Arsenico nell’acqua, nuovo allarme lanciato dall’Oms

03/01/2013 di
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Un’esposizione prolungata all’arsenico tramite acqua potabile e cibo può causare cancro, lesioni cutanee, malattie cardiovascolari, danni al sistema nervoso e diabete.

L’allarme arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ma si tratta di una situazione che riguarda l’Italia da vicino, e in particolare il Lazio, dove ha assunto i caratteri dell’emergenza, anche se il gestore Acqualatina ha tranquillizzato gli utenti circa gli interventi già effettuati.

Dal primo gennaio infatti i sindaci delle province di Viterbo e Roma hanno dovuto vietare l’uso dell’acqua del rubinetto per uso umano. Un provvedimento che colpisce una quarantina di comuni e quasi 300mila persone solo nella Tuscia. Il contenuto di arsenico e fluoruro è presente infatti in quantità superiori ai limiti di legge, che sarebbero di 10 microgrammi/litro per l’arsenico, e 1,5 microgrammi per il fluoruro. Una situazione che non è certo una novità, visto che è dal 2001 che regioni e territori chiedono deroghe alla legge. Il problema è che il termine concesso per la terza e ultima deroga è scaduto il 31 dicembre 2012 e i lavori di adeguamento probabilmente non termineranno prima del 2014.

Così dal primo gennaio sono scattate le ordinanze dei sindaci delle province di Roma e Viterbo che, secondo le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità, vietano di bere l’acqua del rubinetto, di usarla per cucinare, lavarsi i denti e fare la doccia a persone con patologie cutanee.

«Il problema – critica Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano (Vt) – è che le limitazioni d’uso dell’Iss ci sono state consegnate il 28/12, sono generiche e non sappiamo come rispondere a molte domande dei cittadini. Solo nel viterbese sono 32 i comuni interessati e 220mila gli abitanti».

Ma non mancano criticità anche nella provincia di Latina, segnala Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio. «Anche se si continua a dire che è tutto risolto lì – spiega – gli ultimi prelievi fatti a dicembre indicavano la presenza di valori fuori legge in 43 comuni delle province di Viterbo e Latina».

Di fatto il Lazio, aggiunge Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente «è l’unica regione che non è riuscita a rientrare nei parametri stabiliti, non facendo investimenti per potabilizzatori. Anche le aziende alimentari ne saranno colpite. E il problema non è di facile risoluzione, visto che per molti interventi ancora non si è proceduto al bando di appalto e la fine dei lavori è prevista per il 2014».

Tutto ciò ha già avuto un impatto sulla salute. Uno studio del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario della regione Lazio, pubblicato ad aprile 2012, ha registrato infatti tra il 2005 e 2011, nei comuni dove la concentrazione di arsenico è superiore a 20 microgrammi, un aumento della mortalità per tutti i tipi di tumore (in particolare polmone e vescica), ipertensione, ischemia cardiaca e diabete nella provincia di Viterbo e del 12% per i tumori in quella di Latina.

Anche se questi risultati dovranno essere confermati da studi successivi, l’Oms e lo Iarc (International agency research on cancer) hanno già accertato che l’arsenico è un elemento cancerogeno. Gli effetti di un’esposizione prolungata da acqua e cibo si hanno dopo almeno 5 anni, e iniziano dalla pelle, con cambiamenti nella pigmentazione, lesioni cutanee su mani e piedi che possono essere precursori di un cancro alla cute.