Manuela Arcuri cancella il post che omaggiava la camorrista Assunta “Pupetta” Maresca

07/01/2022 di

L’attrice di Latina Manuela Arcuri ha cancellato il post con il quale omaggiava la camorrista Assunta “Pupetta” Maresca recentemente scomparsa. Sui social, e non solo, la Arcuri era stata aspramente criticata per l’esaltazione di una boss condannata per omicidi e attività criminali legate alla camorra.

«Abbiamo appreso con soddisfazione che l’attrice Manuela Arcuri ha eliminato da Instagram il post con il quale omaggiava Assunta “Pupetta” Maresca di recente scomparsa. Dopo le tante polemiche suscitate da quel ricordo poco gradito, l’attrice ha rimosso la foto scrivendo in una stories che la sua intenzione era quella di omaggiare la fiction interpretata e scusandosi per aver ingenuamente lasciato intendere altro. La rimozione del post e le scuse erano un atto dovuto, considerato le centinaia di migliaia di followers ai quali era stato lanciato un messaggio sbagliato». Così Fabio Conestà, Segretario Generale del Movimento Sindacale Autonomo di Polizia (Mosap), commenta il dietrofront dell’attrice di Latina.

«La notorietà di certi personaggi amati e seguiti dal pubblico – continua Conestà – dovrebbe essere un riflettore per le continue battaglie di legalità e per mantenere viva la memoria di chi ha versato del sangue per gli ideali di verità e giustizia. Apprezziamo il gesto dell’attrice e ci auguriamo di leggere presto sulle sue pagine un omaggio a chi, a causa della criminalità, ha perso la vita da innocente».

LA SCOMPARSA DI “PUPETTA”. Ha ispirato film di registi del calibro di Francesco Rosi, che girò «La sfida», nel 1958. E anche Marisa Malfatti e Riccardo Tortora vollero dedicare ad Assunta «Pupetta» Maresca una pellicola proprio con il suo nome: «Il caso Pupetta Maresca» (1982). E’ morta, a 86 anni, la prima camorrista. Si è spenta per una lunga malattia nella sua casa di viale Europa, a Castellammare di Stabia. Nel 1955, quando aveva 20 anni, lei, figlia di un contrabbandiere, uccise il mandante dell’omicidio del marito, Pasquale Simonetti, soprannominato «Pascalone ‘e Nola»: incinta di sei mesi, sparò ad Antonio Esposito e per questo omicidio ha scontato in carcere 13 anni e 4 mesi. Durante la detenzione partorì il suo primo figlio, Pasqualino, cresciuto dalla nonna materna, mentre lei concludeva i suoi anni in cella, in tutto dieci, poi fu graziata. La sua vita movimentata, di donna anche molto avvenente – da adolescente vinse un premio di ‘Reginettà a Castellammare di Stabia – la portò nel mondo del cinema . Nel 1967 fu protagonista del film ‘Delitto a Posillipò, diretto da Renato Parravicini, vagamente ispirato alla sua vita. In questa pellicola dette prova del suo talento di attrice e anche di cantante interpretando un suo testo, «’O bbene mio». Nel 1970 si innamorò del camorrista Umberto Ammaturo, dal quale ebbe due gemelli, Roberto e Antonella. Poi, sfidò apertamente il boss della ‘«Nuova camorra organizzata»’, Raffaele Cutolo. La fama di essere una ‘boss’ le giunse quando venne accusata di essere la mandante dell’omicidio di Ciro Galli, un affiliato a Cutolo, ucciso nel 1981 per vendetta trasversale. Il pm chiese l’ergastolo, ma nel 1985 fu assolta per mancanza di prove. Il 13 febbraio 1982, in piena guerra tra Nco e ‘Nuova famiglià, indisse una conferenza stampa, nel corso della quale minacciò apertamente Cutolo.

«Il carcere che mi ha fatto veramente male è stato quando sono stata arrestata la seconda volta, per avere parlato di Cutolo che a quei tempi uccideva tutti i giorni – disse in un’ intervista all’ ANSA -. Io urlavo nel carcere, per l’ingiustizia che ho subito, quattro anni per aver detto che Cutolo era sostenuto dalla politica. È vero, l’ ho minacciato di morte, ma lui minacciava i miei fratelli e io avevo davanti agli occhi mio padre che piangeva. Crede che la camorra avrebbe mandato una donna a fare minacce in pubblico? Il mio è stato un impeto di rabbia, che ho pagato amaramente». Era comparsa in un processo l’ultima volta quando tra le prove fu portata una lettera a un imprenditore nella quale chiedeva un posto per il figlio e spiegava di essere stata rovinata dai pentiti. «Ora ho quasi 80 anni e desidero ancora una carezza da mia madre, una carezza che non ho mai avuto», fu la frase che pronunciò 9 anni fa, dando di sè un’immagine melodrammatica, in parte corrispondente alla fiction di Canale 5 che ebbe come protagonista Manuela Arcuri. Don Paolo Cecere, 89 enne ex parroco della chiesa di Sant’Antonio di Padova, l’ha conosciuta da bambina. La loro infanzia nel quartiere di via Tavernola era trascorsa per qualche tempo come compagni di giochi. «Ricordo il padre Alberto, responsabile del Consorzio del Latte in via Virgilio, a pochi passi dalla via Tavernola dove abitavamo da bambini. Lei era fin da piccola una persona turbolenta», racconta il sacerdote. Ma Pupetta, nelle sue drammatiche vicende, non si è mai rivolta a don Paolo. ‘«Non l’ho mai confessata, perché – spiega il sacerdote – ci conoscevamo da bambini e, di sicuro, avrebbe avuto qualche remora a raccontarmi di sé». «Quando, per la seconda volta, uscì dal carcere – aggiunge il sacerdote – frequentò la chiesa per circa un mese assiduamente, e poi venne a raccontarmi che su di lei avrebbero girato una fiction, promettendo una offerta alla Chiesa. Ma poi se ne sarà’ dimenticata perché non l’ho più’ vista».