Sihem Zrelli, tunisina che vive ad Aprilia, si racconta nel documentario Strane Straniere

03/03/2017 di

Vengono dalla Bulgaria (Radi), dalla Cina (Sonia), dalla Tunisia (Sihem), dalla Serbia (Ljuba) e dalla Croazia (Ana) e con le loro storie di Strane Straniere fanno conoscere una realtà davvero poco inesplorata in tempi in cui le migrazioni si raccontano come “problema” o emergenza da affrontare.

Loro sono cinque donne «normalissime» – fa un po’ ridere, ma anche questa, per lo spettatore condizionato dai luoghi comuni, può essere una scoperta – che sono arrivate in Italia per lavorare e con grande tenacia e coraggio ce l’hanno fatta e oggi in campi diversi rappresentano esempi femminili di imprenditrici di successo. Sono le protagoniste del documentario di Elisa Amoruso da un soggetto di Maria Antonietta Mariani, autrice di un progetto antropologico con lo stesso titolo realizzato qualche anno fa a Roma con fotografie e performance artistiche. Strane Straniere, prodotto da Matrioska e Rai Cinema in associazione con Tangram Film, uscirà in sala dall’8 marzo con la distribuzione dell’Istituto Luce Cinecittà.

«Storie così ce ne sono tante, ma non sono note, siamo abituati a guardare ai migranti e alle donne migranti nel loro lato faticoso di adattamento, di sofferenza, ma mai a conoscere quello che accade dopo, dopo l’emergenza, dopo che sono rimaste. Questo documentario ne fa conoscere alcune, in una dimensione assolutamente realistica, senza finzioni, quasi spiasse – racconta la Amoruso all’ANSA – nelle loro vite quotidiane per scoprire poi che non sono affatto diverse dalle nostre».

Sihem Zrelli, musulmana tunisina, che gestisce una casa di riposo per anziani ad Aprilia e fa la volontaria per un’associazione che aiuta i poveri, è una donna determinata: «Sono felice di quello che si vede, ho lottato contro i pregiudizi e le difficoltà tra la mia stessa gente, ma il messaggio che arriva è forte, niente ci è impossibile».

La stessa forza di Fenxia Sonia Zhou, proprietaria all’Esquilino di uno dei ristoranti cinesi più noti della Capitale e lei stessa un personaggio noto. Radoslava Petrova è arrivata dalla Bulgaria con la passione del mare: a Carrara insieme ad altre donne italiane e straniere ha fondato Bioemare, unica cooperativa di pesca al femminile in Italia.

Ana Laznibat e Ljuba Jovicevic si sono da subito riconosciute come sorelle: una croata e l’altra serba, “bloccate” a Roma durante la guerra nella ex Jugoslavia, da anni nel rione Monti, hanno aperto la galleria d’arte Atelier, importante crocevia di artisti internazionali e luogo d’incontro e scambio tra culture diverse. Ma poi c’è Gloria, nigeriana, che ha una tipografia a Tor Bella Monaca, Aida Ben Jannet tunisina, titolare dell’Autoricambi Aida SAS, alle porte di Roma (Maria Antonietta Mariani sta preparando un film solo su di lei), Elsa Javier Piacentini , chef peruviana e tante altre. Loro sono esempi di successo ma il loro dopo si chiama figli, «come la mettiamo con la cittadinanza? È ora di affrontare seriamente il problema», dicono Ana e Ljuba.