NUCLEARE, L’ITALIA PAGA OLTRE 12 MILIARDI PER LE CENTRALI CHIUSE

26/04/2010 di

L’Italia paga per il nucleare che non ha, ma che aveva: si tratta di oltre 12 miliardi di euro
per gestire le scorie radioattive. Questo, nonostante il deposito nazionale ancora
non sia stato identificato ufficialmente. Anche se la sede potrebbe essere nell’area
di Garigliano, tra Latina e Caserta, che per i vecchi trascorsi viene ritenuta «la
piccola Chernobyl italiana».

È questo il contenuto di un dossier dei Verdi presentato nel corso di un’azione di
protesta di fronte a Piazza Montecitorio, proprio nell’anniversario dei 24 anni
dell’incidente di Chernobyl: ai piedi di un plastico di una centrale nucleare, il
presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, insieme con altri rappresentanti ha simulato un
incidente atomico, con tanto di tute bianche anti-radiazioni e finti malori.
Dalla chiusura delle vecchie centrali ad oggi, si osserva nel dossier, la cifra che
i cittadini italiani hanno dovuto pagare per la gestione delle scorie radioattive
supera i 12 miliardi di euro senza che sia stato possibile indicare il deposito unico
nazionale. La quantità attuale di rifiuti radioattivi italiani di seconda (scarti di
lavorazione) e terza categoria (combustibile irragiato, scorie di riprocessamento) è
pari a circa 90.000 metri cubi: 25.000 attuali e altri 65.000 provenienti dalle
centrali in dismissione. A questi bisogna poi aggiungere una produzione annuale di
1.000 metri cubi di scorie provenienti da usi medici e industriali. Quelli di seconda
categoria sono rifiuti pericolosi per circa 300 anni mentre quelli di terza rimangono
carichi di radioattività anche per 250.000 anni.

Per quanto riguarda il deposito nazionale a Garigliano, si legge nel dossier dei
Verdi, bisogna ricordare che nell’area è presente l’ex centrale nucleare in fase di
smantellamento.

Pertanto, bisognerebbe capire se l’eventuale deposito accoglierebbe le scorie di
quella centrale o di tutto il territorio. Secondo i Verdi, tra l’altro, la centrale
di Gargliano, definita «una piccola Chernobyl», è stata vittima di diversi incidenti.
Il primo, nel dicembre 1976 il fiume Garigliano, dice il dossier, che in fase di
piena è entrato nel locale sotterraneo raccogliendo e trscinandosi con sè oltre un
milione di litri d’acqua contaminata con radionuclidi.
Nell’agosto del 1978 l’impianto chiude. E nel novembre del 1979 si verifica un
incidente analogo. Nel novembre del 1980 le piogge abbondanti, aggiunge lo studio,
penetrando fuoriescono nel fiume portandosi dietro Cesio 137. Nel novembre del 1982
un contenitore su rimorchio ferroviario da Roma a Garigliano perde per strada 9.000
litri di acqua con Cobalto 58, Cobalto 60, e Manganese 54. Infine, secondo il
dossier, sono documentabili nel 1972 e nel 1976 due esplosioni dei filtri del camino
centrale.