DELITTO DEL CIRCEO, PROCURA CHIEDE LA LIBERTA’ VIGILATA PER GUIDO

27/08/2009 di

Gianni Guido, uno dei tre massacratori del Circeo libero dal 25 agosto dopo aver scontato la pena, potrebbe essere sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata. Una richiesta dell’applicazione di questa misura cautelare era stata avanzata dalla procura di Roma quando a Guido venne concesso nell’aprile del 2008 l’affidamento ai servizi sociali. All’esame del giudice del Tribunale di sorveglianza di Roma Enrico Della Ratta Rinaldi, lo stesso che ha ratificato il «fine pena» per Gianni Guido, c’è la richiesta della procura che sarà esaminata durante una udienza fissata nel mese di settembre.


La richiesta dell’applicazione della misura è stata fatta dalla procura sia in ragione della sentenza definitiva sia per ragioni di sicurezza. Nell’udienza il magistrato farà un esame della pericolosità sociale di Guido e una valutazione in tal senso, ovvero se respingere la richiesta o applicarla. In questo ultimo caso all’ormai 54 enne Guido potrebbe essere fatto obbligo di firma presso una stazione di polizia o di rientrare nel domicilio ad un orario prestabilito. la richiesta della procura di Roma «è una decisione saggia», dice il ministro della Giustizia, Angelino Alfano che spiega di aver allertato i suoi uffici «per verificare che il percorso in carcere di Guido sia stato compiuto correttamente».

Alfano rileva che «si tratta di un soggetto evaso due volte durante il periodo della detenzione. La sua libertà va osservata per far sì che questa nuova occasione, che uno Stato democratico liberale e civile come quello italiano sta offrendo a lui, non sia sprecata. Una seconda occasione di cui le sue vittime non possono giovarsi». Anche oggi finestre chiuse e citofono muto nell’elegante palazzina in via Capodistria 4 a Roma, dove Guido abita con i genitori partiti per le vacanze, dicono i vicini, agli inizi di agosto. Nel quartiere Nomentano c’è chi lo descrive come «un uomo educato» e qualcuno dice: «Poveraccio, dopo 30 anni avrà pur diritto alla sua vita». E ora, dal passato di Guido, sono riemersi particolari su come, anni dopo quel massacro, il «pariolino» lo rivisse. Fu il «modo di vivere» fatto «di puro egoismo e divertimento» a «portarmi a commettere l’episodio per cui sono stato condannato».

Era il giugno del ’94, dopo che Guido era stato arrestato a Panama dove era latitante, al giudice Guido Salvini «i fatti del Circeo», come lui stesso li chiamava. Un arresto, quello di Panama, che veniva a 9 anni di distanza dalla sua sparizione, ancora oggi un ‘giallò, da un clinica di Buenos Aires nell’85, che impedì di interrogarlo all’allora giudice istruttore Giampaolo Zorzi, che si occupava della seconda inchiesta sulla strage di Piazza della Loggia, 8 morti e oltre 100 feriti nel 28 maggio del 1974. «Voglio premettere che la mia vita – spiegava Guido nell’interrogatorio, datato 4 giugno 1994, davanti al giudice Salvini che in quel periodo stava indagando sull’eversione nera – sino ai fatti del Circeo del settembre del ’75, è stata sostanzialmente quella di un ragazzo romano di buona famiglia, con simpatia a destra, ma non con militanza a destra». Un ragazzo, si descriveva ancora, «portato come molti in quell’epoca a vivere l’esistenza in termini di puro egoismo e divertimento». È stato, sempre dall’interrogatorio, «questo modo di vivere a portarmi a commettere l’episodio per cui sono stato condannato». Guido parlò anche dei rapporti con Angelo Izzo, autore assieme a lui del massacro, spiegando che all’epoca viveva «in un contesto di volontà di far soldi per spenderli, anche se eravamo tutti di famiglia agiata». Negli anni della latitanza, invece, «la mia personalità è cambiata e mi sono reso perfettamente conto della gravità di ciò che ho fatto quando ero ragazzo».