BOMBA IN CASERMA, IL GIUDICE RIAPRE L’INCHIESTA

19/10/2007 di
di MARCO CUSUMANO *
 
La decisione era complessa e delicata. Ma alla fine il giudice Giuseppe Cario ha voluto proseguire alla ricerca della verità su uno dei misteri più fitti della storia recente della città. Il caso della bomba che esplose il 14 settembre 2005 nella caserma dei carabinieri uccidendo l’appuntato Alberto Andreoli (35 anni) dovrà essere riaperto: il gip ha bocciato la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura e ha disposto nuove indagini sull’oscura vicenda. I sostituti procuratori Vincenzo Saveriano e Giancarlo Ciani, titolari dell’inchiesta, dovranno adesso riaprire il caso per effettuare ulteriori accertamenti. Il giudice ha dato loro due mesi di tempo per valutare gli aspetti che ha ritenuto non sufficientemente approfonditi.

 
In particolare Cario si riferisce ad un misterioso plico che fu recapitato nella caserma e che fu notato dallo stesso Andreoli perché aveva «un grosso francobollo con l’immagine di un carabiniere». Andreoli scambiò alcune battute su questo francobollo con il suo collega, il maresciallo De Rinaldis. Di questo colloquio ha dato conferma un altro collega dei due carabinieri, Massimo Pacinotti, che vide Andreoli avvicinarsi alla scrivania di De Rinaldis per commentare quello strano plico. Il giudice Cario ha verificato che non esistono plichi repertati come quello descritto da De Rinaldis «che pure sono visibili in alcuni rilievi fotografici». Inoltre il giudice ha visionato il filmato registrato con una telecamera interna della caserma. Al quinto minuto del video si vede a terra un plico che potrebbe essere il misterioso oggetto di cui avevano parlato i militari prima della violenta esplosione.
 
Il giudice vuole capire di cosa si tratta esattamente: che tipo di plico o busta era? Che tipo di immagine era ritratta sul plico o sul francobollo? E soprattutto: è possibile risalire al mittente? Ma le domande non finiscono qui. Come si spiega l’interesse di Andreoli verso quel plico? Forse, indagando più nel dettaglio su quell’oggetto, sarà possibile ottenere ulteriori indizi utili alla ricostruzione dei fatti. Come pure, sempre in base a quanto disposto da Cario, bisognerà verificare meglio la posizione di De Rinaldis al momento dell’esplosione: in base alla posizione indicata, il militare sarebbe stato colpito dalle schegge, cosa non avvenuta.
 
De Rinaldis ha poi cambiato versione, precisando di trovarsi in un’altra posizione per aprire l’anta di un armadio. Ma anche in questo caso – osserva Cario – la posizione non è compatibile con il tipo di apertura dell’armadio. Tutte questioni che meritano un ulteriore approfondimento, così come disposto dal giudice.Le domande senza risposta sono ancora tante: chi ha portato la bomba nella stanza di Andreoli? Per quale motivo? Da dove proveniva l’ordigno? Come è potuto entrare in una caserma dei carabinieri? La moglie del carabiniere morto, assistita dall’avvocato Renato Archidiacono, non si è opposta all’archiviazione dell’inchiesta. Al contrario la famiglia d’origine di Andreoli ha presentato opposizione chiedendo maggiori verifiche. Per dare una spiegazione alla misteriosa morte del figlio.
 
 
 
L’ORDINANZA
 
E’ di quattro pagine l’ordinanza con cui il giudice Giuseppe Cario ha disposto ulteriori indagini sulla morte del carabiniere di quartiere Alberto Andreoli, ucciso da una bomba a mano fabbricata nell’ex Jugoslavia.

Ecco alcuni passaggi. «Le indagini espletate non hanno consentito di accertare modalità e circostanze dell’introduzione dell’ordigno nei locali del comando stazione. (…) Non è emerso alcun elemento utile a chiarire come l’Andreoli avesse avuto disponibilità dell’ordigno. Di particolare rilievo le dichiarazioni rese dal maresciallo De Rinaldis il quale si trovò nelle immediate adiacenze dell’esplosione (…). Ma non è chiara la sua esatta ubicazione al momento dell’esplosione (…). Non risulta che all’interno dei cassetti della scrivania l’Andreoli detenesse oggetti particolari». Nessuna connessione è stata verificata tra l’esplosione e la presenza in caserma, due giorni prima, di un cittadino tunisino per accertamenti. Né ha avuto riscontri la pista di un macabro “souvenir” bellico portato in caserma da un militare dopo una missione all’estero. Cario vuole invece approfondimenti sul plico misterioso: «Ciò al fine del possibile ricavo di elementi, scritti o immagini, utili ai fini dell’identificazione del mittente». Forse ripartendo da quel plico potrà emergere l’attesa verità. (* Il Messaggero, 20-10-2007)