FONDI TRA MAFIA, VELENI E RASSEGNAZIONE
di Francesca Nunberg *
L’appuntamento è a piazza Municipio, alla «reggia comunale». «Questa nuova piazza volevamo dedicarla a Falcone e Borsellino, ma hanno scelto un nome più soft». Noi e loro. Mafia e antimafia. La dicotomia pare di toccarla. Bruno Fiore arriva con la macchina che ancora puzza di benzina davanti alla casa comunale: linda e pinta, con le aiuole, le fontanelle, i lampioncini, realizzata «disattendendo integralmente la normativa antimafia sui contratti pubblici», come scrive il ministro dell’Interno Maroni nella relazione del 18 settembre in cui chiede lo scioglimento del consiglio comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose. Tant’è. L’edificio è asettico ma in funzione; il progetto sarà pure costato 18 milioni di euro, ma prevede box, centro commerciale, area attrezzata; il consiglio non è stato necessario scioglierlo perché il sindaco Luigi Parisella e la maggioranza del Pdl giocando d’anticipo il 3 ottobre si sono dimessi; alla scrivania è seduto il commissario Guido Nardone; a marzo si rivota e Bruno Fiore, segretario del Pd e portavoce del Comitato di lotta permanente alle mafie, vittima di un attentato contro la sua auto e quella della moglie, dice: «La battaglia continua».
Con quali armi, su quale terreno. «Stiamo valutando se fare ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dello scioglimento ordinario e riproporre quello straordinario – spiega Fiore – come sollecitava il prefetto Bruno Frattasi nelle sue relazioni frutto del lavoro della commissione d’accesso del settembre 2008 (507 pagine più nove faldoni di allegati) e settembre 2009, condivise dallo stesso Maroni. La gente è indignata, teniamo i riflettori accesi, aspettiamo la Damasco 3 (le due precedenti indagini della Direzione distrettuale antimafia hanno portato a 17 arresti), Fondi non può costituire un precedente, lo Stato non si deve arrendere». Margini dovrebbero essercene: «Il ministro Maroni martedì risponderà alla Commissione antimafia – dice Stefano Pedica, senatore dell’Italia dei Valori – dovrà spiegarci perché si è fatto tirare la giacca dai Totò Riina locali, perché questo atto scellerato. La legge dà 90 giorni di tempo, fino al 9 dicembre dunque, per chiarire se questo è un comune mafioso, come sostengono prefetto, Dda, forze dell’ordine».
Per le strade i manifesti annunciano il FondiFilm Festival, Bruno Fiore coglie la metafora: «La città non s’è accorta di nulla, come se un operatore avesse tagliato qualche scena di una pellicola e avesse poi ripreso la proiezione. L’ex sindaco gira ancora per le stanze del Comune, i dirigenti sono tutti lì e hanno brindato a champagne, dopo un sostanzioso aumento di stipendio; a marzo si vota e chi vorrà potrà pure ricandidarsi…». Fiore parla del “mito Fazzone”, il senatore del Pdl Claudio Fazzone, «che ha qui il suo feudo elettorale ed è stato il regista del mancato scioglimento da parte del Consiglio dei ministri»; del dossier Fondi preso a cuore dai ministri Brunetta, Meloni e Matteoli; delle lotte intestine tra lo stesso Fazzone e Giuseppe Ciarrapico; delle inchieste della magistratura, degli ultimi attentati tra pistolettate, camion bruciati, negozi distrutti.
Ma a chiedere: allora, senatore, come stanno le cose? Fazzone risponde al telefono da Roma (mentre il sabato mattina si trasferisce a Fondi, il bar Napoli è il suo quartier generale): «Vogliamo che venga fuori tutta la verità, vogliamo vedere anche noi le carte, mentre c’è un giornale del mio collega Ciarrapico che le ha pubblicate per intero. In Italia hanno sciolto quasi 200 comuni per mafia, perché tutto questo interesse per Fondi?». Forse senatore, proprio perché non l’hanno sciolto. «Avevamo un problema con un nostro assessore – continua Fazzone – e l’abbiamo cacciato (Riccardo Izzi, lavori pubblici, che ha ammesso il sostegno dei clan, ndr.); il sindaco si è dimesso perché gli hanno dato del delinquente; qui si vuole colpire la città, il centrodestra e il sottoscritto, altro che la mafia. Il Comune avrebbe avvantaggiato la famiglia Tripodo e quella Trani? Mai provato alcun collegamento, se davvero fosse stata favorita una certa agenzia funebre dovevano intervenire la Dia, la Procura di Latina… Parlano del mercato e dell’usura, mi spiegate il nesso?».
