Il padre di Desirée in lacrime al processo: «Ho cercato di salvarla ma non ho potuto fare niente»

«Ho cercato di salvarla ma non ho potuto fare niente». È quanto ha detto, spesso interrotto dalle lacrime, Gianluca Zuncheddu, il padre di Desirée Mariottini, la minorenne di Cisterna di Latina trovata morta in uno stabile abbandonato nel quartiere San Lorenzo a Roma nell’ottobre del 2018.
L’uomo è stato ascoltato come testimone nel processo, che si svolge a porte chiuse, e che vede imputati quattro cittadini africani per le accuse di omicidio volontario, violenza sessuale e cessione di droga a minorenni.
Nel corso della sua audizione, nell’aula bunker di Rebibbia, il padre di Desiree ha raccontato del suo rapporto con la figlia nel periodo precedente al tragico epilogo. L’uomo ha detto di avere notato un cambiamento nel comportamento della figlia e di averla trovata una volta in possesso di una carta stagnola bruciata ma di non essere potuto intervenire anche per il divieto di avvicinamento verso la sua ex compagna e madre della minore. Nel corso dell’udienza è stato ascoltato anche il nonno della giovane che per ultimo l’ha vista in vita.
L’uomo ha riferito ai giudici di avere accompagnato Desirée da un’amica ma che la giovane ha poi contattato la famiglia per dire che si fermava da un’amica e che non sarebbe rientrata a casa. Infine sentito il medico legale che ha confermato come le ferite riscontrate sul corpo di Desirée siano compatibili con uno stupro.