realizzare, “le stesse tipologie di rifiuti autorizzate con AIA B3693 (ndr.l’autorizzazione del 2009), prodotte dal bacino territoriale a cui l’invaso è asservito”. Tradotto, altro indifferenziato che va ad aggiungersi a quel cimitero di rifiuti che è oramai l’area situata tra Via Monfalcone e Colle del Pero.

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La planimetria del progetto di sopraelevazione del “Nuovo e Distinto Invaso” di Ecoambiente

Una gara in casa. La maxi-struttura,  in quanto di interesse pubblico, è da realizzarsi mediante un’operazione di project financing, quindi utilizzando capitali messi a disposizione da privati, i quali nel tempo recupererebbero l’investimento mediante la riscossione di una tariffa dal Comune. Quindi, la scelta della società partner dell’operazione è da conseguirsi tramite una procedura ad evidenza pubblica. Nel luglio 2012 viene perciò promosso un bando riguardante l’affidamento in concessione per la progettazione esecutiva,realizzazione e gestione degli impianti. Una gara, bandita dalla stessa Ecoambiente, per un progetto da 35 milioni di euro. Curiosamente l’unico soggetto a partecipare alla gara –  che è stata poi inevitabilmente aggiudicata alla stesso – è stata l’associazione temporanea d’impresa costituita dalla Daneco dei fratelli Colucci e dalla Sorain Cecchini, riconducibile al re dei rifiuti laziale Manlio Cerroni. Colucci e Cerroni: personaggi che controllano rispettivamente il 25% e il 49% delle quote azionarie di Ecoambiente, partecipata dalla parte pubblica per la restante. I primi tramite la Unendo, che detiene anche il 49% di Latina Ambiente, e il secondo attraverso la Eco Latina Impianti. Quella che appare come una gara autoassegnata (sicuramente espletata tra le quattro mura dell’universo societario Ecoambiente), in cui la stazione appaltante parrebbe la stessa di quella appaltatrice, formalmente non lo è visto che si tratta di soggetti giuridici diversi. Una condizione che è quasi prassi nel mondo dei rifiuti, dove a spartirsi la “monnezza”  troviamo spesso e volentieri gli stessi personaggi.

Il doppio binario Regione-Ue: il giallo sul fabbisogno e il cavallo di Troia del Tmb. L’autorizzazione per il complesso impiantistico rilasciata dalla Regione nel 2009 – all’epoca della gestione commissariale di Esterino Montino – era figlia delle direttiva europea 2008/98, indirizzo che va a regolamentare la gerarchia della gestione dei rifiuti, ponendo il trattamento del rifiuto indifferenziato in un rapporto di precedenza rispetto al conferimento in discarica, cioè quello che dovrebbe essere l’ultimo step della filiera, la soluzione estrema.  La Regione cercò di correre ai ripari e – in virtù delle competenze conferitegli dal decreto Matteoli del 2006 circa gli impianti per l’eliminazione di rifiuti non pericolosi con capacità superiore alle 50 tonnellate/giorno – approvò il progetto in coerenza con la programmazione in materia di rifiuti.  Cinque anni dopo – nell’ottobre del 2014 – ci pensò l’UE a porre un altro macigno sulla vicenda Tmb, concludendo con una condanna la procedura di infrazione aperta nei confronti del sito di Borgo Montello (ma anche di Malagrotta) per il conferimento in discarica del “tal quale”, in violazione della diretta comunitaria 1999/31 varata Commissione Europea. Una sentenza che mette in luce anni di gestione scellerata della discarica, dove per anni sono stati interrati rifiuti, anche di derivazione industriale, senza un preliminare trattamento chimico, fisico o biologico volto a limitare i processi degradativi dell’indifferenziato alla base della formazione del percolato, il quale,  se non contenuto e  captato a dovere – proprio come è successo a Borgo Montello – va ad inquinare le acque sottostanti. Nel parere dell’allora commissario europeo all’Ambiente Janez Potocnik si rilevava un deficit nella capacità di trattamento meccanico biologico pari a 120.000 tonnellate nella provincia di Latina. Ma se si dà uno sguardo al Piano Rifiuti varato dalla giunta Zingaretti lo scorso aprile (appunto la deliberazione n.199 contestata dal consiglio provinciale pontino) si scopre che i conti non tornano.

