Addio manifesti (senza rimpianti). La campagna elettorale corre su web e social

Guardando le foto di pochi anni fa, sembra passato un secolo. Quella del 2021 è la prima campagna elettorale senza l’invasione di manifesti elettorali (quasi tutti abusivi), affissi in ogni angolo della città.
Attenzione, i manifesti ci sono ancora, ma si tratta soprattutto di 6×3 o di vele itineranti, anche se non sempre sono realmente “itineranti”, più spesso stazionano per giorni nello stesso posto, nonostante sia vietato.
Non si vedono più i “faccioni” appiccicati ovunque. Ricordate i poveri alberi in via Epitaffio? Le pensiline degli autobus, i muretti dei condomini, le recinzioni? Era tutto ricoperto di faccioni che duravano poche ore, per poi essere strappati e ricoperti da altri faccioni.
Tutti allegramente abusivi, uniti da una sorta di patto di non belligeranza.
Tutto questo non ci manca per niente. La campagna elettorale oggi si è trasferita sul web e resiste negli appuntamenti in presenza, seppur con qualche minima accortezza anti Covid. I candidati investono soprattutto nelle campagne sui social e sui siti web locali dove i numeri delle visualizzazioni sono da capogiro. Costi più contenuti, risultati migliori e zero degrado.
Non solo. La strategia di comunicazione è oggi molto più raffinata, almeno per chi si affida ai professionisti del settore. Gli interventi sono mirati non solo a proporre soluzioni e ricette per migliorare la città, ma hanno anche l’obiettivo di coinvolgere attivamente i lettori-elettori in un meccanismo ormai ampiamente utilizzato attraverso i social.
Si potrebbe definire “engagement elettorale” (per rubare un termine usato nel marketing) che spinge verso il confronto, anche aspro, restando sempre intorno a un candidato o a un argomento da lui sostenuto.
C’è inoltre un ampio uso della messaggistica privata (whatsapp, messenger, telegram) che restituisce una sensazione di dialogo diretto con l’elettore, anche se spesso è solo una sensazione visto che si utilizzano invii massivi di messaggi privati.
Nel 2016 il web era già molto presente ma i social ancora non erano così invadenti come oggi. I manifesti elettorali avevano ancora un ruolo importante, ma per evocare l’apice dell’invasione dei manifesti occorre tornare indietro alle elezioni del 2013 (politiche) e soprattutto alle comunali del 2011 (Di Giorgi) e del 2007 (Zaccheo).
Ecco qualche immagine per ricordare com’era la città durante quelle campagne elettorali.
Le tipografie confermano il crollo dei manifesti elettorali, un tempo “arma” principale dei candidati. Basti pensare agli anni 70-80 quando l’ideologia era forte e i gruppi di “attacchini” delle opposte fazioni si fronteggiavano di notte. Erano soprattutto giovani militanti, appassionati e sognatori. Ben diversi dai successivi esponenti dei clan criminali che ottenevano denaro dai candidati per attaccare i manifesti e fare in modo di non essere “coperti” dagli avversari, secondo quanto emerso dalle indagini degli ultimi anni.
I COSTI. Tornando a oggi, quali sono i costi di una campagna elettorale? Secondo le previsioni dei candidati si tratta di spese importanti, ma ben lontane dal passato.
Vincenzo Zaccheo, candidato per le 7 liste di centrodestra, prevede la spesa complessiva di 161.850 euro. Una cifra molto più bassa rispetto al record di Giovanni Di Giorgi: 250.000 euro per la campagna elettorale del 2011.
Il sindaco uscente Damiano Coletta prevede la spesa complessiva di 91.300 euro, Antonio Bottoni 73.600 (comprese le liste a sostegno), Nicoletta Zuliani 40.000, Gianluca Bono 9.000 euro per la lista Movimento 2050; Annalisa Muzio 5.915 euro più le liste Fare Latina 1.170 euro e PLE 6.400. Andrea Ambrosetti 2.100 euro; Sergio Sciaudone 1.500 euro.
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