SENTENZA ANNI ’90, ECCO COME I CASALESI COMANDAVANO NEL SUD PONTINO

16/10/2009 di

Trecento pagine che ricostruiscono gli affari d’oro del clan dei Casalesi nel Sud Pontino. Le motivazioni alla base della sentenza della Corte d’Assise per il processo al clan Mendico ripercorrono le dichiarazioni rese dai pentiti e dai collaboratori di giustizia, l’esistenza del “clan di Castelforte”, gli omicidi di Giovanni Santonicola e Rosario Cunto. Due ergastoli, per Ettore Mendico e Michele Zagaria, altre cinque condanne dai tre ai 15 anni e cinque assoluzioni.


Al vertice del gruppo di Castelforte Ettore Mendico, condannato anche per l’omicidio di Rosario Cunto, regolarmente “stipendiato” dal clan, agli ordini Alberto Beneduce e Michele Zagaria. Per Antonio Antoniozzi, condannato a 10 anni, si conferma “l’inserimento a pieno titolo” nel gruppo, “braccio destro armato di Mendico”, con compiti operativi ed esecutivi.

A “disposizione del gruppo” erano invece Domenico Buonamano (condannato a 10 anni), Luigi Pandolfo (8 anni) e Antonio La Valle (3 anni e 4 mesi). Nessuna prova invece di un’effettiva partecipazione al gruppo per i cinque personaggi assolti, Luigi Riccardi, Luigi Cannavacciuolo, Giuseppe Sola, Giuseppe Ruggeri e anche Maurizio Mendico. Diversa poi la posizione di Orlandino Riccardi, condannato a 15 anni per associazione mafiosa ma assolto per l’omicidio Santonicola, imprenditore troppo vicino ai La Torre, perché le prove raccolte a suo carico non accertano la partecipazione al delitto, per il movente e per la condotta successiva dell’imputato. E’ invece Michele Zagaria, capo indiscusso del clan, a organizzare l’omicidio dell’imprenditore, un delitto “efferato”, “eseguito con modalità brutali”, come scrivono i giudici.