(Proiezione 2016-2020 delle varie voci di fabbisogno      –                       Piano Regionale Rifiuti 2016. clicca sulla galleria)

Il fabbisogno di trattamento rifiuti per la provincia pontina è stimato sulle 133.250 tonnellate annuali (dato 2016). Alle porte di Aprilia, a soli 13 km,  dal sito di Borgo Montello è situato il Tmb di Rida Ambiente che presenta una capacità di 400.000 tonnellate, ma che attualmente è in funzione sottoposto ad un regime dimezzato. Poi c’è il tritovagliatore di Castelforte. con una capacità annua di 60 tonnellate. E non bisogna dimenticare l’impianto di compostaggio della Kyklos a 5 km dalla discarica in cui le tonnellate ad essere accettate sono 60.000, alle quali ne vanno aggiunte altrettante previste dall’ampliamento in programma. Insomma, per quanto concerne il soddisfacimento del fabbisogno di trattamento derivante dalla propria produzione di rifiuti, la provincia di Latina risulta ampiamente coperta. Motivi per condurre in porto il progetto del complesso impiantistico di Ecoambiente, prendendo in considerazione tale parametro, non se vedono. La soluzione del rebus è in realtà contenuta nella stessa delibera in due punti chiave: la necessità di nuove discariche di servizio – necessita manifestata pubblicamente dallo stesso Zingaretti anche se poi ha provato a correggere il tiro – e  la volontà di creare un ambito regionale unico. Una soluzione, quest’ultima, che darebbe il via libera alla delocalizzazione in terra pontina di una bella fetta dei rifiuti della capitale, la cui area metropolitana versa in una preoccupante crisi dopo la chiusura di Malagrotta. E quello del Tmb potrebbe essere un apripista per scardinare le resistenze che alla realizzazione del nuovo invaso sulle ceneri del lotto B, avendo tra l’altro come parafulmine la sentenza della Corte di Giustizia Europea. Come si dice, due piccioni con una fava.

(Impiantistica e relativa capacità di trattamento                                      per tmb e compostaggio nel Lazio – Piano Regionale                               Rifiuti 2016. clicca sulla galleria)

La bomba ecologica del sito e le prescrizioni sulle bonifiche. Uno degli adempimenti a cui le due società che gestiscono la discarica avrebbero – il condizionale è d’obbligo – dovuto far fronte, oltre alla corresponsione dei benefit ambientali e l’accantonamento di somme per il post-portem, è quello di realizzare un piano monitoraggio dello stato delle acque e del suolo, nonché una vero e propria azione di bonifica degli invasi già dismessi. Gli scandali delle mancate bonifiche hanno travolto – con tanti di arresti e processi avviati – sia la Green Holding a cui fa capo la Ind.Eco sia il gruppo Cerroni.  Inchieste in cui si è arrivato a parlare di monitoraggi truccati, di impermeabilizzazioni alla bene e meglio e di un inquinamento consapevole ma “secretato”. Risultato: acque sotterranee pesantemente contaminate con idrocarburi e metalli pesanti con valori sovrasoglia dalle dieci alle venti volte superiori alla concentrazione limite.  Un inquinamento già accertato nel 2005. Confermato nel 2013 dagli ultimi risultati pubblicati. Ribadito dal responsabile provinciale durante l’ultima audizione di fronte commissione bicamerale sulle Ecomafie, quando è stato “ufficialmente” ammesso dalla stessa agenzia regionale, dopo anni di tentennamenti , il nesso causale con le infiltrazioni di percolato dagli invasi della discarica.

 Concentrazioni di arsenico in microgrammi/litro rinvenute nella rete piezometrica interna ed esterna alla discarica di Borgo Montello durante il periodo di monitoraggio 2012-2013 (ARPA Lazio,2013). CSC: concentrazione soglia; C Max: concentrazione massima; C media: concentrazione media

Concentrazioni di arsenico in microgrammi/litro rinvenute nella rete piezometrica interna ed esterna alla discarica di Borgo Montello durante il periodo di monitoraggio 2012-2013 (ARPA Lazio,2013). CSC: concentrazione soglia; C Max: concentrazione massima; C media: concentrazione media

Così come è stata rilevata nell’area di Borgo Montello – mediante uno studio condotto dal Dipartimento di Epidemiologia del Lazio e pubblicato sulla rivista tematica edita dall’Università di Oxford – un’associazione significativa tra esposizione ad acido solfidrico (quella “puzza” che si avverte nella zona) e un eccesso nei tassi di ospedalizzazione e di mortalità per patologie respiratorie.  Ci sono, tra l’altro,  diversi interrogativi sulle ultime procedure adottate dalla Ecoambiente, definite all’”acqua ossigenata” dal comitato dei cittadini di Borgo Montello.

