Omicidio Buonamano, processo al via: “Fabio perseguitato dagli zingari”

E’ iniziato il processo in Corte d’Assise per l’omicidio di Fabio Buonamano. Sotto accusa, Romolo Di Silvio, zio di Costantino già condannato all’ergastolo per il delitto.
In aula i primi testimoni, che tra i tanti “non lo so, non ricordo” hanno descritto un sentimento di “angoscia” perché Buonamano sarebbe stato perseguitato “dagli zingari”. Brevi le testimonianze della donna che per prima ha rinvenuto il cadavere, di un poliziotto della scientifica sul primo sopralluogo e di un agente che ha svolto l’accertamento balistico. A riferire aspetti più sostanziali sulla vita della vittima, una sua ex fidanzata, Chiara P: con Massimiliano Moro, ucciso il giorno prima della morte di “Bistecca”: “Li ho sentiti parlare di una pistola”, elemento spesso al centro della testimonianza.
“Era perseguitato dagli zingari a causa di un’arma, lo andavano a cercare al campo, gli chiedevano favori, lui si opponeva, non sopportava Patatone”. A confermare la presunta persecuzione da parte dei Di Silvio è la madre di Fabio: “Mio figlio mi ha raccontato di essere stato tartassato, volevano che sparasse a qualcuno per vendicare Ferdinando, (padre di Patatone, ucciso nel 2003) doveva fare il cavallino per loro. Quelle di un attentato che i Di Silvio avrebbero chiesto di commettere a Fabio, nei confronti di un avvocato che aveva denunciato Patatone, sono voci che circolano, non mi è stato mai confermato da mio figlio”.
Il maggiore Vincenzo ha invece voluto sottolineare che “Fabio non è stato ucciso perché coinvolto nell’omicidio di Ferdinando e ai Di Silvio non ha mai chiesto soldi”. Ultima ma non meno importante la dichiarazione di Francesca S., compagna della vittima: la
ragazza, la sera del 26 si era recata a casa di Buonamano per prendere una valigetta contenente soldi e documenti, gettata poi in un fosso nei pressi di Latina scalo, rinvenuta da alcuni operai e consegnata in Questura. Alla corte ha dichiarato l’intenzione di andarla a riprendere il giorno dopo. Interrogata dal giudice sui motivi del gesto e sull’eventualità di aver avuto qualcosa da nascondere non ha saputo fornire nessuna spiegazione. In aula anche la parte civile rappresentata dall’avvocato Luigi Pescuma. Rinvio del processo al primo giugno.
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