Tiziano Ferro si racconta: “Io depresso e famoso, sempre innamorato della mia Latina”

07/11/2020 di

Il documentario su Tiziano Ferro (in onda da oggi su Prime Video) contiene tanti riferimenti alla sua Latina, a partire dalla famosa panchina al parco Falcone Borsellino dove scrisse Xdono. Da lì iniziò una carriera folgorante.  «Avevo vent’anni – racconta Tiziano ferro – stavo passeggiando nel parco quando mi venne in mente una frase: quel che è fatto è fatto io però chiedo scusa, Perdono. Andavo molto di fretta e scrissi perdono con la X».

Quella panchina è ancora al suo posto, piena di scritte lasciate dai fans arrivati, negli anni, da tutta Italia come in una sorta di pellegrinaggio.

Il legame con Latina è forte, Tiziano Ferro torna nella sua città appena possibile e, a inizio carriera, riuscì anche a inserire una data allo stadio Francioni. Fu un successo senza precedenti.

Ma la sua è una storia fatta anche di momenti difficili, di dipendenze, delusioni e difficoltà. «Ho vissuto una vita distrutta dai commenti, uno nasce con un dna da impopolare e se lo tiene. Adesso ho 40 anni e ho la capacità di filtrare queste informazioni e fregarmene. Ma prima non era così. La musica mi ha salvato la vita».

Dopo il successo iniziale, l’icona dell’idolo delle ragazzine, Tiziano Ferro ha cambiato immagine e si è rivelato molto più profondo e travagliato di quanto sembrasse.  A 30 anni, nel 2010, raccontò di essere omosessuale: «L’ho fatto per me, perché vivevo una vita in completa negazione in una società che non accettava chi ero, e io non accettavo me stesso. In Italia non lo aveva mai fatto nessuno».

 «Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Pure questo, famoso, mi sembrava un difetto, forse il peggiore».

«Una sera – racconta – la band mi convinse a bere. E da lì non mi sono fermato più. La verità mi ha reso libero; l’onestà e la sincerità mi hanno avvicinato ancor di più alle persone». Dopo il percorso di liberazione dalla dipendenza ora Tiziano Ferro ha trovato il suo nuovo equilibrio e l’amore grazie a suo marito Victor Allen.

La musica, da sempre, rappresenta la sua salvezza: «Non sono mai stato il primo della classe, ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato. Aspettavo che qualcuno intervenisse per difendermi, ma non succedeva mai. Vivevo perennemente frustrato, e incazzato e anche umiliato. Poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato. La musica è diventata il canale per esprimermi in un mondo nel quale non mi riconoscevo».