Una bonifica  partita a marzo 2015 ed eseguita tramite immissione in falda del percarbonato di sodio, processo che aziona un’ossidazione chimica in situ volta a neutralizzare gli inquinanti.  Operazione che forse sarebbe più chiamare “contenimento dell’inquinamento” , dal momento che non vi è una ripulitura e re -immissione delle acque sotterranee tramite strumentazioni di superficie (procedura detta pump&treat). A tal proposito, dubbi sulla scelta adottata sono arrivati anche dal dirigente dell’Ecologia e Ambiente della Provincia, Nicoletta Valle. Ad ogni modo, l’attivazione di interventi volti alla bonifica del suolo presente a livello delle vasche era una prescrizione basilare inserita negli aggiornamenti delle Aia di Ecoambiente ed è prerogativa fondamentale per il rilascio della nuova autorizzazione. Condizione avanzata anche a corredo delle prime osservazioni giunte sul tavolo dell’area regionale Rifiuti durante queste prime battute della Conferenza dei Servizi. Proprio la Provincia – che in questo tipo di procedimento ha competenza sulla valutazioni delle emissioni in atmosfera e in corpo idrico -ha rievocato tale stato di inadempienza, asserendo che la situazione degli interventi di bonifica contrasta completamente con le condizioni poste dallo stesso ente, dal Comune di Latina, da Arpa Lazio rispetto all’effettiva e completa esecuzione. E aggiunge che il quadro richiederebbe una considerazione degli effetti cumulativi sulle varie matrici ambientali, in particolare rispetto alle emissioni odorigene, la costante puzza che si respira in prossimità del sito. Ma in fondo alla questione pesano la sentenza di Marco Lupo, dirigente della sezione provinciale dell’Arpa, proferita lo scorso ottobre in commissione Ecomafie. Borgo Montello va definitivamente chiusa.

L’ultimo presidio contro il Tmb e la tarantella del Comune: perché non è stato ancora realizzato.  Una domanda sorge però spontanea: per quale motivo un impianto autorizzato nel 2009 non è stato ancora messo in piedi? Nonostante il conclamato stato di inquinamento della matrice aria e suolo, la causa dell’impasse sull’inizio dei lavori non è di natura ambientale, ma urbanistica. E la scia delle porta dritto a Piazza del Popolo. Bisogna andare in dietro nel tempo fino a dicembre 2012, sotto la consiliatura Di Giorgi.

Il Consiglio approva una delibera per procedere alla perimetrazione dell’area della discarica. I terreni circostanti sono indicate nel Prg con una destinazione rurale-agricola (zona H). E questo è anche il motivo per cui le proprietà attorno al sito abbiano visto negli anni crollare il loro valore. Tuttavia con tale atto – celebrato in pompa da Fabio Cirilli, l’allora assessore all’Ambiente nonché vicesindaco – si andavano a porre dei vincoli proprio su tali aree , al fine di bloccare l’espansione futura della discarica e al contempo realizzare delle opere di urbanizzazione.  L’amministrazione si impegnava dunque a concertare con i residenti una forma di compensazione, in virtù di una variante di delocalizzazione per trasferire quella ventina di famiglie su cui gravano anni di servitù. Succede però che nella superficie sottoposta a vincolo ricade anche la particella 56 del foglio 15, su cui dovrebbe sorgere il complesso integrato Ecoambiente. Poco male perché appena un anno dato l’assise corre in soccorso della propria partecipata e – con la famosa delibera n.81/2013 – approva a maggioranza la riduzione dei vincoli, spostando tali limitazioni all’utilizzo della superficie nella particella adiacente, la 55. Tutto facile, con l’opposizione inerme tra assenze e astensioni.

Perimetrazione discarica di Borgo Montello - allegato alla delibera 81/2013

Perimetrazione discarica di Borgo Montello – allegato alla delibera 81/2013

Un provvedimento impugnato dal comitato dei residenti. Contrarietà con gli atti precedenti, difetto di istruttoria e ed erroneità dei presupposti: sono alcuni degli elementi contestati. Sta di fatto che da allora l’iter di approvazione di tale variante urbanistica non è ancora completato e i vincoli imposti bloccano la costruzione della struttura impiantistica. Il Comune, a maggio del 2014, ha inviato alla Direzione Regionale Urbanistica la proposta di variante alle norme tecniche di attuazione del Prg per quel fazzoletto di terra. Un mese dopo il Comitato Regionale per il Territorio (CRpT), sulla base della relazione istruttoria fornita dall’Area Urbanistica e Copianificazione Comunale, ha espresso parere positivo. A quel punto il Comune avrebbe dovuto valutare la variante così come approvata dal CRpt per poi ritrasmetterla alla Giunta Regionale, la quale avrebbe avuto l’ultima parola. Ma quell’atto non partirà mai dalle stanze di Piazze Popolo, e questo spiega perché ancora oggi è tutto fermo.

