La Germania ha deciso: “Addio al nucleare entro il 2022”

06/06/2011 di

È ufficiale: il governo di coalizione tedesco (Cdu-Csu,Fdp) ha approvato l’atteso progetto di legge che prevede, come promesso dalla cancelliera Angela Merkel (Cdu), il completo abbandono dell’energia nucleare fra soli 11 anni, nel 2022. La decisione, presa oggi durante un consiglio dei ministri straordinario, segna una svolta nella politica energetica della Germania guidata dalla Merkel e – di fatto – riporta il paese alla scelta fatta nel 2001, quando l’allora governo di centrosinistra guidato da Gerhard Schroeder (Spd) aveva deciso di spegnere i reattori appunto entro il 2022. Il progetto di legge dovrà passare adesso al Bundestag, la Camera bassa del Parlamento, dove la maggioranza si aspetta un via libera il prossimo otto luglio. La Merkel, infatti, punta su un’approvazione in tempi rapidi del nuovo corso dopo il disastro di Fukushima, che ha riacceso la polemica sul nucleare nel paese, costringendo la leader conservatrice a rivedere una legge approvata solo lo scorso anno, che allungava la vita delle centrali. Secondo il progetto, le centrali nucleari tedesche verranno chiuse gradualmente. Attualmente, sono attive solo 9 su 17 poichè sette – le più vecchie – sono state chiuse dopo la moratoria seguita all’incidente giapponese e non verranno più ricollegate alla rete, mentre un’ottava è ferma dal 2009 per problemi tecnici. Il destino delle restanti nove è già segnato: le prime tre verranno chiuse nel 2015, nel 2017 e nel 2019, altre tre nel 2021 e le ultime tre nel 2022. Il piano, che prevede l’abbandono accelerato dell’energia nucleare rispetto ai tempi stabiliti l’anno scorso (un allungamento della vita degli impianti di una media di 12 anni, fino al 2035) e il rafforzamento delle fonti di energia rinnovabile, è una «pietra miliare» nella politica energetica del paese e segna l’avvio di un progetto «socialmente pionieristico», ha commentato il ministro dell’Ambiente, Norbert Roettgen. La Germania, quindi, punta tutto sulle rinnovabili. Entro il 2020, il governo conta di arrivare a una quota del 35% di elettricità verde, pari al doppio rispetto a oggi. Ma questo è solo un obiettivo minimo, ha sottolineato il ministro, che potrebbe anche essere superato. Ma questa svolta peserà molto sulle casse del paese: secondo alcuni esperti il costo di un’uscita anticipata dal nucleare sarà tra 90 e 200 miliardi di euro, ripartiti tra i contribuenti, i consumatori, ed i produttori di energia.