Camion di broccoletti entrano, camion di pomodori escono: trattasi del Mof, il mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più grandi d’Europa, finito nella maxi-operazione dellos corso luglio: le famiglie mafiose avrebbero imposto i prezzi, deciso quali società potevano operare, si sarebbero spartite le tratte; qui sarebbero finiti i proventi dell’attività di spaccio e usura del clan Tripodo. Ma c’è chi prende chilometriche distanze. «Un solo operatore del mercato è stato coinvolto nell’inchiesta – risponde Enzo Addessi, amministratore delegato del Mof, espressione della parte privata – Come cittadini siamo perplessi e indignati: avremmo preferito una decisione più netta, non questa che sembra un’assoluzione per mancanza di prove. Ma voglio precisare: il mercato è una comunità nella quale ci conosciamo tutti, la mafia non ne ha mai preso il governo, qui nessuno paga il pizzo, né condiziona i prezzi. E’ solo un teorema della magistratura: noi ci siamo dati tutte le regole, ogni passaggio di partecipazioni societarie è sotto controllo, vigiliamo sugli accessi giorno e notte. Il Mof un’isola felice? No, è un porto di mare, dove ogni giorno transitano tra le 3 e le 5 mila persone e centinaia di camion. Ma non è responsabile del trasportatore trovato con carichi illegali, magari di stupefacenti, o di generi di monopolio. Siamo diventati sinonimo di malavita più di Corleone e Scampia: arrestassero chi devono senza sfregiare tutta la comunità». Camion di broccoletti entrano, camion di pomodori escono.
Un dettaglio, per dare il senso di come si vive a Fondi: la selezione, accurata, del bar dove incontrarsi. «Meglio stare attenti – dice Anna Rita Fusco, insegnante, sindacalista Uil e membro del Comitato antimafie – Stamattina ero in una scuola di Latina, alle pareti c’erano dei manifesti sulla legalità: una pecora col tovagliolo e la scritta “Non fare la fine del lupo”. Ieri a San Felice una preside mi raccontava di lezioni periodiche sulla legalità tenute dall’Associazione Caponnetto. Perchè a Fondi parliamo solo di bullismo, incontriamo solo il corpo forestale? A un ragazzo di 12 o 15 anni non sarebbe meglio spiegare che cos’è la mafia?».
L’ex sindaco di Fondi: «Se mio cugino ha rapporti con un mafioso io cosa c’entro?»
«Esigo di essere ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia. Siamo noi i primi a volere che venga fatta chiarezza. Mafiosi a Fondi? Se c’erano, con loro non abbiamo mai avuto rapporti». L’ex sindaco Luigi Parisella va di fretta, ma ci tiene a precisare.
Il Consiglio dei ministri stava per sciogliervi per infiltrazioni mafiose, voi vi siete dimessi in extremis: perché?
«Avevamo un importante consiglio comunale sul bilancio, ma abbiamo parlato solo di questa storia dello scioglimento. Così si distrugge l’immagine della città, mentre occorre fare chiarezza. Ma non abbiamo commesso alcuna illegalità, altrimenti ci avrebbero arrestato. Vogliamo che si apra un’inchiesta».
Un’altra? Ce ne sono già tante.
«Riteniamo che organismi dello Stato abbiano contribuito a dare al prefetto un quadro errato e lo abbiano indotto a sbagliare. I cinque commissari hanno preso un abbaglio. Le carte dovevano essere secretate, mentre siamo finiti su tutti i giornali del mondo. Ma a chi lo possiamo dimostrare? Molti ministri non sanno nemmeno dov’è Fondi sulla cartina. Maroni ha approvato la relazione, ma come avrebbe potuto smentire il suo prefetto?».
Come risponde alle accuse nei suoi confronti?
«E’ tutto un castello in aria. Se mio cugino intrattiene rapporti con un mafioso io cosa c’entro? Se un dipendente comunale dichiara di avermi visto mentre accreditavo Tripodo presso un dirigente dei Lavori pubblici, ma io l’avevo appena rimosso, non era comprensibile che provasse astio verso di me? Ne ho altri duecento di dipendenti pronti a dichiarare il contrario. Dicono che ho dato la residenza ai camorristi. Mentre l’ho sempre negata. E ancora, un consigliere comunale è stato fermato dai carabinieri assieme a un camorrista: è vero, ma sono sette anni che i due litigano per una questione di confine e li hanno portati in caserma per rissa…».
Come giudica le oltre 500 pagine che descrivono la collusione tra Comune e clan mafiosi?
«Come ha detto un mio amico: un perfetto falso d’autore».
* Fonte: www.ilmessaggero.it
Il Messaggero 25-10-2009