Parla la mamma di Desirée: Era solo una bambina, voglio giustizia e rispetto

22/10/2019 di

«Chiedo giustizia e rispetto per Desirée, che era solo una bambina. Per il mio dolore e per quello della mia famiglia». Così Barbara Mariottini, madre della sedicenne di Cisterna di Latina trovata morta tra il 18 e 19 ottobre del 2018 in un immobile abbandonato nel quartiere San Lorenzo a Roma, intervistata dal Tg1.

«Io e la mia famiglia – racconta Barbara Mariottini – eravamo preoccupati, ci occupavamo tutti i giorni di lei, l’abbiamo portata da uno psicologo. A fine luglio abbiamo capito che si drogava. Desirée aveva paura quando si parlava di comunità».

L’ultimo ricordo? «Desiree – prosegue – si era svegliata, era a casa con me e si truccava. Gli occhi, il sorriso, di ricordi belli ne ho tanti. In barca, al concerto di Vasco, al cinema, quando andavamo in giro per Latina», prosegue. La aiutano questi ricordi? «Sì – risponde – ma so che non posso averne altri».

VERSO IL PROCESSO. Un omicidio efferato, uno stupro di gruppo consumato nello squallore di un palazzo abbandonato nel cuore di Roma. Vittima una ragazzina di appena 16 anni che prima della violenza era stata drogata dai suoi aguzzini. Ci sarà un processo per la morte di Desiree Mariottini, la minorenne di Cisterna di Latina trovata senza vita la notte tra il 18 e il 19 ottobre del 2018 in un immobile adibito a piazza di spaccio in via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo. Lo ha deciso il gup Clementina Forleo dopo oltre tre ore di camera di consiglio disponendo il rinvio a giudizio per quattro persone. La madre, Barbara Mariottini, chiede «giustizia e rispetto»: «era solo una bambina».

Il processo, con rito ordinario, inizierà il prossimo 4 dicembre nell’aula bunker di Rebibbia per i nigeriani Alinno Chima, Mamadou Gara, detto Paco, il ghanese Yusef Salia e il senegalese Brian Minthe. Nei loro confronti il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Stefano Pizza contestano i reati di omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e cessione e somministrazione di droghe a minori. Si tratta dell’accusa primaria che era stata alla base della richiesta di misura cautelare nonostante poi il tribunale del Riesame aveva fatto cadere l’accusa di omicidio volontario per Chima e Minthe.

Dopo i test del Dna però la Procura ha chiesto ed ottenuto per Chima una nuova ordinanza di custodia cautelare, il 15 aprile scorso, per l’accusa di omicidio. Nel processo si sono già costituite come parti civili il Campidoglio, la Regione Lazio e due associazioni: ‘Insieme con Mariannà e ‘Dont’t worry- Noi possiamo Onlus’ Indagini complesse quelle svolte dagli inquirenti che si sono basate anche sul racconto di alcuni testimoni grazie ai quali magistrati e squadra mobile sono riusciti a mettere in fila i tasselli per arrivare ad un quadro probatorio sufficiente ad affrontare un processo.

Di fatto Desirée è rimasta in balia dei quattro arrestati per alcune, interminabili ore. Una lenta agonia prima della morte, in cui la giovanissima vittima era stordita da un mix letale di droga mentre il branco avrebbe abusato più volte di lei. Nell’ambito dell’udienza preliminare è stato svolto anche un incidente probatorio durante il quale sono stati ascoltati una serie di testimoni che erano presenti nello stabile in quelle drammatiche ore.

«Gli imputati ci hanno impedito di allertare i soccorsi per aiutare la ragazza», hanno ribadito fornendo elementi che verranno utilizzati come prova dell’accusa nel corso del processo. «Io e la mia famiglia – racconta la madre che ha seguito in prima persona le udienze preliminari – eravamo preoccupati, ci occupavamo tutti i giorni di lei, l’abbiamo portata da uno psicologo. A fine luglio abbiamo capito che si drogava. Desirée aveva paura quando si parlava di comunità».

L’ultimo ricordo? «Si era svegliata, era a casa con me e si truccava. Gli occhi, il sorriso, di ricordi belli ne ho tanti. In barca, al concerto di Vasco, al cinema, quando andavamo in giro per Latina. Ma so che non posso averne altri». «Il nostro dolore non si potrà mai calmare. Nessuna sentenza ci restituirà mai la nostra Desirée», ha commentato la nonna.

Nella vicenda sono, infine, coinvolte altre tre persone nei confronti dei quali non è contestato il reato di omicidio. Il pusher Marco Mancini, accusato della cessione di sostanza stupefacente alla minorenne ha chiesto di patteggiare la pena così come Alexander Asumado, a cui è contestata la cessione di sostanze ad altre persone, sempre all’interno dello stabile abbandonato. Infine per il settimo indagato, Antonella Fauntleroy, accusata di avere ceduto droga a Desiree, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio.