Omicidio Desirée Mariottini, processo al via. I testimoni: Ci impedirono di chiamare i soccorsi
Ammessi come parti civili nel processo per la morte di Desirée Mariottini, la minorenne di Cisterna trovata senza vita il 19 ottobre scorso in uno stabile abbandonato a Roma, il Comune, la Regione Lazio e due associazioni: Insieme con Marianna e Don’t worry – Noi possiamo Onlus.
Lo ha deciso il gup Clementina Forleo nell’ambito della prima udienza preliminare del procedimento che vede imputati Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe. Nei loro confronti le accuse di omicidio, violenza sessuale e spaccio di stupefacenti.
All’esterno del tribunale si è svolto un sit in a cui hanno partecipato parenti e amici della giovane di Cisterna di Latina. Sono stati esposti alcuni striscioni con le scritte «Desy vita nostra, ti amiamo» e «Desiree Mariottini figlia d’Italia, vogliamo la certezza della pena – Io sono Desirée».
“NON CI FECERO CHIAMARE I SOCCORSI”. «Gli imputati ci hanno impedito di allertare i soccorsi per aiutare Desirée». È quanto ha sostanzialmente ribadito davanti al gup un testimone, sentito nell’ambito di un incidente probatorio, nel procedimento per la morte della 16enne di Cisterna di Latina trovata senza vita il 19 ottobre scorso in un palazzo abbandonato a Roma, nel quartiere San Lorenzo. L’atto istruttorio irripetibile è stato sollecitato dalla Procura per cristallizzare le testimonianze di alcune persone presenti in quelle ore nello stabile in via dei Lucani.
Secondo l’accusa gli imputati avrebbero abusato della ragazza dopo averle fatto assumere un mix di droghe che ne hanno provocato la morte. Nel corso dell’udienza il difensore di Yussef Salia, accusato con altri tre anche di omicidio volontario, ha depositato una denuncia contro i genitori di Desiree ipotizzando il reato di abbandono di minore e omessa vigilanza.
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