Bimba picchiata, la madre difende il compagno indagato

25/01/2011 di
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Urla per scagionarsi dall’accusa di essere il mostro che avrebbe rischiato di uccidere una neonata: «L’ho trattata come un fiore», dice Settimo. E la mamma della piccola ricoverata al Gemelli da due giorni gli dà ragione: «Quei lividi c’erano già prima. Stava col padre, gliel’ho levata per fare meglio…e invece…». Sul corpicino martoriato di V.C., nata da appena dieci mesi – la cui prognosi è stata sciolta qualche ora fa – si contrappongono le diverse versioni di tre persone, che secondo gli inquirenti avrebbero una vita umile, ma del tutto normale, a San Felice Circeo.

Un dramma del degrado e dell’abbandono andato in scena nel buen retiro della Roma bene che qui ha ville e case per le vacanze. Immobili di lusso che nulla hanno a che vedere con i poveri metri quadri dove la famiglia, o quel che ne resta, sopravviveva. Due manovali, entrambi con le fedine penali pulite, e una bracciante agricola, dal passato sentimentale burrascoso. La donna ha alle spalle un matrimonio, con due figli, piccoli, che frequentano la prima e la terza elementare e vivono col padre; e una convivenza fallita con il papà della neonata, che in questi giorni ha rischiato di morire. Ora difende il suo nuovo compagno, accusato di aver maltrattato la figlia.

È lei a ripetere all’ANSA la sua versione di come sono andate le cose: «Il colpevole lo accerteranno gli inquirenti, ma quei lividi c’erano già prima». «La bambina viveva con il padre – racconta la donna – ma quando ho visto quei segni sul corpo l’ho portata con me».

Perché non lo aveva denunciato? «Si fanno tanti sbagli – è la risposta – si pensa di fare il meglio e poi….Ma la mia colpa è che vado a lavorare e devo lasciare la bambina». «Ora ho solo un fortissimo dolore per mia figlia che sta lottando tra la vita e la morte», conclude fra le lacrime.

«L’ho sempre trattata come un fiore, l’ho cambiata, vestita e le ho dato da mangiare», fa eco la versione di Settimo P.. L’ uomo, 31 anni, ammette che si trovava solo in casa quando la bambina ha avuto delle convulsioni, e racconta: «La febbre saliva di giorno e la notte si abbassava. Manuela così venerdì decise di non andare al lavoro e di portare la bambina dalla pediatra. Io non sono andato, sono rimasto a casa. Quando è tornata mi ha raccontato che la pediatra, vedendo i lividi, voleva presentare una denuncia, ma lei l’ha pregata di non farlo. Sono le sue parole. È questo quello che mi ha raccontato». Ai media e al paese, intanto, dove la gente segue attonita lo sviluppo della vicenda, si rivolge don Carlo Rinaldi, parroco di Santa Maria degli Angeli: «Occorre grande cautela, nel parlare di quello che è accaduto. Attorno a questa famiglia dobbiamo alzare una cortina di comprensione e stare vicini al dramma». Dove si può trovare una chiave per leggere quello che è accaduto? «Si può pensare forse alla situazione di isolamento che vive chi non riesce a uscire dal precariato, di chi non riesce a trovare lavoro, in modo stabile».

CONVIVENTE INDAGATO – Su di lui c’è un sospetto terribile: quello di avere picchiato una bimba di dieci mesi fino a ridurla all’incoscienza. Ora Settimo P. è indagato per maltrattamenti e lesioni volontarie. La piccola è ricoverata al Gemelli di Roma e le sue condizioni sono migliorate. La madre, Manuela, urla l’innocenza di Settimo, suo nuovo compagno, e se la prende col padre della bimba, Mario: «Quei lividi c’erano già prima di venerdì», il giorno in cui la piccola è stata ricoverata. È un dramma dell’ignoranza e dell’indigenza quello di San Felice Circeo, oasi dorata della borghesia romana e passata alla storia anche per il massacro di Izzo e compagni. Settimo, 31 anni, operaio, è l’ultimo convivente della madre della bambina, Manuela, una vita difficile sempre alla ricerca del compagno migliore. Ha già due figli Manuela, e vivono col padre naturale. Poi l’incontro con Mario, la nascita della bimba e infine la nuova convivenza. Settimo dalla finestra di casa, nel centro di San Felice, in pigiama, con il suo orecchino e due tatuaggi, uno sul collo e l’altro sul braccio, proclama la sua innocenza: «quella bimba l’ho trattata sempre come un fiore». E per allontanare i sospetti di una sua tossicodipendenza si sottoporrà ad esami del sangue. «Sono stato con la bimba tutto il giorno, l’ho lavata, le ho preparato la minestrina e l’ ho addormentata – dice – poi sono andato a vederla nel lettino e aveva avuto le convulsioni». Manuela lo difende, accusando il marito: «quei lividi c’erano già prima. Quando ho visto quei segni sul corpo l’ho portata via dal padre». Manuela, però, prima, aveva difeso anche il marito, pregando una pediatra che aveva visitato la bimba e aveva chiesto il perché di quei lividi, di non sporgere denuncia. «Non si preoccupi, lasci stare», l’aveva supplicata. In questo dramma di povertà tra una bracciante, la donna, un operaio, il convivente e il papà della bambina che saltuariamente aiuta suo padre nella ditta che raccoglie ferro e altri materiali, per gli investigatori l’ingrediente principale è soprattutto «la mancanza di cultura, l’ignoranza». Vittima la piccola, ma forse anche la madre, descritta dalle amiche come «bisognosa d’affetto» e «non brava a scegliersi i conviventi» soprattutto perché erano sempre «squattrinati». «Il colpevole lo accerteranno gli inquirenti» dice Manuela ed infatti il pm della Procura di Latina ha disposto una consulenza tecnica per verificare se le cause degli ematomi sono imputabili ad una caduta. A fare la perizia sarà il medico legale, Giovanni Arcudi. Nel frattempo la cartella clinica è stata sequestrata ed è stato disposto il divieto per i genitori di vedere la piccola. «Ho visto quei lividi, dovevo parlare, si fanno tanti sbagli – ha detto la donna parlando dalla porta di casa – si pensa di fare il meglio e poi… Ma la mia colpa è che vado a lavorare e devo lasciare la bambina».