AGGUATO CON MITRA, CACCIA AL QUARTO UOMO

02/04/2008 di
di GIOVANNI DEL GIACCIO * 
 
Pensava
di averla fatta franca. Di essere ormai al sicuro. Al punto di recarsi
personalmente a fare rifornimento di benzina. Invece era braccato ed è stato
arrestato. E’ il terzo uomo della sparatoria nella quale, nella notte tra
venerdì e sabato scorso, sono state ferite due persone e una terza è
miracolosamente scampata all’agguato. Un spedizione in stile camorristico della
quale faceva parte, secondo gli investigatori, anche Agostino Ravese, 36 anni,
residente a Nettuno ma originario di Reggio Calabria.

E’ il terzo a finire in
carcere dopo Francesco Gara e Vincenzo Buono. Manca all’appello solo il quarto
componente del gruppo di fuoco, il pezzo probabilmente più “pregiato” per gli
investigatori della squadra mobile di Latina che insieme ai colleghi del
commissariato di Cisterna lavorano incessantemente dall’altra notte.
 

legatissimo al boss in carcere Francesco Schiavone, detto “Sandokan”, capo del
clan dei Casalesi. Come per Gara e Buono gli uomini diretti dal vice questore
Fausto Lamparelli erano arrivati praticamente subito a Ravese , si trattava
solo di incastrarlo. Lo hanno rintracciato lunedì sera lungo
la Pontina Vecchia,
in un distributore di carburante a Pomezia. Non ha opposto resistenza. Nel
corso dell’operazione, è stata anche sequestrata
la Golf ritenuta l’auto “pulita”
utilizzata dalla banda per allontanarsi dalla zona dell’agguato a Borgo Carso,
subito dopo aver sparato e ferito Giuseppe Chinellato, ignaro agricoltore, e
Gerardo Citro. All’agguato, però, è scampato il vero obiettivo, quel Francesco
Cascone arrivato a Cisterna per investire in un’attività di ristorazione.
 

proprio risalendo a vecchie minacce subite dalla moglie di Cascone, rimettendo
insieme i “pezzi” raccolti in quell’indagine, scambiandosi informazioni, che i
poliziotti sono arrivati agli arresti praticamente immediati.
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E adesso è
proprio Cascone il principale accusatore di chi ha compiuto quell’agguato.
Trovati tre dei quattro presunti appartenenti al gruppo di fuoco resta da
capire il movente dell’azione. Ulteriore approfondimento della squadra mobile.
Anche per Ravese, comunque, l’accusa è di tentato omicidio plurimo e porto
illegale di armi da guerra. E’ stato trasferito alla casa circondariale di
Velletri. Ieri, intanto, sono stati ascoltati proprio a Velletri Francesco Gara e Vincenzo Buono, assistiti dagli avvocati Antonio
Francesco Cometrà, Teresa Rocco e Ciro Palumbo. I due si sono avvalsi della
facoltà di non rispondere, restano in carcere ma il giudice Bernardette Nicotra
ha trasferito gli atti per competenza a Latina.
 
I difensori hanno preannunciato
ricorso al Riesame. «Buono è stato trovato a casa che dormiva – spiega
l’avvocato Palumbo – è incensurato, non capisco quale pericolosità sociale o di
fuga si possa contestare. Tra l’altro non si trovano le armi, non è stata fatta
la prova Stub, chi lo accusa dice di aver riconosciuto il commando in macchina
a velocità elevata e di notte. Mi sembra che qualcosa non quadri». Il giudice,
però, ha convalidato le misure.
 
 
L’ALLARME DEL PM DIANA DE MARTINO 
 
di
MARCO CUSUMANO *

«Ciò che è successo qualche giorno fa a Latina è un fatto gravissimo e
allarmante sul quale stiamo concentrando la nostra attenzione». Diana De
Martino, sostituto procuratore dell’Antimafia, commenta così l’agguato del
commando armato che ha esploso raffiche di kalashnikov ferendo gravemente due
persone la notte di venerdì. Il magistrato in questi giorni è impegnata in un
importante processo di mafia al Tribunale di Latina. Ieri, prima di entrare
nell’aula della Corte d’Assise, si è fermata con i cronisti per commentare
quanto accaduto sull’Appia.

«E’ sicuramente un episodio molto grave che potrebbe essere maturato
nell’ambito di una lotta tra gruppi rivali. Per questo motivo non escludo un
intervento anche da parte nostra». Dunque l’inchiesta potrebbe essere affidata
alla Direzione distrettuale antimafia che si troverebbe ad indagare nuovamente
sul territorio della provincia di Latina. «Per adesso siamo impegnati – spiega
Diana De Martino – in un’inchiesta che riguarda la zona di Fondi e che non ha
nulla a che vedere con l’episodio dell’altra sera». Ma se dovessero essere
confermate le ipotesi che legano l’agguato ad una lotta tra gruppi criminali di
stampo mafioso.
 
Intanto ieri si è svolta una nuova udienza del processo a carico degli
esponenti del clan Mendico. Dopo la deposizione dei carabinieri che hanno
combattuto i clan che operano nel Sud pontino e in Campania, sono iniziate le
testimonianze dei collaboratori di giustizia sotto protezione. In collegamento
con videoconferenza da una località segreta è stato ascoltato il pentito
Piccirillo, ex esponente del clan La
Torre, il quale ha fornito elementi utili alla ricostruzione
dei rapporti interni tra i gruppi criminali. «Le testimonianze dei pentiti –
spiega il pm De Martino – sono stati fondamentali per chiarire due omicidi
avvenuti nel Sud della provincia di Latina negli anni ’90». Si tratta degli
omicidi di Rosario Cunto e Giovanni Santonicola, avvenuti tra l’aprile e il
settembre del 1990 nell’ambito della guerra il clan dei Casalesi e il clan
La Torre-Esposito. Il
processo proseguirà con le testimonianze di altri pentiti. (* Il Messaggero 2-4-2008)