TERREMOTO: TENSIONE E TAFFERUGLI A MARCIA A ROMA

07/07/2010 di

«L’Aquila è un malato grave, voi staccate l’ossigeno». È riassunta su uno striscione sfilato lungo le vie del centro di Roma la rabbia del ‘Popolo delle carriolè: è necessario «arrivare ai palazzi in cui si decide il futuro», è il mantra pronunciato all’arrivo in Piazza Venezia. L’intenzione dei cinquemila aquilani era fermarsi prima a Montecitorio, poi in piazza Navona, a due passi dal Senato. Sono tornati indietro, dopo aver fronteggiato un gran schieramento di forze dell’ordine, con due feriti e tanta frustrazione per aver ottenuto «botte e solo un contentino», come hanno commentato alcuni. In serata il governo ha comunicato l’accordo sulla dilazione delle tasse: «il recupero dei tributi e dei contributi non versati per effetto della sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell’Aquila nell’aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011». Mentre il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, vuole di più: si è detto pronto a una «tassa di scopo» contestuale alla manovra sui conti pubblici. Gli aquilani, infatti, spostano l’asticella più in alto, non basta il rinvio per il pagamento delle tasse, «quello che serve all’Aquila sono case, mezzi pubblici, lavoro», scandiscono. Per questo è montata l’irritazione della folla quando nella tarda mattinata si è diffusa nel corteo la voce che i mezzi d’informazione stavano dando più spazio ai tafferugli che non alle loro richieste. I momenti di tensione sono stati ripetuti. Per questo il ministro Maroni ha garantito che accerterà «perchè questa manifestazione non si è svolta in maniera pacifica». E la questura di Roma spiega i disordini con la presenza di «appartenenti all’area antagonista e di rappresentanti di centri sociali di Roma e dell’Aquila», che si sono infiltrati nel corteo e «incitavano a forzare il blocco per strumentalizzare possibili disordini». Il corteo, peraltro, non era autorizzato, o meglio – come ha spiegato poi l’ex presidente della Provincia, Stefania Pezzopane – era stata chiesta un’autorizzazione per la spostamento di una delegazione di 150 persone; è stato per questo fermato e deviato numerose volte: blocchi a ripetizione, sin da subito, con due mezzi blindati dei carabinieri che hanno impedito di raggiungere – come era nelle intenzioni iniziali – la Camera, per la concomitanza con un’altra manifestazione. Quando una cinquantina di persone ha cercato di forzare il blocco, il sindaco della città abruzzese, Massimo Cialente, è rimasto coinvolto nel parapiglia, ricevendo un pestone (tanto che più tardi ha lamentato dolore alla caviglia), anche il deputato pd Giovanni Lolli ha denunciato di essere stato colpito. «Questo è il governo dell’odio e del manganello», ha commentato Antonio Di Pietro, leader dell’Idv. I manifestanti hanno premuto anche contro un blocco successivo, posto appena pochi metri dopo: due giovani sono rimasti feriti alla testa – dicono – a causa delle manganellate. Uno di loro, Vincenzo Benedetti – noto alla polizia per aver preso parte a disordini in occasione di altre manifestazioni di piazza – ha sfogato la collera lasciando impronte con il suo sangue sui muri di una banca in via del Corso: «Guardate il sangue di un aquilano – ha detto – La mia unica colpa è essere un terremotato». Si è poi temuta la carica quando, dopo aver aggirato i blindati delle fiamme gialle posti all’ingresso di via del Plebiscito, i manifestanti sono stati nuovamente fermati a due passi dalla residenza del premier, Silvio Berlusconi (duramente apostrofato dalla folla), dove era in corso un vertice del Pdl. Cialente ha dovuto mediare, consigliando ai manifestanti, accerchiati dai blindati dei carabinieri e guardia di finanza, di indietreggiare. Il corteo è così defluito lungo via delle Botteghe Oscure, per arrivare in Piazza Navona. La ‘Marcià si è conclusa tra le lacrime dei manifestanti solo in serata. Davanti al Dipartimento della Protezione Civile, dopo le contestazioni al sottosegretario Guido Bertolaso, c’è stato un lungo applauso per le vittime del terremoto del 6 aprile dello scorso anno. Ai megafoni i manifestanti hanno ricordato la tragedia vissuta e la loro protesta contro «una ricostruzione mai avvenuta».