BATTISTI: BERLUSCONI MI VUOLE IN ITALIA COME UN TROFEO

05/11/2009 di

Per il governo italiano «la ragione dell’estradizione non è vedermi in carcere, ma il fatto che ormai sono diventato un trofeo». Per questo il premier Silvio Berlusconi «mi vuole in Italia». Lo ha detto l’ex terrorista rosso Cesare Battisti, originario di Sermoneta (Latina), in un’intervista all’ANSA a una settimana dall’udienza dell’Alta Corte del Brasile che deve pronunciarsi sulla sua estradizione. «In Italia – ha aggiunto – rischierei la vita».

Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani ucciso in una rapina dei Proletari armati per il comunismo (Pac) nel 1979, «non racconta quello che pensa veramente» perché se lo farà «perderà» la pensione che riceve come vittima del terrorismo. È quanto lo stesso Torregiani «ha fatto capire» all’ex terrorista rosso Cesare Battisti con il quale ha avuto uno scambio di lettere. A raccontarlo è lo stesso Battisti nell’intervista all’ANSA. «Sono stato in contatto con il figlio di Torregiani – ha detto Battisti – abbiamo avuto uno scambio di lettere amichevole, mi aveva chiesto aiuto per scrivere un romanzo poliziesco, stavo aiutandolo a ricostruire la verità, che per lui è un’ ossessione. Nelle lettere, ha concluso Battisti, mi ha fatto capire che ha ricevuto una pensione destinata alle vittime del terrorismo, di essere stato ricattato perchè se racconta quel che pensa in realtà, perderà la pensione». «Voglio parlare faccia a faccia» con le vittime del terrorismo degli anni di piombo«, ha detto Battisti perché “queste persone parlano di me come di un mostro e in realtà non mi conoscono”. L’ex terrorista si è quindi detto pronto ad incontrare il figlio di Torregiani durante il processo in corso a Brasilia. “Ricordo il giorno dell’omicidio di Torregiani, lessi dell’attentato su ‘La Nottè, che usciva di sera, fu il momento più brutto della mia vita, qualcosa di orribile”, ha soggiunto l’ex militante dei Pac.

Pronto all’udienza. «Chiederò ai miei avvocati cosa fare, ma sono pronto a presentarmi in aula»: lo afferma Battisti dal carcere vicino Brasilia dove si trova da tempo, in vista dell’udienza di giovedì del Supremo Tribunal Federal (Stf) che deve pronunciarsi sulla richiesta d’estradizione dell’ex terrorista rosso avanzata dall’Italia. Nel rilevare problemi di salute («temo di ammalarmi di nuovo di epatite») e ribadendo la propria «innocenza» sui quattro omicidi negli anni ’70 per i quali è stato condannato in Italia, Battisti ha sottolineato di confidare che il presidente Lula ratificherà lo status di rifugiato se l’Alta Corte si pronuncerà a favore dell’estradizione a Roma.

Nell’intervista fatta nella prigione di Papuda, Battisti non ha nascosto le proprie preoccupazioni in vista dell’udienza di giovedì, dopo il rinvio lo scorso 9 settembre, quando quattro giudici dell’Stf hanno votato per l’estradizione e tre per la sua permanenza in Brasile. Resta ancora da conoscere il parere di altri tre giudici, e non è escluso che a prevalere sia la tesi dell’estradizione. Nell’udienza del 9, il relatore del caso, Cezar Peluso, ha sostenuto che Battisti ha commesso delitti comuni, non politici, respingendo così le argomentazioni dell’esecutivo brasiliano a favore dello status di rifugiato. «Credo che l’Stf sia stato informato male, ma non ho ancora perso le mie speranze nei confronti della Corte», anche se il risultato di tale udienza «è stato un pugno nello stomaco». Prima, ha puntualizzato, «consideravo l’Stf qualcosa al di sopra di tutto, un Olimpo». Dalla sentenza italiana, spiega Battisti, «inclusa nella richiesta d’estradizione, risulta chiaro che sono stato condannato per un crimine politico. La cosa assurda è che ora il Brasile vuole estradarmi per un delitto comune». Alla domanda se Lula accetterà di dare il via libera ad un’eventuale estradizione, Battisti ha risposto di non saperlo. «Credo -ha detto- che in cuor suo spera che la questione sia risolta dall’Stf. Ho fiducia in Lula. In tutti i paesi del mondo lo status di rifugiato è sacro, è qualcosa sulla quale ha competenza l’esecutivo». Circa le sue condizioni di salute dopo «quasi tre anni» in carcere, Battisti ha raccontato: «da una settimana non riesco a mangiare, nè a scrivere o lavorare». Ma non si tratta, ha precisato, «di uno sciopero della fame», in prigione comunque «vengo trattato bene, con rispetto».

La Russa. «Non accetto di dibattere con un terrorista: Cesare Battisti sarà oggetto della mia attenzione quando sarà nelle patrie galere. Se avrà da dire qualcosa sul trattamento in carcere lo ascolterò». Così il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, commenta le dichiarazioni dell’ex leader dei Proletari armati per il terrorismo (Pac). Intanto, è l’invito del ministro, «cominci a rispettare le sentenze della magistratura italiana (anche questa è fascista?) ed accettare le colpe della sua condotta terroristica che è costata dolore a tante famiglie».