L’ente comunale, inoltre, ha espresso ancora parere negativo sulla nuova autorizzazione chiesta da Ecoambiente, proprio perché non è ancora vigente la fascia di rispetto prevista dalle norme di salvaguardia messe nero su bianco quattro anni fa.  La Regione in questo non senso non intende fare sconti, e la nuova amministrazione Coletta ha l’occasione per prendere posizione sulla vicenda: rispettare l’impronta di quella mano tesa ad Ecoambiente con la riduzione del vincolo, quindi automaticamente dare il via libera alla Regione( il che significherebbe mostrare il semaforo verde per la realizzazione del complesso impiantistico);  oppure, per quanto concerne le proprie competenze in materia urbanistica, porre il veto sull’intera operazione e tendere invece la mano – sarebbe la prima volta – ai residenti di Borgo Montello.

Chi ha votato a favore dei vincoli: la delibera 81/2013

Chi ha votato a favore della riduzione dei vincoli: la delibera 81/2013

Il poker per portare a casa il piatto. La particella 56 è scampata al recente maxi-sequestro che ha coinvolto la galassia societaria di Giovanni De Pierro. Gli uomini del Gico hanno infatti posto i sigilli anche ad alcuni terreni della discarica di proprietà della Ecomont, società attualmente in liquidazione che gestiva la discarica prima del 1997 l’intera discarica e che è responsabile di buona parte dell’inquinamento registrato nelle falda sottostante il sito, a causa di anni di sversamento incontrollato. Alcuni pezzi di terra  vennero venduti al gruppo Grossi che controlla la Ind.Eco, mentre con la Ecoambiente venne stipulato un contratto d’affitto. Sono dunque le superfici affittate alla partecipata del Comune ad essere finite nel mirino della Guardia di Finanza. L’appezzamento su cui dovrebbe sorgere il complesso Tmb+compost non risulta essere controllato dalla curatela dell’imprenditore napoletano, bensì intestato alla Eco Latina Impianti che, come già detto, fa capo a Manlio Cerroni e con cui controlla la Ecombiente nel partecipogramma societario. Un investimento sui terreni a destinazione agricola circostanti la discarica che col tempo si è rivelato curiosamente lungimirante.

Così come è accaduto ad Ind.eco, che nel 2008 acquista degli ettari da Antonio Schiavone, fratello di Francesco, detto Sandokan, storico boss dei Casalesi, e cugino del pentito Carmine, colui che definì Latina “provincia di Casale” e che ha rivelato la presenza di fusti tossici a Borgo Montello.  Schiavone che ne aveva acquisito la proprietà nel 1989, stesso anno in cui la Ecomont iniziò a sversare rifiuti nel sito.

E proprio su quella superficie acquistata da Ind.eco è prevista la realizzazione dell’inceneritore per il quale la società ha inoltrato l’istanza in Regione, un progetto riproposto nel 2014 e sul quale si attende la decisione dell’area regionale Rifiuti circa l’assoggettabilità a Via.  Il progetto dei gestori sembra chiaro: una premiata ditta per creare una vera e propria doppia filiera in situ.

Da un lato produrre biomasse, quindi CDR (combustibile derivato da rifiuti), tramite l’impianto Tmb Ecoambiente, per poi bruciarle grazie al termovalorizzatore Ind.Eco. Dall’altro estrarre biogas, il cui potenziamento della struttura di Ind.Eco è stata appena autorizzata dalla Provincia nel silenzio collettivo, e integrarlo nei processi con l’impianto di compostaggio Ecoambiente. Un prospetto che sarebbe in teoria corroborato dalla sentenza Ue sul “tal quale” e dal decreto “Sblocca inceneritori” varato dal governo Renzi lo scorso ottobre. Come dire, nel frattempo (?) che si prova ad implementare la raccolta differenziata come da anni la Commissione Europea ci chiede, mettiamo una bella toppa su quella landa nauseabonda di Borgo Montello per diminuire il conferimento in discarica. E – visto che ci siamo –  realizziamo degli invasi di servizio. Una storia senza per un ecomostro su cui, almeno ufficiosamente, le parti pubbliche in cuasa dichiarano di voler mettere la parola fine, ma che, ancora una volta, rischia di rappresentare una pesante tegola sul capoluogo pontino.