Al cinema “America Latina”, il film con Elio Germano girato nel capoluogo pontino

11/01/2022 di

È «figlio del tempo, di questa angoscia e di questa paura che abitano dentro di noi e che la pandemia ha fatto detonare tutto insieme» America Latina e anche per questo con coraggio affronta la sala, da giovedì 13 gennaio. I gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, i talenti «bulimici», appassionati autodidatti esuberanti arrivano con il loro terzo film dopo gli exploit con La terra dell’abbastanza e Favolacce, premiato a Berlino per la sceneggiatura. Il film è stato girato a Latina e a Roma.

«È un film molto personale – dice Fabio D’Innocenzo – in grado pensiamo di dialogare con tutti perché allo stesso tempo universale». Dopo il passaggio in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Vision Distribution che lo ha prodotto con Lorenzo Mieli per The Apartment (gruppo Fremantle), in co-produzione con Le Pacte e in collaborazione con Sky, ha deciso che anche se sono settimane critiche per il cinema in sala comunque non dovesse fermarsi: la risposta alla paura, sottolinea Mieli, è continuare a vivere. E poi chi ha detto che il pubblico vuole evasione? «Evasione è anche essere perturbati da un film», aggiunge Fabio D’Innocenzo. La storia in questo senso è tono su tono perché centrata su una sorta di discesa (e non solo metaforica) negli inferi di ciascuno di noi.

Il protagonista è Elio Germano (al solito bravissimo) nella parte di Massimo Sisti, titolare di uno studio dentistico a Latina. È gentile, educato, con una moglie e due figlie, vive per loro, si commuove in salotto a vedere la bellezza della sua famiglia riunita. Certo qualche indizio di profonda inquietudine si intravede: a cominciare dalla casa, una villa con piscina, uno status symbol dal design datato, con enormi vetrate. È una casa a piani e quello di sotto, il garage, ha uno scantinato segreto, è proprio lì dentro il cuore del film.

«Massimo è in crisi, una modalità di vita che riguarda tutti quando ci rendiamo conto che siamo diversi rispetto al ruolo da rappresentare. Un ruolo maschile che deve essere sempre un modello vincente per la società, bisogna essere performanti e in questo senso chi non ci riesce si allontana», dice Elio Germano che si augura «che venga eletta una donna al Quirinale».

America Latina è «una fotografia impietosa del maschio, senza voler dare giudizi sul personaggio – prosegue Damiano D’Innocenzo – è la mascolinità tossica, di cui siamo vittime e carnefici al tempo stesso, a venir fuori». Prosegue Elio Germano: «È la storia di una ferita che si allarga sempre di più, è la storia di una vulnerabilità ma la vulnerabilità è essa stessa umanità, l’invulnerabilità è l’anti-umano. Possiamo ritrovarci un pò tutti in questo contrasto, un bipolarismo tra la nostra fragilità, sensibilità e quello che ci viene richiesto dalla società. Massimo fa un viaggio dentro se stesso, nel suo abisso, nella sua palude, nell’orrore nascosto sotto al tappeto volendo che non trapeli, per ritrovare la sincerità nell’estremo dolore e proprio per questo è una storia d’amore seppure appare altro». America Latina in questo sfugge ai generi: «È un thriller, una indagine antropologica, un horror e come sempre per noi c’è la famiglia al centro, il luogo delle nostre battaglie quotidiane».

Nel cast Astrid Casali, Sara Ciocca, Maurizio Lastrico, Carlotta Gamba, Federica Pala, Filippo Dini e con la partecipazione di Massimo Wertmuller.

Come si reagisce a questo tempo pandemico? «Cerco di bendarmi, mi rifugio ore al giorno nella mia stanzetta – dice Damiano – scrivo e disegno e mi scorso di tutto, il mio antidoto forse egocentrico è quello», Fabio invece risponde con il cinema, «una salvezza che ha questo potere catartico di farti entrare in un’altra dimensione e farti dimenticare di tutto».

Elio Germano replica da artista, «da essere particolare che assorbe anche suo malgrado probabilmente. Quello che stiamo vivendo ci attraverserà e diventerà qualcosa che ora non possiamo immaginare, i film del resto si sono sempre fatti in tempi di pace ma anche in guerra e l’angoscia che sentiamo oggi è per qualcosa che a noi fortunati e riparati ci tocca ma ci sono tante altre situazioni, come quelle di rifugiati, che sono ben peggiori. Ecco, penso da artista che la pandemia potrebbe essere una lezione per chi vive riparato, fa entrare il dolore nella vita anche se facciamo di tutto per viverla nel comfort».