Viterbo, malformazione non diagnosticata: morto neonato

19/08/2011 di

I genitori lo avrebbero voluto chiamare Riccardo. Sarebbe stato il loro primo figlio, in quanto una precedente gravidanza si era interrotta con un aborto. Ma il bambino, nato con un parto cesareo nell’ospedale Belcolle di Viterbo, alle 19,14 del primo agosto scorso, è morto 12 giorni dopo al Bambino Gesù di Roma, dove era stato trasportato poche ore dopo la nascita per essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico necessario a correggere una grave malformazione cardiaca.

Un problema che non era stata diagnosticata dall’ecografia morfologica eseguita dalla madre Isabella, infermiera, diabetica, in una struttura privata. Dopo il parto, il bambino era stato trasferito come da routine nel reparto di pediatria. È lì che i medici stilano la diagnosi: «trasposizione dei grandi vasi». Solo un intervento di altissima specializzazione, forse, potrebbe salvarlo. All’1,30 di notte, il trasferimento a Roma, a bordo di una ‘cicognà, un’ambulanza attrezzata, giunta appositamente dal Bambino Gesù. Nel corso della stessa notte viene eseguito l’intervento. Nei giorni successivi, però emergono problemi al cervelletto causati dalla scarsa ossigenazione. Le condizioni di Riccardo peggiorano progressivamente. Il 12 agosto, il decesso.

«Nostro figlio è morto – dicono ora i genitori – per la concomitanza di una serie di circostanze: dall’ecografia morfologica che non ha rilevato il problema cardiaco al ritardo con il quale è stato trasferito da Viterbo a Roma: dalle 19,14 all’1,30 del mattino, cioè oltre sei ore dopo il parto». A loro dire avrebbe contribuito anche il fatto che l’ospedale di Belcolle, pur essendo il principale nosocomio della Tuscia, non è dotato di strutture per curare casi come quelli di Riccardo. Di diverso avviso il direttore sanitario della Asl di Viterbo Marina Cerimele: «La donna – spiega – è giunta a Belcolle senza alcuna diagnosi o sospetto che potesse trattarsi di un bambino con malformazione. La scelta del taglio cesareo – aggiunge – fu dettata dal diabete di cui è affetta, dalla macrosomia fetale (l’eccessivo peso del bambino, oltre 4 kg) e dal fatto che in precedenza avesse perso un altro figlio». Secondo il medico, il piccolo «è stato assistito dalla equipe neonatologica sia in sala parto che in terapia intensiva neonatale, dove è stata fatta la diagnosi e subito attivato il servizio trasporto emergenza neonatale. Quindi non c’è stato alcun ritardo nel trasferirlo al Bambino Gesù».

Ad avviso di Massimo Polumbo, primario del reparto di pediatria di Belcolle, il bambino forse si sarebbe potuto salvare se la malformazione fosse stato diagnosticato durante la gestazione e la mamma fosse stata ricoverata in un centro specializzato. «In questi casi – afferma – il bambino dovrebbe passare dall’utero materno al tavolo operatorio, dove il cardiochirurgo interviene senza perdite di tempo e, soprattutto, avendo a disposizione una diagnosi precisa». Al momento i genitori del bimbo non hanno presentato una denuncia all’autorità giudiziaria. «E non sappiamo ancora se lo faremo – dicono -, decideremo solo dopo aver analizzato le cartelle cliniche con l’ausilio di un esperto di fiducia. Il nostro primo obiettivo è evitare che altre famiglie debbano vivere il nostro dramma».