MARE MOSTRUM, ILLEGALITA’ ED ECOMOSTRI NEL LAZIO

26/06/2010 di

Con 636 infrazioni accertate, 998 persone denunciate e arrestate, oltre a 486 sequestri il Lazio si piazza al sesto posto (salendo di una posizione) nella classifica del “mare illegale” in Italia; lo troviamo invece al quinto posto (in crescita di due posizioni) nella graduatoria che considera le infrazioni per km di costa: che nel Lazio sono 1,8.

La nostra regione si conferma al sesto posto nella classifica dell’abusivismo edilizio sul demanio con 275 infrazioni accertate, 356 persone denunciate e arrestate, oltre a 142 sequestri. Va appena meglio la situazione nel settore scarichi illegali, dove il Lazio si piazza al settimo posto (scendendo di una posizione) con 131 infrazioni accertate, 212 persone denunciate e arrestate, oltre a 106 sequestri. Ma basta consultare la stima degli abitanti non serviti dal servizio di depurazione, per vedere schizzare la regione al terzo posto con una copertura della depurazione pari al 74,1% (copertura fognature all’85,3%) e quasi un milione e mezzo di persone (1.471.604 per la precisione) con scarichi che vanno direttamente nei fiumi o nel mare. Un dato “trainato” dalla situazione romana che vede 81.563 abitanti ancora non allacciati al servizio di depurazione (che ha un’efficienza del 97 per cento). Infine un accenno alla pesca di frodo: nel corso del 2009 nel Lazio sono stati sequestrati 2.108 kg di pesce, 45 kg di novellame e 13 di molluschi. I sequestri di attrezzi da pesca sono stati invece 63.
È il quadro che emerge dal dossier “Mare Monstrum 2010”, il rapporto annuale con i numeri e le storie di illegalità ai danni del mare e della costa diffuso da Legambiente durante la presentazione della XXV edizione della campagna di monitoraggio e sensibilizzazione di Goletta Verde.
“La situazione dei 361,5 km delle coste laziali resta preoccupante, in particolare per quanto riguarda l’abusivismo edilizio – spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio – basta ricordare i tanti casi di illegalità che hanno colpito il Sud Pontino, da Sabaudia alla lottizzazione nella piana di Sant’Agostino a Gaeta. Ma il tratto romano non se la passa meglio, con il silos ecomostro che da 30 anni svetta sulla spiaggia di Lavinio, mentre su Fiumicino aleggia lo spettro della realizzazione del più grande porto d’Europa: un gigante di cemento nel pieno della foce del Tevere. Quanto ad Ostia, permane la vergognosa condizione di ‘mare proibito’ con muri, cancelli, recinzioni e tornelli che impediscono di fatto il libero e gratuito accesso alla battigia e persino la vista della spiaggia. Ultimo grave episodio è stato l’allontanamento di una bambina down ‘colpevole’ di calpestare suolo pubblico senza aver pagato. Su questo episodio Legambiente ha aperto una vertenza, chiedendo al Comune di verificare i fatti ed eventualmente disporre la revoca della concessione allo stabilimento”.
“Restano molto preoccupanti anche i dati sulla depurazione – prosegue Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio – che indicano come vi sia ancora tanto lavoro da fare, soprattutto nell’area romana, per collegare tutti i cittadini alla rete fognaria. Quanto alle notizie positive, si segnala l’avvio finalmente di un’opera di demolizione degli abusi edilizi nel Comune di Ardea. Siamo invece costretti a denunciare con forza lo stallo che grava sull’ecomostro sconfitto della lottizzazione abusiva dell’Isola dei Ciurli. I 38 mila metri cubi dei 21 scheletri di villette sono stati abbattuti nel dicembre del 2007, una grande vittoria della nostra associazione e di tutti coloro che a partire dal 1968 si erano mobilitati per il rispetto della legalità. Ma ad oggi quello spazio non è stato ancora restituito ai cittadini: uno scandalo, per questo torniamo a chiedere a gran voce un impegno in tal senso anche alla Regione, visto che nel frattempo il sito è diventato area protetta, grazie all’istituzione del Monumento naturale del lago di Fondi e del parco regionale dei Monti Ausoni”.
IL DOSSIER DI LEGAMBIENTE:

Lottizzazione abusiva “Il villaggio del Parco” a Bella Farnia, Sabaudia (LT)

La vicenda è la triste storia di un progetto sviluppatosi su un fondo agricolo di 12 mila metri quadrati, che prevedeva l’edificazione “ai fini sociali” di un complesso casa-albergo di piccoli appartamenti per anziani autosufficienti, con divieto di vendita degli immobili. Tuttavia, con delibera del 16 agosto 2004 il Comune, venendo meno a precedenti convenzioni, rilasciò permessi per costruire 285 unità abitative autonome vendute a plurimi acquirenti e accatastate come villini residenziali, nel “più assoluto spregio delle previsioni pianificatorie e non rispondenti alle disposizioni regionali per le comunità di alloggio per anziani”. Il 15 novembre 2008, scattano i sigilli da parte dellla Procura di Latina. Nel dicembre 2009,la Corte di Cassazione, con la sentenza n.48924, respinge il ricorso con cui gli acquirenti di alcuni villini, sorti in località “Bella Farnia”, chiedevano il dissequestro degli immobili. E l’11 giugno scorso arriva la sentenza di primo grado con la quale, i giudici del collegio penale di Latina, presieduti dal dott. Raffaele Toselli, condannano a due anni i cinque imputati nel processo per la lottizzazione abusiva de “Il Villaggio del Parco”: Carmen Lorenzi proprietaria del terreno, il figlio Carmine Ciccone, due dirigenti del Comune di Sabaudia, Carlo Gurgone e Vincenzo D’Arcangelo, e l’ex sindaco Salvatore Schintu. Il pubblico ministero Giuseppe Miliano aveva avanzato richieste di condanna dai 4 ai 4 anni e 10 mesi. Inoltre, i giudici dispongono la confisca delle ville e dei terreni. E dopo le 5 condanne per il Villaggio del Parco a Bella Farnia, si va verso una nuova inchiesta della Corte dei Conti. Il Procuratore Generale della magistratura contabile ha infatti chiesto alla Procura di Latina di acquisire il fascicolo relativo alla lottizzazione abusiva per verificare eventali danni erariali legati al cambiamento di destinazione d’uso della struttura, originariamente pensata come residenza per anziani ma poi trasformata in un vero residence.

Lottizzazione abusiva nella piana di Sant’Agostino a Gaeta (LT)

Sorgevano nella piana di Sant’Agostino, in località Grotta del Serpente i dieci villini con giardino sequestrati nell’agosto del 2009 dalla Guardia di Finanza di Formia in collaborazione con la Guardia di Finanza della Sezione operativa navale. Un valore immobiliare di almeno 2 milioni e mezzo di euro e 15 persone denunciate per violazioni in materia ambientale e violazione di sigilli. Le indagini hanno consentito di individuare nella piana di Sant’Agostino, in località Grotta del Serpente, una grossa lottizzazione abusiva su due particelle catastali interessanti un’estensione di circa 1.600 metri quadrati. L’area oggetto dell’intervento, realizzato in collaborazione con l’Ufficio tecnico del Comune di Gaeta, risulta vincolata dal punto di vista paesaggistico ed idrogeologico. Nel corso delle ispezioni è stato accertato che “nessuno dei proprietari aveva presentato per la costruzione degli immobili i progetti esecutivi dei singoli lotti e delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie. Sono state inoltre poste sotto sequestro due strade di coorte trasformate in strade carrabili ed utilizzate proprio per accedere ai relativi immobili. Ed è dei giorni scorsi, la notizia che il Comune di Gaeta, ha avviato le procedure per acquisire la lottizzazione abusiva di Sant’Agostino, al patrimonio comunale.

Il parcheggio sulla spiaggia a Lavinio (RM)

Rimessaggio per le barche, poi riciclato come albergo, poi come parcheggio, l’imponente silos che incombe su un tratto della spiaggia pubblica di Lavinio è ancora lì. Il primo stop ai lavori risale al 1977: struttura sequestrata, titolari in attesa di giudizio, poi condono a fine anni ’80. Per ora il paesaggio costiero di Lavinio si “avvale” di questa straordinaria incompiuta, che oltre a deturpare il paesaggio è anche pericolosa perché in stato di abbandono da oltre 30 anni. Impossibile dare seguito alla sciagurata pratica che lo ha condonato alla fine degli anni Ottanta, non resta quindi che abbatterlo. Si attende che qualcuno prenda l’iniziativa e porti le ruspe.

