Calcio, lo sport che diventa motivo di scontro

16/02/2015 di
607

607Nove tifosi arrestati. Tra questi i capi ultras di una e l’altra squadra. Una sorta di conto regolato, un pareggio che nulla ha a che fare col risultato calcistico che, sappiamo, ha visto vincere il Latina per due reti a zero contro il Pescara. Una partita brillante quella dei pontini che non hanno dato sfogo alle qualità tecniche degli abruzzesi. Una partita che, giocata così, non si vedeva da tanto tempo. Troppo. Ma possiamo ancora parlare di calcio quando veniamo a conoscenza di una serie di scontri tra tifosi che col campo di gioco non c’entrano niente, col regolamento dello sport italiano più seguito non c’entrano niente e con le persone che vanno allo stadio per godere della manifestazione non c’entrano niente? È difficile farlo. Ma qui si lavora per raccontare. È il mestiere del giornalista, quello che, se gli va bene, ha scelto per la vita di narrare i fatti così come accadono e che, a volte, ha pure l’onore di dire esattamente cosa pensa, quando pensa e come pensa. Un essere umano come tutti, insomma, che troppe volte viene preso a secchiate perché non ha scritto quello che alcuni volevano leggere, quello che altri avrebbero voluto non leggere, quello che altri ancora non avrebbero voluto e basta.

Dunque gli arrestati, nove. Di questi, sette sono pontini. Si sale per una scala d’età: c’è il diciannovenne, il trentenne, il quarantenne e il cinquantenne. Secondo la ricostruzione i tifosi abruzzesi hanno aggredito i pontini, i quali hanno reagito. Una rissa che poteva avere conseguenze ben peggiori.

Alla fine di tutto ogni parola può risultare sconveniente. Come quando si abusa del termine “padre di famiglia” come se questo fosse una difesa da avvocatura, una differenza che con l’avanzare dello stato culturale non varia secondo l’età, una giustificazione per non essere incolpati di un fatto registrato dalle telecamere di servizio. Noi umani abbiamo il diritto di sbagliare. Ma per quanto ne sappiamo la tecnologia no, non sbaglia. E se lo fa non è un proposito. Quando i binocoli elettronici dicono che uno ha menato all’altro, quando dicono che il fatto c’è stato eccome, con chi vogliamo prendercela? Ci sarebbero i giornalisti, come detto, che scrivono di quello che non vorrebbero leggere. Ci sarebbero i poliziotti, da sempre protagonisti dei cori ultras come soggetti da scorticare, eliminare. Addirittura ammazzare. No, ci dispiace per tutto questo. Raccontiamocene altre, se vogliamo. Ma queste no.

  1. …la prego, con la stessa passione giornalistica con cui sta difendendo la categoria, di fare allo stesso modo una ricerca “spasmodica” “appassionata” e “coraggiosa” e di pubblicare FOTO e NOME di quel misero uomo che ha violentato quella ragazzina al Nicolosi. Insista ….solleciti l’ autorità giudiziaria e pubblichi tutto ……applichi lo stesso metro con cui sono stati trattati i tifosi del Latina. Grazie attendo

  2. scusate ma la cronaca non dovrebbe anche registrare che ieri sono stati rimandati a casa e che oggi c’è il processo e che una volta fatto il processo poi si potrà dire davvero cosa hanno fatto? su questo non ho letto nulla…

  3. oltretutto scusate ma leggendo quello che dice il garante per la protezione dei dati personali, “le foto segnaletiche di arrestati e indagati anche se esposte nel corso di conferenze stampa tenute dalle forze dell’ordine o comunque lecitamente acquisite, non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle specifiche finalita per le quali sono state originariamente raccolte ( accertamento , prevenzione e repressione dei reati).
    inoltre anche nell’ipotesi di evidente e indiscutibile ‘necessità di giustizia o polizia’ alla diffusione di queste immagini, ‘il diritto alla riservatezza e alla tutela della dignità personale va sempre tenuto nella massima considerazione’.”
    Ora mi spiegate come mai quelle foto sono state pubblicate cinque minuti dopo l’arresto? In attesa del processo.
    C’è qualcosa che non so o non capisco? In caso,senza ironia, mi scuso e imparo.

  4. Facciamo un po’ di chiarezza. Il nome del presunto stupratore non è stato pubblicato perché, essendo amico di famiglia della vittima, la ragazza sarebbe stata facilmente riconoscibile. Esiste una norma deontologica (carta di Treviso) che OBBLIGA il giornalista a tutelare l’anonimato della vittima, esattamente come in questo caso. Il resto sono chiacchiere e ignoranza.