Arrestata la giudice Giorgia Castriota, l’accusa: “Disegno criminoso ben collaudato”

22/04/2023 di

Un gruppo ben strutturato, composto principalmente dalla coppia Castriota-Ferraro, che si è mosso al fine di conferire incarichi al secondo o, comunque, ad amici compiacenti disposti a nominarlo, al fine di percepire compensi, se effettivamente legittimi e dovuti per la totalità è da verificare, in procedure capienti nelle quali ‘c’è una marea di sordì da spartirsi». Questo il quadro delineato dal gip di Perugia Natalia Giubilei nell’ordinanza con ha disposto tre misure cautelari nei confronti del giudice per le indagini preliminari in servizio al tribunale di Latina Giorgia Castriota e di due professionisti.

La giudice è attualmente in carcere accusata, insieme ai due collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, a vario titolo di corruzione per atti contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. L’accordo, come riportato nell’ordinanza emessa dopo le indagini dei pm di Perugia, era di riversare una parte dei soldi «a Castriota, che quelle nomine ha favorito ed avallato, in completa violazione di legge ed in esecuzione di un disegno criminoso ben delineato, che suggerisce l’esistenza di uno schema collaudato che va avanti da anni e che, verosimilmente, si è realizzato, come dovrà essere verificato, anche in altre occasioni».

Le indagini che hanno portato all’arresto di Giorgia Castriota e di Silvano Ferraro e Stefania Vitto nascono dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili allo stesso gruppo operante nel settore della logistica, sequestrate nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari alla Procura della Repubblica di Latina. «La personalità che è emersa relativamente a Castriota – scrive il gip – è quella di una donna che ha bisogno di soldi, ma non perché il suo stipendio sia oggettivamente basso, percependo oltre 3.000 euro mensili, ma perché si ostina a voler vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche, abitando in affitto a Roma, verosimilmente a motivo della relazione col Ferraro, ma lavorando a Latina, con tutto ciò che ne consegue in termini di spese ordinarie; né la stessa sembra voler rinunciare all’acquisto di oggetti di lusso, come gioielli o orologi».

In questo ambito, viene riportato nell’ordinanza «ha quindi pensato di sfruttare il proprio ruolo per lucrare sulle nomine del compagno e di amici, dai quali farsi poi remunerare quale atto dovuto; la chiarezza delle intercettazioni è lampante, arrivando a domandare alla domestica che ‘intercedà presso Ferraro per farsi dare “qualche soldino in più”.

Altrettanto lampante, secondo il gip è »l’uso distorto della funzione per perseguire tale obbiettivo: sequestri originari, emessi ragionevolmente in maniera legittima e sulla base dei presupposti di legge, o almeno non vi sono allo stato delle indagini elementi per affermare il contrario, hanno costituito l’occasione per porre in essere le successive condotte delittuose, a cominciare dalle nomine di favore”.

Ferraro, sottolinea il gip, “si è rivelato, oltre al compagno della Castriota, l’anello di congiunzione fra quest’ultima che, a causa del ruolo, doveva restare formalmente estranea a certe dinamiche, ed i professionisti. Non solo coadiuva Castriota nella attività di gestione della procedura, ma ne indirizza l’attività giudiziaria ed è determinante nel conferimento di incarichi, rivolgendosi ad amici di vecchia data sollecitando le liquidazioni in favore dei professionisti «raccomandati», ricavandone cospicue utilità: da un lato infatti riceve a sua volta, dai soggetti dei quali ha mediato la nomina, incarichi all’interno delle procedure; dall’altro è verosimile riceva denaro non dovuto da questi ultimi, sia formalmente per fatture emesse a titolo di consulenza”.

È evidente, per il gip di Perugia quindi “la sussistenza delle esigenze cautelari prospettate e la loro attualità, soprattutto alla luce dei recenti comportamenti posti in essere successivamente alla conoscenza della pendenza dell’indagine, quali la distruzione del telefono da parte di Castriota, poiché è evidente che gli indagati stanno attuando condotte volte inquinare il quadro indiziario, e ad impedire di assicurare le fonti di prova dei delitti perpetrati”.