L’Isola dei Ciurli (LT): Ecomostro abbattuto, ma a quando riapertura dell’area per i cittadini?

A quando la riapertura ai cittadini dell’area dove sorgeva il più grande ecomostro del Lazio? Ben trenta mesi fa, i 38mila metri cubi dei 21 scheletri di villette della lottizzazione abusiva dell’Isola dei Ciurli sono stati abbattuti (dicembre del 2007), un evento storico, una grande vittoria della nostra associazione e di tutti coloro che a partire dal 1968 si sono mobilitati per il rispetto della legalità e contro l’abusivismo edilizio dilagante nel territorio fondano. Ma ad oggi, quello spazio non è stato ancora restituito ai cittadini: uno scandalo, per questo torniamo a chiedere a gran voce un impegno in tal senso anche alla Regione, visto che nel frattempo il sito è diventato area protetta, grazie all’istituzione del Monumento Naturale del Lago di Fondi e del Parco Regionale dei Monti Ausoni. La storia dell’abbattimento: l’Ecomostro fu abbattuto dal Comune di Fondi, “costretto” a intervenire dalle ripetute mobilitazioni e da un esposto di Legambiente alla Regione Lazio, con cui si chiedeva l’eventuale applicazione dei poteri sostitutivi per inadempienze in materia di lotta all’abusivismo nei confronti dell’amministrazione comunale. Oltre all’ottimo lavoro della Regione Lazio a seguito del nostro esposto, sono stati due gli altri atti decisivi: la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, che ha condannato i costruttori per il reato di lottizzazione abusiva, e l’inserimento dell’Isola dei Ciurli all’interno del Monumento Naturale Lago di Fondi. Un successo che sul litorale laziale aspetta di essere emulato.

L’hotel Summit di Gaeta

L’Hotel Summit adesso è un ecomostro legalizzato, con il placet della Soprintendenza. Pagata la sanatoria, per lo Stato italiano il disastro ambientale non c’è più. Con una manciata di euro un albergo dal valore commerciale enorme costruito abusivamente su un incantevole lembo di costa acquista piena cittadinanza.

A futura memoria, giova ricordare la storia di quello che avrebbe dovuto essere inizialmente un ristorantino. Intorno alla metà degli anni ’50 viene presentato un progetto per realizzare un ristorante, “Il Barchino”. Nel 1961 vengono sospesi i lavori per irregolarità, in seguito però i cantieri riprendono e l’opera viene finita. Nello stesso periodo, viene presentato un nuovo progetto: un edificio a due piani, comprensivo di ristorante e di dieci camere. Il progetto, denominato Argonauta, riceve il parere favorevole della commissione edilizia comunale e il nulla osta di massima della Soprintendenza. Chi più ne ha più ne metta. Ecco arrivare la richiesta di ampliamento che prevede un edificio di cinque piani. Nel 1966 il parere contrario della Soprintendenza, che però non ferma la crescita: negli anni settanta i piani sono arrivati a sette e la superficie da 300 metri quadrati a oltre 1.500. Bocciati i cinque piani, promossi i sette, per la Soprintendenza si può procedere. Ecco allora la variante per aggiungere l’ottavo piano e l’ok del Comune di Gaeta. Sette sì, ma otto no: nuovo parere contrario della Soprintendenza. Passano gli anni e arriva nel 2000 la commissione edilizia comunale riguarda le carte e dichiara nulla la licenza edilizia ottenuta negli anni Settanta. Ma il proprietario del Summit, visti i precedenti, non si lascia scoraggiare: presenta una integrazione all’istanza di condono del 1986, con la richiesta di condonare una superficie che nel frattempo è lievitata a 1.975 mq. La tenacia viene premiata e la richiesta è accolta.

