Era mio padre, Claudia Saba racconta gli abusi in un libro

09/03/2017 di

Con l’esordio letterario di Claudia Saba si apre la programmazione di eventi curata e proposta dall’Assessorato alla Cultura per rilanciare il Palacultura e il museo Cambellotti come spazi collettivi in cui condividere la bellezza dell’arte in tutte le sue forme espressive. Dunque si parte venerdì 10 marzo dal Palazzo di Via Umberto I con la scrittrice pontina che alle 18.00 presenterà al pubblico la sua prima prova narrativa, “Era mio padre”, pubblicata da Laura Capone Editore.

Saba debutta come scrittrice scegliendo, coraggiosamente, l’autobiografia: l’autrice racconta ai lettori la sua storia, che è quella di tante altre donne vittime di violenza. Claudia ha deciso di ripercorrere gli abusi subiti da bambina con la speranza di essere di aiuto a chi ha vissuto un’esperienza di dolore simile alla sua e, soprattutto, per testimoniare in prima persona che da una situazione di violenza domestica si può uscire, riscoprendosi anche più forti.

«Un racconto godibile, ma anche un libro di denuncia sociale – anticipa il giornalista Fabrizio Giona che giovedì modererà l’incontro – con l’opera prima della scrittrice Claudia Saba si affronta quello che possiamo definire il “cancro” della società odierna, la violenza sulle donne. Un fenomeno di certo non nuovo, ma che oggi assume sempre più i connotati di una vera piaga sociale, che va debellata attraverso l’informazione e l’educazione alla non violenza. In soccorso, nella fattispecie, arriva un racconto, breve nel numero di pagine ma intenso nei messaggi che trasmette, che tratta situazioni autobiografiche arricchendole di espedienti narrativi che non vanno a snaturare la natura dello scritto, bensì ad alleggerire e meglio contestualizzare una vicenda umana che non può non coinvolgere e porre domande. Claudia, con la sua storia, offre la voce a tutte quelle donne silenti costrette a vivere nell’angoscia e nella sopraffazione. E lo fa guardando all’oggi, al suo presente permeato da rinascita e senso di liberazione; un presente che merita di essere condiviso e che vuole “spronare” tutte quelle donne che si trovano in situazioni di violenza domestica alla “reazione”. Un presente che molto ha da dire alle giovani generazioni e che parla direttamente anche all’uomo, affinché sia esso stesso promotore di un cambiamento nelle intenzioni e negli atteggiamenti. L’amore non chiama violenza». L’ingresso è libero.