Roma, riapre la galleria nazionale di Arte moderna
L’installazione spettacolare di Alfredo Pirri, due mostre strepitose dedicate a Gianfranco Baruchello e a Pino Pascali, una rassegna sull’arte in Italia dopo la fotografia e un nuovo allestimento delle collezioni pensato nel segno del colore e delle atmosfere: è la Galleria Nazionale d’Arte Moderna che riapre dopo il riordino delle opere per celebrare i cento anni nell’edificio realizzato nel 1911 da Cesare Bazzani a Valle Giulia.
Le iniziative del centenario (che poi coincidono con quelle dei 150 anni dell’Unità d’Italia) sono state presentate oggi alla stampa dalla soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli, che ha progettato in prima persona il riallestimento, curando in particolare l’aspetto museologico. Mentre quello architettonico e grafico è opera di Federico Lardera, che conosce molto bene lo storico museo romano. Il risultato è forse il migliore che si poteva raggiungere con le poche risorse a disposizione (elargite da Arcus (che, ha detto il direttore generale Ettore Pietrabissa, continuerà a sostenere la Gnam), ma anche il tempo è stato tiranno. Pochi soldi e pochi mesi di lavoro, che comunque hanno restituito un nuovo percorso calibrato proprio sulle richieste di un pubblico affezionato e attento, che però ha spesso denunciato di non ritrovarsi in quell’architettura così monumentale, caratterizzata da infilate profonde, faticose da percorrere alla ricerca di artisti, opere, movimenti. «I visitatori molte volte si perdono – ha sottolineato la Clarelli – e non vedono quello che vorrebbero». Così le bellissime raccolte della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, istituita proprio per i primi 50 anni dell’Unità d’Italia nel 1883, sono state organizzate in un ordinamento per grandi blocchi, che prende le mosse da un’area introduttiva da cui si snodano tre settori cronologici e le sale monografiche dedicate a donazioni di artisti e collezionisti. Si parte dunque dalla Sala delle Colonne, per queste celebrazioni occupata dalla geniale installazione di Alfredo Pirri. Intitolata Passi, tutto il pavimento è coperto da specchi incrinati su cui si riflettono alcuni gruppi scultorei echeggianti l’arte classica, quasi a rendere concreta l’immagine del ruolo secolare del museo. Si prosegue nel salone centrale dove è stata allestita la sezione ‘Scusi, ma questa è arte?’, (prendendo spunto dall’omonimo libro di Giorgio de Marchis) con le opere che nel corso dei decenni hanno creato scandalo. Ecco i lavori di Duchamp, Burri, Fontana, Manzoni, Vedova, ormai consacrati quali capolavori, ma che alla loro prima uscita crearono polemiche furenti. E se i corridoi anulari ospitano i numerosi ritratti di artisti e letterati del XIX e XX secolo, ecco poi il susseguirsi di sale che si aprono come pagine di un libro, contrassegnate dal colore. Blu, acciaio, rosso, scelti puntando all’armonia assoluta con i toni dominanti dei dipinti, dei marmi, dei bronzi. Come quella dedicata all’esposizione integrale del corpus di Medardo Rosso, nel settore intitolato ‘Il mito, la storia, la realtà 1800-1885’. Le altre due grandi sezioni sono ‘Verso la modernità 1886-1925’ e ‘Un altro tempo, un altro spazio 1926-2000’, in cui sono ospitati i capolavori dei movimenti dalle avanguardie fino all’astrazione del secondo ‘900. Un percorso che quindi si fonde con le tre mostre temporanee pensate per questo primo secolo a Valle Giulia. Una straordinaria riscoperta, ‘Baruchello, certe ideè, curata da Achille Bonito Oliva, che ha selezionato un centinaio di opere di grande rilievo di quello che è stato «uno dei più maggiori sperimentatori del secondo dopoguerra». «Come un bambino che fa danni nella sua stanza senza fare rumore», Baruchello si produce in miniature spiazzanti precorrendo i decenni. Pino Pacali non è da meno, nella bellissima personale che espone per la prima volta l’intera collezione dell’artista posseduta della Gnam.