MARE MONSTRUM 2010

CRONACHE DI CEMENTO ILLEGALE NEL LAZIO

Fiumicino, maxi sequestro della Forestale di cantieri edilizi sul Litorale romano. Nell’ottobre 2009 quaranta agenti del Corpo Forestale dello Stato hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di nove cantieri abusivi a Fregene, nota località balneare in provincia di Roma. Diciannove gli indagati, tra dirigenti e funzionari del Comune di Fiumicino e rappresentanti delle società edili, i quali, in concorso tra loro, sono ritenuti responsabili dei reati di realizzazione di opere edilizie e di lottizzazione abusiva in danno ad aree sottoposto a vincolo paesaggistico, attraverso il rilascio di autorizzazioni comunali ritenute totalmente illegittime. Le trentacinque le unità abitative sequestrate, tra ville e appartamenti di pregio, erano state edificate distruggendo la macchia mediterranea preesistente di notevole pregio naturalistico.

Il provvedimento di sequestro, eseguito dal personale del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Roma, è il frutto di una lunga e complessa attività d’indagine avviata da circa un anno su delega della Procura della Repubblica di Civitavecchia.

L’assalto al lago di Sabaudia

Ormai buona parte del basso Lazio è diventato una consolidata area di espansione di diversi clan, principalmente di origine campana. Qui gli interessi illeciti si moltiplicano, i tentacoli avvolgono interi pezzi di economia e le mire speculative su aree di particolare pregio paesaggistico e ambientale sono diventate una triste realtà. Forti i rischi di infiltrazioni criminali che hanno messo in allarme i magistrati della Direzione nazionale e distrettuale antimafia e lo stesso Ministero dell’Interno, che assicurano imminenti riscontri investigativi. A queste “incursioni” va pure sommato un diffuso e pesante abusivismo edilizio. Un caso su tutti è il lago di Sabaudia. Nel corso degli anni, infatti, con la grave complicità delle amministrazioni locali e con l’eccessivo lassismo da parte di tutti gli organi deputati al controllo e alla vigilanza sull’area, le sponde di questo lago sono state oggetto di aggressioni gravissime da parte del cemento illegale. Uno specchio d’acqua che si trova all’interno del parco nazionale del Circeo, già Sito di interesse comunitario, ricompreso nella Zona di protezione speciale parco nazionale del Circeo, e Zona umida di interesse internazionale-Ramsar. Un’area che pur essendo di proprietà privata costituisce un bene di primaria importanza ambientale, archeologica e paesaggistica. Il caso più eclatante di abusivismo sorto in danno di questo lago è la realizzazione di un approdo turistico, gestito dalla società In Land Sea Srl, completamente abusivo da ben 23 anni, come riconosciuto dalla Corte di Cassazione con sentenza 1339/2006. Tale struttura è stata oggetto di diverse indagini da parte della magistratura di Latina e del Corpo forestale dello Stato; a questo riguardo, in soli vent’anni, la società In Land Sea Srl è stata oggetto di ventisette notizie di reato e soggetta a una decina di provvedimenti penali senza che, cosa inspiegabile, si sia mai giunti all’effettiva interruzione dell’attività abusiva. Gli inquirenti posero, infatti, i sigilli alla darsena gestita dalla In Land Sea Srl (11 pontili e oltre 600 natanti ormeggiati) denunciando la violazione degli strumenti legislativi a tutela del contesto naturalistico, storico-archeologico e paesaggistico. La struttura di approdo era infatti in possesso di un’autorizzazione scaduta da oltre vent’anni. Ciò non ha impedito però la prosecuzione dell’esercizio pieno e abusivo delle sue funzioni, continuando a produrre danni rilevanti sull’ecosistema lacuale. È stata la stessa Corte di Cassazione a ribadire che “nel corso degli anni sono stati costruiti svariati manufatti, a terra, connessi all’attività di ormeggio […] tutti privi del permesso di costruire e delle autorizzazioni correlate ai vincoli esistenti. Risulterebbe inoltre incrementata – continuano i magistrati – negli anni, da parte della società In Land Sea, l’area di occupazione abusiva con le proprie attività, estendendo l’ormeggio delle imbarcazioni anche al canale principale e al canale romano già citato, tanto da essere questa circostanza oggetto di un procedimento penale instaurato a seguito dei rilievi effettuali dal Corpo forestale dello Stato”. Basti pensare che “sulla base dei rilievi aerofotogrammetici del 24 gennaio 2004 risulta che i pontili siano stati ampliati di più di 250 metri rispetto ai rilievi effettuati il 30 giugno 2000”. Il provvedimento di sequestro più recente risale al giugno 2009 quando la Guardia forestale, su mandato della procura della Repubblica di Latina, procede al sequestro di 200 imbarcazioni ormeggiate sul canale romano e sul lago e giudicate “incompatibili con le attività del lago”.

