Continuano le ricerche del bimbo gettato nel Tevere dal padre
Continuano le ricerche del piccolo Claudio Franceschelli, gettato nel Tevere la mattina dello scorso 4 febbraio dal papà, ora in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela. Sul campo impiegate le squadre Unità di Soccorso Tecnico – Corpo Nazionale Ricerca e Soccorso (Ust), tra i quali nuclei sub fluviali, operatori tecnici e direttori di ricerca.
È proprio Ust, infatti, in collaborazione con «Chi l’ha visto?» sotto autorizzazione del Pubblico Ministero, a rispondere all’accorato appello della mamma che non chiede altro di poter riavere il suo bambino, gettato dal padre nel Tevere a soli 16 mesi. La missione ha avuto inizio ieri nelle prime ore del mattino all’altezza del ponte della Scafa, tra Ostia e Fiumicino, dove ancora oggi perseverano le operazioni di immersione con l’ ausilio di attrezzatura altamente tecnica tra cui un robot che ispeziona accuratamente il fondale e le sponde del fiume.
Proprio a causa delle acque torbide e della presenza di arbusti e tronchi di albero nella parte di ispezione del Tevere, fa sapere Ust, la ricerca risulta essere di estrema complessità e faticosa per i sommozzatori, ostinati comunque a non demordere, e che già ieri mattina si sono trovati costretti a pianificare un complicato ancoraggio dei cavi di sicurezza posizionati da una riva all’altra del Tevere. I volontari impegnati Ust sono in totale 18, provenienti dalla 2/a Zona Bergamo, 3/a Zona Brescia e 6/a Zona Lazio, coadiuvati da medici e psicologi. Sul campo presenti fin da ieri gli avvocati della mamma e la nonna che dolorosamente invocano le acque del Tevere di restituir loro il piccolo Claudio.