Clandestini nella rete dei kebab, controlli anche a Latina

21/02/2012 di

Favoriva l’ingresso in Italia di clandestini curdi da sfruttare nel circuito dei kebab (una
cinquantina in casi accertati) la presunta organizzazione guidata da turchi (della
stessa etnia), sei arrestati, smantellata dalla digos di Terni e dal servizio centrale
antiterrorismo della polizia di prevenzione. Individuata quella che è considerata una
ramificata associazione per delinquere, con base operativa nella città umbra.

I sei turchi, ritenuti al vertice, sono risultati riconducibili alla «Hezbollah
turca» organizzazione di credo islamico sunnita, nata con l’obiettivo di creare uno
«stato retto dalla Sharia sul territorio della Repubblica Turca».

Secondo gli investigatori l’intera filiera del kebab, dalla lavorazione delle carni
fino alla vendita al minuto, si è dimostrata funzionale alla raccolta di denaro. Una
sorta di salvadanaio periodicamente svuotato dai vertici del gruppo per sostenere la
causa curda in Turchia.

A carico dei sei arrestati sono emersi precedenti per terrorismo (ma la polizia ha
sottolineato oggi che non progettavano alcuna attività di questo tipo in Italia),
armi, droga e immigrazione. Gestivano in diverse regioni la vendita di kebab (un
sistema economico «di tipo monopolistico» è stato definito) ed avevano regolarizzato
la loro posizione, ottenendo fraudolentemente il riconoscimento di rifugiati politici.
Proprio attraverso la prospettiva della regolarizzazione, mediante l’abuso dell’asilo
politico, l’organizzazione – è emerso dall’indagine – favoriva l’ingresso dei curdi
ricorrendo a trafficanti di esseri umani (navi e tir), passaporti di servizio, visti
di breve durata, sostituzione di persona e matrimoni simulati. I turchi giunti in
Italia, alcuni poi destinati ad altri Paesi, ottenevano dall’organizzazione vitto,
alloggio e occupazione. Lo stesso gruppo – ritiene la polizia – li avviava poi alla
procedura per il riconoscimento dell’asilo, predisponendo le dichiarazioni tipo da
rendere, accompagnate da documentazione contraffatta (tessere di partiti politici,
mandati di cattura, certificati medici attestanti esiti inesistenti di ferite da
tortura).

Il più delle volte è stato accertato che i cittadini turchi dichiaravano
falsamente l’appartenenza a partiti politici organici al Pkk, per ottenere più
facilmente il riconoscimento dell’asilo politico che ha consentito ai curdi anche di
sottrarsi al rischio estradizione in Paesi dove avevano condanne per reati anche
eversivi.

I principali indagati – è stato riferito – si sono dimostrati ben introdotti anche in
alcuni settori della pubblica amministrazione potendo contare su una fitta rete di
conoscenze.

Tale che aveva determinato il convincimento, espresso dai vertici dell’associazione,
secondo cui «in Italia come in Turchia è possibile avere tutto pagando».
L’operazione ha interessato oltre alla digos di Terni, diretta da Moreno Fernandez,
quelle di Roma, L’Aquila, Modena, Milano, Trieste, Como, Venezia, Latina e Viterbo.

Finita in carcere anche una romana di 46 anni ritenuta responsabile di avere
consentito fraudolentemente e per fini di lucro il rilascio agli stranieri di
abilitazioni per la conduzione di esercizi pubblici. Due ucraine sono invece finite ai
domiciliari a Terni e Milano per concorso nel favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina. A carico di tutti sono state eseguite ordinanze di custodia disposte dal
gip di Terni su richiesta del pm Elisabetta Massini.

Sono state invece indagate a piede libero altre 30 persone per reati che vanno
dall’associazione per delinquere, al favoreggiamento dell’immigrazione, al falso
documentale. Tra questi diversi artigiani, un avvocato di Terni e un medico di Roma.

  1. Non ci bastano i nostri. Venite in Italia, della destra del Nano, cè posto per tutti.
    Visto e considerato che nei vostri paesi ” va tripn di botte” venite in Italia che troverete sempre un imbecille che fi difende. Ormai è appurato; i veri delinquenti sono chi paga le tasse onestamente