Tra i reati ipotizzati l’occupazione di demanio marittimo e la violazione dei vincoli paesaggistici e ambientali.

Aggressioni ambientali – giova aggiungere – che rischiano di compromettere un’area delicatissima e pregiatissima dal punto di vista storico-archeologico e naturalistico favorendo operazioni di pura speculazione, che farebbero decadere i caratteri naturalistici e geomorfologici che hanno reso l’area nota a livello internazionale e degna di tutela da parte dell’Unione Europea. Dai dati ufficiali resi noti dallo stesso ente parco esistono all’interno dell’area protetta circa 1 milione e 200 mila metri cubi di cemento illegale, di cui 500 mila relativi al comune di Sabaudia e 690 mila a quello di San Felice Circeo. E ancora, negli uffici dei due comuni (entrambi sono per gran parte della loro estensione ricompresi all’interno del parco nazionale del Circeo), giacciono 12.200 pratiche di condono edilizio, di cui 3.331 riguardanti abusi ricadenti in piena area parco. Ciò significa che per ogni cittadino di San Felice Circeo (anziano o neonato che sia) esiste una pratica di condono edilizio, valore che scende a una pratica ogni 3-4 cittadini per il comune di Sabaudia. Considerando solo il territorio del parco nazionale, se si esclude la foresta, le aree lacuali e le zone ricadenti nel comune di Latina, si ha una media di circa due abusi per ettaro.

All’illegalità diffusa si aggiunge adesso il pericolo che potrebbe arrivare direttamente dalla provincia di Latina e dal comune di Sabaudia che, nell’ambito del “Programma di riqualificazione e fruizione sostenibile del lago e del canale di Paola – comune di Sabaudia”, avevano previsto addirittura la demolizione del Ponte Rosso, l’antico ponte romano supervincolato che separa il lago dal mare, per consentire il transito di yacht di grandi dimensioni prodotti nel cantiere nautico situato all’interno del lago. È un progetto devastante che rischia di aprire la strada alla realizzazione di un vero porto turistico nel lago e per il quale il sindaco di Sabaudia ha già ricevuto una bandiera nera di Legambiente. Il progetto, fortemente osteggiato dal presidente del parco del Circeo, Gaetano Benedetto e, più recentemente, dallo stesso ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, rischia di compromettere definitivamente il territorio del parco nazionale.

 

E finalmente iniziano anche le demolizioni ad Ardea

Ad Ardea, nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010 sono stati abbattuti diversi manufatti abusivi insistenti sul demanio marittimo, all’interno di una procedura di riqualificazione del litorale voluta dall’amministrazione comunale e condotta dalla Polizia Municipale, dalle Stazioni dei Carabinieri di Ardea e Tor San Lorenzo, dalla Guardia Costiera di Torvaianica e dalla Guardia di Finanza. Le operazioni di riqualificazione hanno interessato gli immobili insistenti del Lungomare di Tor San Lorenzo, sul Lungomare delle Dune e nella zona del Lido dei Pini. Nei giorni scorsi sono ripartite le operazioni di demolizione con l’abbattimento di due strutture in muratura di circa 80 metri quadrati sul lungomare degli Ardeatini, abbattimento che ha permesso di riaprire una “finestra sul mare”. Il Comune attende il pronunciamento del Tar per procedere con altre 80 ordinanze di demolizione nella stessa zona e chiede un sostegno finanziario alla Regione per queste operazioni.

