Omicidio Vaccaro, le motivazioni della sentenza: non tutti sapevano dell’arma

L’omicidio Vaccaro fu un regolamento di conti tra gruppi rivali, ma solo Marroni e D’Antonio sapevano della pistola. E’ quanto emerge dalle motivazioni della clamorosa sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma.
In tutto 36 pagine per spiegare le ragioni dell’assoluzione dall’accusa di omicidio volontario ottenuta da Fabrizio Roma, Matteo Ciaravino, Gianfranco Toselli e Paolo Peruzzi, tutti scarcerati.
Una frase di Marroni viene definita emblematica dai giudici: “Non tutti erano a conoscenza dell’arma“. Si tratta di «una dichiarazione sicuramente tardiva – scrivono i giudici – ma l’imputato fornisce informazioni delle quali non si può non tener conto. “Non tutti” significa “qualcuno sicuramente, altri no”».
Francesco D’Antonio (condannato a 15 anni e 6 mesi) è l’organizzatore della “spedizione”, colui che invitò Marroni (condannato a 16 anni) ad andare armato all’appuntamento. Gli “altri” che non sapevano dell’arma sono Toselli, Roma, Peruzzi e Ciaravino.
I giudici bacchettano gli investigatori sottolineando che nella fase delle indagini non fu chiesto a Marroni se gli altri ragazzi erano a conoscenza del fatto che fosse armato. Nelle motivazioni i giudici parlano esplicitamente di “approssimazione investigativa”.
Il quadro del delitto è però piuttosto chiaro: i quattro assolti «si recarono al Parco Europa per un chiarimento che doveva consistere sicuramente in uno scontro. Uno scontro, nella loro prospettiva, che sicuramente prevedeva modalità violente, ma non l’uso di un’arma di cui erano ignari».
Per Marroni e D’Antonio, invece, «la responsabilità – scrivono i giudici – deve essere affermata a titolo di dolo diretto per Marroni, esecutore materiale, e a titolo di dolo eventuale per D’Antonio (…). D’Antonio è l’organizzatore della spedizione, raduna gli amici e li avverte che si devono punire i Vaccaro, ingiunge a Marroni di prelevare una pistola (la sua pistola detenuta da Marroni) e di armarla, pronta all’uso. Accetta la possibilità concreta che da “regolamento di conti” derivino più tragiche conseguenze».
Più volte si fa riferimento a una teste fondamentale che vive nei pressi del parco e descrive così la scena del delitto: «Scendono dalla macchina velocemente, tutti e quattro e si dirigono verso i ragazzi che erano sulla panchina che si alzano… In quel momento comincia questa sparatoria da tutte e due le parti».
IL COMMENTO DELL’AVVOCATO FRANCESCO VASATURO. “Questa sentenza – commenta il legale – per alcuni presupposti, inizia a fare chiaramente luce sull’esatta dinamica di quanto accaduto quella nefasta notte del gennaio 2011. Innanzitutto, fotografa esattamente il ruolo e la personalità dei fratelli Vaccaro, animati dalla necessità di un “regolamento di conti”, portando con sé mazze e pistola scacciacani; da qui la necessità di insistere per un incontro in un luogo da loro ben conosciuto, confortati dalla presenza di un gruppo di amici che avevano nel frattempo radunato quella sera. Per tale motivo, la Corte di Assise di Appello ha ritenuto di escludere in capo agli imputati la circostanza aggravante della “minorata difesa”, non sussistendone i presupposti, nel momento in cui gli stessi Vaccaro avevano determinato l’incontro, in un luogo, peraltro, ben illuminato e dagli stessi conosciuto. Del resto, la Corte di Assise di Appello ha anche accertato che – innanzi alla Corte di Assise di Latina – Valerio Vaccaro ha reso una falsa testimonianza.
Ma, la circostanza dirimente è la motivazione che ha escluso una responsabilità nel concorso nell’omicidio da parte di Matteo CIARAVINO, unitamente a TOSELLI, ROMA e PERUZZI: la Corte di Assise di Appello ha confermato, infatti, che – pur utilizzabili le dichiarazioni di MARRONI subito rese dopo il fermo di quella notte – non vi è alcuna certezza che questi sapessero che Lui fosse armato. Hanno accompagnato MARRONI e D’ANTONIO a quell’incontro, senza poter supporre la tragedia che sarebbe accaduta. Ma il plauso per il ragionamento fatto dai giudici della Corte di Assise di Appello, contrasta con l’amarezza di questo difensore, che si sarebbe aspettato come – nel momento in cui è stato accertato che CIARAVINO non fosse a conoscenza che MARRONI fosse armato – il proprio Assistito andasse necessariamente assolto, non potendo ipotizzare che risponda della morte di Matteo VACCARO, quale conseguenza del reato di minaccia aggravata. E’ una tesi inverosimile che costringe ad un ricorso in Cassazione, per accertare l’assoluta estraneità al delitto contestato da parte di Matteo CIARAVINO e, di conseguenza, degli altri coimputati. E’ una sentenza “pilatesca” che vuole risolvere in questo modo i tre anni, quattro mesi e ventisei giorni in cui Matteo CIARAVINO è stato in carcere per un reato che – a questo punto – non ha commesso. Non è un caso che la pena sia esattamente quanto, nella durata, pari al periodo sofferto in carcere. In parole semplici, la Cassazione dovrà accertare che il ruolo di Matteo CIARAVINO, così come quello degli altri coimputati pure immediatamente scarcerati, sia lo stesso di tutti gli amici di Matteo e Valerio VACCARO che quella sera li hanno accompagnati. Non colpevoli gli uni, perché non colpevoli gli altri”.
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