 

Assalto alla costa: dal porto di Fiumicino…

Un gigante di cemento nel pieno della foce del Tevere, il più grande porto del Lazio nonché d’Europa per come viene descritto, vede posare la prima pietra da Ministri, Amministratori e Autorità in una splendida area, classificata purtroppo come a “rischio idrogeologico molto elevato”, R4 come dicono i tecnici in gergo, e quindi da non toccare. Uno di quei luoghi fragili e pericolosi del nostro Paese, dove il piano d’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Tevere aveva in sostanza previsto la demolizione delle strutture abusive esistenti e la creazione di un parco. Motivi più che seri per far rilanciare la contrarietà di Legambiente alla faraonica struttura: Nell’area il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), approvato dall’Autorità di Bacino del Tevere piuttosto di recente dopo anni di elaborazioni, prevede per l’esattezza “il mantenimento di un libero affaccio dell’entroterra verso la costa ed il mare e verso il Tevere evitando occupazioni del suolo con strutture, infrastrutture e attività non coerenti con le finalità del Parco e del Piano di assetto”, ma anche “una graduale delocalizzazione delle costruzioni e attività esistenti che presentano lo stesso carattere di incoerenza”.

L’Autorità, prevede la creazione di un vero e proprio “Parco della Foce, da Capo due Rami fino alla foce di Fiumara e di Fiumicino”, lo stesso luogo nel quale si vorrebbe realizzare una colata di cemento di 129.700 metri cubi -per le attrezzature connesse al porto-, consumando 104,29 ettari di demanio, per 1.445 posti barca, di cui 400 per imbarcazioni superiori ai 15 metri e più di 700 per quelle superiori ai 18 metri.

…al lago Lungo di Sperlonga

Il lago, che riveste particolare pregio ambientale e naturalistico e per questo è stato dichiarato Sito di Interesse Comunitario (SIC) e inoltre secondo quanto stabilito dai Piani Territoriali Paesistici Regionali dovrebbe essere sottoposto a tutela integrale, dovrebbe costituire un bene comune dei cittadini, da tutelare e valorizzare, invece da troppo tempo versa in una situazione di degrado che rischia di compromette il fragile ecosistema.

Per questo è fondamentale che si fermino tutte le attività che da tempo stanno creando nell’area impatti pesanti e degrado, compromettendone il delicato ecosistema e la fruizione da parte dei cittadini; con particolare riguardo alla navigazione a a motore che, come stabilisce il decreto ministeriale del luglio 1994, è vietata nelle zone prospicienti la riva entro la fascia dei 300 metri. Considerando che la larghezza media del lago è di 297 metri, è evidente che tale divieto valga per tutto lo specchio d’ acqua in questione. Nei giorni scorsi,finalmente una notizia positiva sul fronte del contrasto alle illegalità consumate ai danni del lago: il Nucleo dei Nas ha sequestrato l’ impianto abusivo di cozze mentre continua ancora la pratica ancora lo sci nautico illegale, vietato dall’art. 69 del PTP, strumentale alla realizzazione del porto nel lago.

Mare in gabbia: troppi accessi negati a Ostia

Ad Ostia ben 53 su 56 (il 94,5% del totale) delle spiagge monitorate da Legambiente durante la Goletta Verde 2009 non sono liberamente accessibili: muri, cancelli, recinzioni, tornelli che impediscono di fatto il libero e gratuito accesso al mare e persino la vista della spiaggia. Il mare c’è ma non si vede.

Il regolamento pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio il 28 luglio 2009 prevede all’articolo 3 che le delimitazioni degli stabilimenti perpendicolari alla battigia devono essere “interrotte prima dei 5 metri dalla stessa” e che i titolari delle concessioni “hanno l’obbligo di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione e di consentire le operazioni di sicurezza in mare attraverso appositi varchi”.Ultimo episodio in questa triste e grave situazione è quanto accaduto nei giorni scorsi presso uno stabilimento di Ostia Lido, dove secondo le cronache dei giornali sarebbe stata allontanata una bambina down intenta a giocare presso la battigia rea di calpestare suolo pubblico senza aver pagato. Legambiente Lazio su questo ha aperto una vertenza, chiedendo al Comune di verificare quanto accaduto, fino a disporre la revoca della concessione allo stabilimento per inottemperanza a quanto stabilito dalla normativa in materia.

(fonte: Legambiente)